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Ghiacciai italiani: un nuovo catasto ne mappa il declino

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AMBIENTE – 896 ghiacciai che ricoprono una superficie pari circa alle dimensioni del Lago di Garda, e una superficie persa rispetto agli anni ’50 del secolo scorso pari alla grandezza del Lago di Como.

Questo è quello che emerge dal recente catasto dei ghiacciai italiani, realizzato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Milano, attraverso una convenzione fra Università di Milano, la società Levissima e il Comitato Ev-K2-CNR, un ente privato, senza scopo di lucro, che da oltre venticinque anni propone e realizza progetti di ricerca scientifica e tecnologica in alta quota, e con la collaborazione del Comitato Glaciologico Italiano.

Un situazione quella dei ghiacciai italiani decisamente in crisi: sempre meno e sempre più piccoli. “Oggi sono solo tre i ghiacciai che superano i 10 chilometri quadrati di estensione: uno sull’Adamello, uno in Valtellina e l’altro in Valle d’Aosta, mentre la maggior parte non supera il chilometro quadrato.” spiega Claudio Smiraglia, dell’ateneo milanese.

“Il censimento non è il primo che viene fatto sulle nostre montagne.” continua Smiraglia. “Un primo catasto era stato fatto negli anni ’50 dal Comitato Glaciologico Italiano e un secondo negli anni ’70 del secolo scorso, quest’ultimo inserito nel catasto internazionale del World Glacier Monitoring Service di Zurigo. Entrambi questi censimenti si sono rivelati molto utili anche per questo nostro ultimo lavoro, perché ci hanno permesso di capire come sono cambiate in pochi decenni le dimensioni dei nostri ghiacciai”.

Il lavori sono durati un paio d’anni, durante i quali i ricercatori hanno raccolto una serie di dati territoriali, fondamentalmente utilizzando fotografie dei ghiacciai messe a disposizione dagli enti pubblici come province o regioni, fotografie che sono state poi analizzate grazie a tecnologie sofisticate in grado di tracciare e misurare distanze e perimetri, come se i rilevamenti fossero stati fatti direttamente sui ghiacciai stessi.

“In realtà il numero dei ghiacciai non è un parametro molto significativo per raccontare la situazione delle montagne italiane” spiega Smiraglia. “Il surriscaldamento globale provoca infatti la riduzione delle dimensioni di quelli che erano grandi ghiacciai frammentandoli in ghiacciai più piccoli, situazione assai evidente in tutte le regioni. Ci troviamo dunque con più ghiacciai rispetto a un tempo, ma ciò non deve essere scambiato come un segno di salute per la montagna.”

Un altro aspetto emerso dal censimento è stata la presenza sempre più numerosa dei cosiddetti “ghiacciai neri” chiamati in questo modo perché la loro superficie non è costituita – come ci si aspetta in un ghiacciaio – da ghiaccio e neve, ma è ricoperta da detriti rocciosi, derivanti dall’erosione delle pareti circostanti, che accelera nelle fasi di deglaciazione intensa.

Questa sorta di “coperte di sassi” dimostra però sorprendentemente di rivestire un ruolo di difesa dei ghiacciai stessi: questi detriti, quando superano lo spessore di 5-10 cm,  infatti ricoprono il ghiaccio sottostante, svolgendo una funzione di riduzione della fusione. Come se la natura insomma si rendesse conto di essere in crisi e innescasse dei meccanismi di autoprotezione” conclude Smiraglia.

Anche con la presenza di questi tentativi di autoprotezione però, dai modelli utilizzati dai ricercatori emerge che entro la fine del secolo potrebbero estinguersi dal 50 al 90% dei ghiacciai alpini.

Questo nuovo censimento dunque, sembra confermare ancora una volta le previsioni precedenti. A rappresentare invece un vero e proprio scarto rispetto ai catasti precedenti è la possibilità di mettere  i dati raccolti a disposizione di altri enti come regioni, province o associazioni come il CAI per divulgarli il più possibile. “Vorremmo che il ghiacciaio diventasse un simbolo – conclude Smiraglia –  per sensibilizzare ancora una volta il grande pubblico al problema delle veloci trasformazioni dell’ambiente della montagna, per poterlo avvicinare in modo diverso, con più attenzione alla sua fragilità e con più prudenza”.

Crediti immagine: Antonio78, Wikimedia Commons

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.