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Energia solare: anche le finestre diventano fotovoltaiche

5156736020_caafd4220d_zSPECIALE APRILE – Chi l’ha detto che l’energia solare si debba raccogliere solo dal tetto? Certamente questa è una delle domande che si saranno posti i ricercatori dell’Università di Milano Bicocca che, primi in Italia, hanno pensato di catturare la luce solare direttamente dalle finestre delle nostre case. In un contesto urbanizzato come quello odierno, sempre di più viviamo e lavoriamo all’interno di possenti edifici in città, spesso molto alti e con poca superficie su cui posizionare pannelli fotovoltaici; in un momento storico dove le risorse rinnovabili non devono rappresentare un’opzione bensì un’occasione, l’alternativa sembra essere una: coniugare questi due aspetti per far sì che gli edifici del futuro risultino più autosufficienti possibile dal punto di vista energetico. Ne abbiamo parlato con Sergio Brovelli e Francesco Meinardi, del Dipartimento di Scienze del Materiali dell’Ateneo Milanese e coordinatori del progetto.

Come funziona, in breve, questa tecnologia?

Il nostro prototipo, a cui abbiamo lavorato insieme a un team americano dei laboratori di Los Alamos, si basa sull’idea di costruire una tipologia di finestre che funzionino come pannelli fotovoltaici, raccogliendo la luce del Sole e trasformandola in energia elettrica. Dal punto di vista tecnico nel nostro studio abbiamo realizzato pannelli semitrasparenti di plexiglass, anche se è possibile, volendo, utilizzare il vetro, come nelle finestre tradizionali. La novità è rappresentata da speciali nanoparticelle, grandi circa un milionesimo di millimetro, per capirsi mille volte più piccole di un globulo rosso, costruite con materiali superconduttori, con cui si “arricchisce” il plexiglass. In breve, queste nanoparticelle assorbono parte della luce solare e la riemettono all’interno della lastra. La luce viene quindi convogliata verso i bordi, dove delle piccole celle fotovoltaiche, poste lungo il perimetro, la trasformano in energia elettrica. Ulteriori dettagli di come avviene questo meccanismo sono spiegati nell’articolo apparso su Nature Photonics.

Quanto conviene invece questo tipo di tecnologia in termini di energia prodotta?

Molto. Prendiamo per esempio un grattacielo come quelli che si vedono a Milano. Coprendolo interamente di finestre fotovoltaiche si otterrebbero, in una situazione di piena illuminazione solare, centinaia di kW, l’equivalente grosso modo del fabbisogno energetico di un’ottantina di appartamenti. Non si tratta però di sostituire i pannelli solari tradizionali, il punto non è questo; i pannelli solari vanno benissimo e continueranno a essere funzionali per esempio nel caso di abitazioni singole, magari in campagna, dove la superficie del tetto è sufficiente per l’istallazione di un numero adeguato di pannelli. A essere maggiormente interessati dal nostro progetto dovrebbero essere invece gli edifici del centro urbano, che si sviluppano maggiormente in altezza, oppure le aziende, i grandi stabilimenti che vogliono rendersi autonomi energeticamente. E in questo caso l’unica alternativa possibile è appunto utilizzare le facciate.

A che punto siete del progetto? Quali sono i tempi previsti per un’eventuale messa in commercio?

Lavoriamo al progetto da un paio di anni e siamo in fase prototipale. Per un’eventuale messa in commercio però non pensiamo a temi biblici, qualche anno al massimo. Le tecnologie in nostro possesso renderebbero senza dubbio possibile a breve la messa sul mercato di questo tipo di prodotto a costi non dissimili all’istallazione di finestre tradizionali, ma determinante in questo senso saranno gli investimenti che verranno dall’industria. I costi in realtà sono relativamente contenuti, e questo è dovuto al fatto che, come nel caso dei pannelli solari presenti sui nostri tetti, il grosso del costo riguarda il montaggio dell’impianto: su circa 10mila euro del costo totale, più o meno 3mila infatti sono dovuti ai materiali, e quindi anche nel nostro caso non sarà la struttura a determinare la fetta più significativa del costo, anche perché i materiali che utilizziamo sono di uso comune, come lo stesso plexiglass.

Parlando di investimenti, con quali fondi avete lavorato per realizzare il prototipo?

Il nostro gruppo, quello italiano, che ha elaborato il progetto a partire dall’idea e ha realizzato materialmente il dispositivo, è stato finanziato dalla Fondazione Cariplo, e tramite un progetto di ricerca Europeo individuale di Sergio Brovelli. Il team americano invece, che si è occupato della sintesi delle nanoparticelle e che è stato guidato da Victor I. Klimov del Los Alamos National Laboratory (http://quantumdot.lanl.gov), ha potuto lavorare grazie a un finanziamento direttamente da parte del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (United States Department of Energy – DOE).

Crediti immagine: .reid., Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.