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Malaria, va a una ricerca italiana il premio BioMed

Anopheles_gambiae_mosquito_feeding_1354.p_loresLA VOCE DEL MASTER – Oggi, 25 aprile, è anzitutto la Festa della Liberazione. Ma è anche il World Malaria Day, la Giornata internazionale della lotta alla malaria. E proprio per uno studio sulla malaria un gruppo di lavoro dell’Università degli Studi di Camerino ha appena ottenuto il BioMed Central Research Awardun riconoscimento internazionale per la ricerca di eccellenza. Il premio viene assegnato ogni anno da BioMed Central, uno tra i maggiori editori scientifici mondiali, con un portfolio di circa 250 riviste di biologia e medicina di tipo “open access”.

L’articolo scientifico premiato, con riferimento alla categoria “Microbiologia, Immunologia, infezione e infiammazione”, s’intitola “Interactions between Asaia, Plasmodium and Anopheles: new insights into mosquito symbiosis and implications in Malaria Symbiotic Control” ed è frutto del lavoro di ricerca condotto a Camerino da Guido Favia e da Irene Ricci, della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria, in collaborazione con Claudio Bandi e Daniele Daffonchio dell’Università degli Studi di Milano, Luciano Sacchi dell’Università di Pavia e Mauro Mandrioli dell’Università di Modena-Reggio Emilia.

“Questo riconoscimento è una grande soddisfazione per me e soprattutto per tutti i giovani ricercatori, purtroppo precari, che con grande dedizione, e non poche difficoltà, ci lavorano – afferma Favia – e testimonia il buon livello della qualità del nostro lavoro. In particolare di Aida Capone, che è la prima firma dell’articolo”. Un lavoro, quello di Capone e colleghi, rivolto alle malattie trasmesse dalle zanzare, tra le quali la malaria è certamente quella più devastante: basti pensare che l’African Medical and Research Foundation (AMREF) ha stimato nel 2012 circa 627 mila morti in un anno, per lo più bambini sotto i 5 anni, nell’Africa sub-sahariana.

“Sono ricerche che portiamo avanti con serio impegno ormai da circa sette anni – prosegue Favia – e che riguardano il controllo simbiotico di una delle più gravi malattie infettive del pianeta, quale è appunto la malaria. Nel dettaglio, il nostro lavoro riguarda le relazioni tra batteri acetici e parassiti malarici nella zanzara del genere anofele, e fa uso di questi batteri come agenti di controllo della malaria. In Italia questa malattia è stata eradicata da decenni ma, pur senza spaventare e senza fare terrorismo scientifico, va detto che resta necessario comunque monitorare con attenzione i flussi di zanzare e parassiti.” Non mancano infatti segnalazioni al riguardo di italiani che contraggono la malaria per lavoro o turismo. O ancora dei cosiddetti “migranti di ritorno”, cioè persone originarie di terre malariche, residenti da tempo in Italia, che hanno perso un’immunità acquisita in precedenza e rischiano di contrarre la malattia quando tornano in visita al loro paese d’origine.

Quale sarà la direzione dei prossimi sviluppi di ricerca? “Lo studio dei batteri proseguirà nelle cosiddette greenhouse a Perugia – spiega Favia –, in modo da avere una visione quasi reale di quello che potrebbe succedere sul campo, grazie anche allo sviluppo di una modellistica matematica previsionale.” Si tratta di strutture chiuse, dove non c’è possibilità che le zanzare fuoriescano, cioè ambienti estremamente controllati che riproducono fedelmente le condizioni abituali delle zanzare in ambiente tropicale o subtropicale. Inoltre, le uniche in Italia.

A ciò si accompagnano infine studi e pubblicazioni di natura sociobiologica. “Ci sono aspetti di natura legislativa e non solo – osserva Favia – che vanno tenuti nella giusta considerazione.  Entrano in ballo infatti nel nostro lavoro anche questioni di natura etica: l’idea di contrastare le zanzare attraverso i microbi che manipoliamo implica il fatto che dobbiamo usare organismi geneticamente modificati e muoverci in accordo con gli enti governativi nazionali e transnazionali”.

“Il nostro metodo – conclude Favia – probabilmente non sarà l’unico che risolverà il problema, ma sicuramente sta dimostrando che potrà contribuire al controllo se non addirittura, in un secondo momento, all’eradicazione della malaria”. E c’è già un’idea dei tempi richiesti? “È ragionevole pensare che, se tutto va bene, se non commetteremo errori clamorosi, nel prossimo quinquennio probabilmente avremo qualche risultato significativo”.

Ascolta l’intervista a Guido Favia:

Ascolta l’intervista ad Aida Capone:

Crediti immagine: Anopheles gambiae (Wikimedia Commons, CDC/James Gathany)

 

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