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Terapia del dolore #2: tolgono il dolore, ma fanno paura

medications-257371_640SALUTE – Farmaci tosti, confusione, paure: sono gli elementi che allontanano chi soffre di dolore cronico da una soluzione al loro problema. In Italia più volte si legge che manca una rete di riferimento, una figura professionale a cui rivolgersi e il paziente resta solo, magari incompreso. Ne abbiamo parlato precedentemente su OggiScienza con Franca Benini, per dare voce al suo progetto e tracciare una sintesi del panorama attuale.

Ora cerchiamo di capire con Domenico Delfino, docente di farmacologia all’Università di Perugia, quali sono i farmaci di elezione per migliorare la qualità di vita di chi soffre di dolore  cronico.

Quali sono le difficoltà terapeutiche del dolore cronico?

Per prima cosa il dolore acuto e quello cronico sono differenti sia nella patogenesi sia di conseguenza nelle terapie efficaci. I farmaci contro il dolore acuto trovano difficilmente possibilità di applicazione per la cura del dolore cronico. Questo perché il dolore acuto è causato da una infiammazione, della quale se ne conosce il meccanismo.  Le dinamiche del dolore cronico, quello neuropatico ad esempio, sono invece per lo più sconosciute e quindi anche la terapia funziona per tentativi e prove.

Quali sono le differenze terapeutiche tra dolore acuto e cronico?

Per il dolore acuto si utilizza una classe di composti chiamati FANS, che agiscono sull’infiammazione, oltre a oppiacei e oppioidi mentre per il dolore cronico si preferiscono farmaci come gli anticonvulsivi (pregablin, gabapentina) e gli antidepressivi come la duloxetina.  Queste sostanze (soprattutto gli oppiacei) hanno il problema della dipendenza, che spaventa molti pazienti e che deve essere gestito con il proprio medico attraverso aggiustamenti nel dosaggio. Per il dolore cronico purtroppo non esiste una terapia d’elezione univoca o certa: si va per prove e a ogni combinazione si verifica se funziona o meno.

Qual è la differenza tra oppiacei e oppioidi?

Gli oppiacei sono farmaci di origine naturale e appartengono a questa classe di composti morfina, codeina, tebaina. Si estraggono dall’oppio e ancora non sappiamo come sintetizzarle in laboratorio. Gli oppiodi sono derivati semi o totalmente sintetici e condividono con il precursore solo la capacità di legarsi allo stesso recettore. L’eroina per esempio è un derivato semi sintetico della morfina. Alcuni di questi composti vengono usati per contrastare l’overdose, come il naloxone, o nel dolore post operatorio come nel caso del fentanyl.

Quali sono i meccanismi di azione di questi farmaci?

Gli antidepressivi bloccano il re-uptake della serotonina e della noradrenalina, due neurotrasmettitori coinvolti nella via del dolore. In pratica viene inibito il loro recupero dallo spazio tra le due sinapsi verso il neurone che le ha rilasciate. In questo modo la loro azione si prolunga più del tempo fisiologico standard. Gli oppiacei agiscono invece legandosi ai recettori MOR, DOR e KOR, che bloccano la trasmissione dell’impulso nervoso.

Al dolore cronico si associa spesso l’uso della cannabis …

Sì, i cannabinoidi hanno una spiccata azione antidolorifica. Noi stessi produciamo sostanze chiamate cannabinoidi endogeni che vanno a legarsi ai recettori CB1 e CB2. Il primo è responsabile del controllo del dolore attraverso il legame con l’endocannabinoide anandamide a livello delle stazioni dolorifiche del midollo spinale. Le ultime sperimentazioni per ottenere antidolorifici si rivolgono proprio al nostro sistema interno: invece che introdurre cannabinoidi di sintesi si sta studiando un gruppo di farmaci che blocchino la degradazione degli endocannabinoidi in modo da amplificare l’azione endogena, ossia interna.

Quali sono gli effetti collaterali?

Gli effetti collaterali coprono un ampio spettro di casi. Gli oppiodi possono portare a depressione respiratoria, che altro non è che il tipo di morte in caso di overdose di eroina, disfunzioni sessuali, ipotensione, immunosoppressione. Ed è per questo motivo che non si adattano a tutte le situazioni e a tutti i pazienti. Ad esempio i pazienti malati di Aids non dovrebbero utilizzare gli oppiodi per la cura del dolore cronico, proprio per l’immunosoppressione. Come un abito su misura, la terapia va costruita sulla persona, in relazione al meccanismo d’azione del farmaco stesso.

Crediti immagine: pubblico dominio, Pixabay

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