SALUTE

Menopausa e terapia ormonale: facciamo il punto

800px-Baby_Mother_Grandmother_and_Great_GrandmotherSALUTE – Se c’è una tipologia di medicinali che ha subito una forte flessione negli ultimi anni sono i farmaci a base ormonale per il trattamento dei sintomi della menopausa. Perché se è vero che con il passare dei decenni l’universo medico ha accresciuto notevolmente le conoscenze intorno agli effetti della menopausa sulla salute della donna, il consumo di questi farmaci – come mostrano dati Osmed – dal 2000 a oggi è fortemente diminuito.

“Una ragione di questo declino – spiega Raffaella Chionna, responsabile del Centro per la menopausa dell’ospedale S. Raffaele di Milano uno dei centri specializzati dedicati alla menopausa in Italia – è dovuta allo studio Women’s Health Initiative (WHI) del 2004, che ha coinvolto 27.347 donne, analizzando separatamente l’efficacia preventiva di un trattamento con estro-progestinici nelle donne con utero o con soli estrogeni nelle donne isterectomizzate, confrontandola un trattamento placebo.” Questo studio sembra aver alimentato per anni l’enfasi sui possibili effetti collaterali dovuti all’assunzione di questo tipo di trattamento ormonale, concludendo che la terapia con soli estrogeni coniugati (HRT) non dovrebbe essere raccomandata per la prevenzione di malattie croniche in donne in postmenopausa. Purtroppo però – spiega la Chionna – lo stigma nei confronti di questa terapia non prevedeva la divulgazione tra i pazienti dei limiti strutturali dello studio, primo fra tutti il fatto che i campioni di persone analizzati fossero molto forzati, comprendendo anche donne oltre i 70 anni di età, e quindi in menopausa da almeno 20 anni. Queste donne infatti erano probabilmente già affette da patologie cardiovascolari e questo fa sì che l’accusa mossa in questo studio di non proteggere le donne trattate da rischi cardiovascolari, risulti poco fondata.

Il primo messaggio che deve passare dunque – prosegue la dottoressa – è che la HRT è una valida terapia, ma ad utilizzarla devono essere le donne nell’immediata post menopausa, cioè intorno ai 50 anni, non va invece proposta a donne più anziane. Sono le cinquantenni che devono richiedere la terapia, è questa la finestra sulla quale dobbiamo intervenire. Infine, e questo è il secondo messaggio, anche se la questa terapia a base ormonale rappresenta un ottimo trattamento, esistono comunque delle alternative agli ormoni, anch’esse valide.”

Solo le donne che lamentano una sintomatologia

“Bisogna partire dal presupposto che la menopausa non è una malattia: semplicemente alcune donne non hanno sintomi, altre invece sì” spiega la dottoressa. “Solo su queste ultime il medico può intervenire, per curare i sintomi ma anche per fare prevenzione, ad esempio su osteoporosi e malatti cardiache.”

Ma come avviene, o deve avvenire, oggi il trattamento di donne che lamentano una sintomatologia legati alla menopausa? “Il punto centrale del discorso è appunto l’obbligo di trattare solo le donne che lamentano i sintomi e che richiedono specificamente un aiuto per superare episodi di malessere come vampate, calo della libido, sbalzi d’umore.” Numerosi studi infatti sembano confermare una forte soggettività quanto a reazioni agli scompensi provocati dalla menopausa. In alcune donne, quelle non particolarmente sintomatiche, sembra infatti che l’organismo sia più efficiente e riesca a supplire in altro modo ai meccanismi ormonali che provocano il malessere, rendendo queste donne anche meno soggette per esempio all’osteoporosi. “Oggi la terapia per le donne in menopausa deve venir personalizzata, prima di tutto a seconda del tipo di menopausa della donna.” Ci sono tre tipologie di menopausa: una precoce, se la donna in questione ha meno di 45 anni, e in questo caso il medico di solito la sottopone a un trattamento ormonale per far ritornare il ciclo mestruale; una menopausa “fisiologica” dai 45 anni ai 55, e infine si parla di menopausa tardiva, se la donna ha più di 55 anni. “Poi ci sono i casi specifici, come ad esempio donne che hanno sofferto di endometriosi, per cui sono previsti trattamenti specifici” sottolinea la Chionna.

Le controindicazioni ci sono ma non vanno enfatizzate

“È importante che i fattori di rischio di queste terapie ormonali siano chiari, ma non vanno enfatizzati. Primo, il celebrato pericolo di un incremento del tumore alla mammella che, sebbene non si possa negarne l’esistenza, è comunque assai limitato, con solo 8 casi in più accertati su oltre 10mila donne trattate con ormoni rispetto a quelle non trattate. Il secondo fattore di rischio più e più volte riportato è la possibilità che insorgano malattie tromboemboliche, ma anche in questo caso i numeri sono molto bassi.

“In realtà – prosegue la dottoressa – un’altra opzione terapeutica ai farmaci a base di estrogeni c’è e si chiama Tibolone, un farmaco chimico, quindi non a base di ormoni, utilizzato come terapia nella sintomatologia climaterica. È un farmaco più maneggevole e gli studi più recenti sembrerebbero non indicare un rischio di incremento di tumore alla mammella.
In ogni caso, spiega la Chionna, anche nel caso di terapia ormonale, i dosaggi sono personalizzati a seconda della situazione di disagio lamentata da ogni singola donna, a partire da quantità molto basse.

Infine ci sono i fitoestrogeni, molecole vegetali simili agli ormoni naturali che vengono venduti in farmacia come prodotti da banco, che dunque non necessitano di ricetta, per alleviare i fastidi, come le temute vampate. “Non esistono molti studi sull’efficacia della fitoterapia, ma essa sembra essere un’alternativa valida in donne che presentano controindicazioni ai farmaci a base ormonale. Gli studi infatti non presentano risultati univoci, ma molte donne che purtroppo non possono beneficiare di terapie ormonali riescono in questo modo ad alleviare il sintomi fastidiosi legati alla menopausa.”

Crediti immagine: Azoreg, Wikimedia Commons

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.