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Il sangue giovane contrasta l’invecchiamento

Ics-codablock-blood-bag_sampleSALUTE – Uno o più elementi del sangue dei topi giovani hanno la capacità di migliorare le capacità cerebrali di quelli anziani. È quanto scoperto da un recente studio della Stanford University School of Medicine, pubblicato su Nature Medicine. Non possiamo ancora dire se lo studio si rivelerà altrettanto valido per la nostra specie, ma se così fosse potremmo trovarci di fronte a un approccio del tutto nuovo per il trattamento di patologie come l’Alzheimer.

Come spiega uno degli autori dello studio, Tony Wyss-Coray, si è trattato di un esperimento tutt’altro che sofisticato: i ricercatori hanno valutato le performance cognitive dei topi anziani -in test legati alla memoria spaziale- dopo che avevano ricevuto il plasma di individui più giovani. Una volta confermati i risultati, Wiss-Coray ha fondato insieme ad altri scienziati Alkahest, ente di ricerca nell’ambito delle biotecnologie il cui obiettivo futuro sarà esplorare le implicazioni terapeutiche della nuova scoperta. “Avremmo potuto farlo 20 anni fa”, commenta Wyss-Coray. “Non era necessario sapere alcunché sul funzionamento del cervello. Ti limiti a fare l’infusione di sangue giovane al topo anziano, e osservare se diventa più intelligente di prima. Semplicemente nessuno l’aveva ancora fatto”.

Rispetto ad altri studi effettuati in precedenza dallo stesso team, che nel 2011 aveva individuato un aumento nella produzione di cellule nervose dei topi anziani dopo l’infusione di sangue giovane, si tratta della prima ricerca in cui i due elementi vengono definitivamente associati. Stavolta i ricercatori non si sono concentrati unicamente sulle modifiche a livello dei circuiti neurali, ma anche sul cambiamento del comportamento murino, cercando di individuare miglioramenti nell’apprendimento e nella memoria.

Prima di tutto hanno esaminato coppie di topi i cui sistemi circolatori erano stati uniti tra loro per via chirurgica. Nei due animali, che prendono il nome di topi parabiotici, circola in questo modo lo stesso sangue. Il team di Wyss-Coray, nello studiarli, ha dedicato particolare attenzione al funzionamento di una nota struttura del cervello, l’ippocampo, critica per la formazione di determinate tipologie di memoria (come il riconoscimento di pattern spaziali).

“È questa la struttura che interviene quando, ad esempio, stai cercando di ritrovare la tua auto in un parcheggio, o visitare una città senza usare il GPS”, spiega Wyss-Coray. L’esperienza accumulata da un individuo, e il semplice invecchiamento, modificano nel tempo l’attività dell’ippocampo, e anche la sua anatomia. Un esempio? Un tassista con anni di esperienza avrà un ippocampo più grande rispetto a quando ha iniziato la sua attività, mentre in una persona anziana con l’Alzheimer l’ippocampo va incontro a rapido deterioramento, rendendo impossibile la formazione di nuovi ricordi.

Osservando l’ippocampo dei topi parabiotici, a livello anatomico ed elettrofisiologico, “Era come se il cervello dei topi anziani si fosse ricaricato con il sangue giovane”, commenta Wyss-Coray. In ognuno dei test, tuttavia, il miglioramento svaniva quando il sangue giovane che veniva infuso era stato sottoposto, in precedenza, a temperature elevate. Questo tipo di trattamento denatura infatti le proteine, e la scoperta ha portato gli scienziati a pensare che le responsabili del miglioramento cognitivo siano proprio alcune proteine (o una sola) trasportate tramite il sangue. “Stiamo lavorando per scoprire quali sono, e da quale tessuto hanno origine. Non sappiamo ancora se funzionerà allo stesso modo per gli esseri umani”, conclude Wyss-Coray, ma il prossimo obiettivo del team è proprio quello di scoprirlo.

Crediti immagine: ICSident, Wikimedia Commons

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".