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Come garantire la sicurezza energetica in Europa?

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ECONOMIA – L’Europa comprende alcuni degli stati più virtuosi per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse rinnovabili e l’attenzione all’efficienza energetica, ma nonostante questo per soddisfare il suo fabbisogno deve ancora importare, sotto varie forme, enormi quantità di energia dagli altri paesi. Qualche numero: importiamo il 66% del gas naturale, l’88% di petrolio, il 42% dei combustibili solidi (diversi tipi di carbone) e il 95% dell’uranio, pari al 53% dell’energia consumata. Niente di grave in linea di principio: l’energia si può commerciare come qualsiasi altra risorsa. Il problema sorge invece quando si mettono troppe uova in un solo paniere, ovvero quando troppi stati consumatori dipendono da uno solo o pochi stati fornitori, magari non troppo stabili dal punto di vista geopolitico. In questo caso si crea un rapporto di dipendenza molto rischioso per le economie.

È accaduto ad esempio che a causa di dispute tra Russia (principale esportatore di gas in Europa) e Ucraina (sul cui territorio passano alcuni dei maggiori gasdotti) nell’inverno del 2006 e in quello del 2009 l’Europa è rimasta a corto di gas. Dopo la proteste in Ucraina degli ultimi mesi e la secessione della Crimea c’è ancora più preoccupazione per la sicurezza energetica dell’Unione Europea, che ha quindi deciso di prendere provvedimenti. A marzo il Consiglio di Europa ha incaricato la Commissione Europea di eseguire uno studio dettagliato sulla sicurezza energetica nella UE, e di elaborare un piano per ridurre la sua dipendenza energetica. Il 21 maggio la Commissione ha tenuto a Bruxelles la conferenza Paving the way for a European Energy Security Strategy per discuterne con i principali protagonisti della politica energetica e il 28 maggio ha diffuso pubblicamente il risultati del lavoro. Lo studio è di oltre 200 pagine e analizza dettagliatamente la situazione dei paesi comunitari, ma la strategia proposta è riassumibile in pochi punti fondamentali.

Per garantire la sicurezza energetica i paesi della UE devono muoversi su più fronti. Sul breve periodo occorre attuare immediatamente una serie di precauzioni in vista del prossimo inverno, in particolare immagazzinare riserve di gas, adattare le infrastrutture in modo che i paesi membri possano scambiarsi il gas (“reverse flow“) e diminuirne il consumo utilizzando altri combustibili (specialmente per esigenze di riscaldamento).

Sul medio e lungo periodo l’impegno lo sforzo deve essere tanto tecnologico quanto diplomatico. Occorre infatti continuare a incrementare la produzione interna di energia, con una particolare attenzioni alle rinnovabili che oggi soddisfano ben il 14% dei consumi, e lavorare sulla efficienza energetica visto che i nostri edifici sono responsabili del 40% dei consumi di energia in generale e bruciano 1/3 del gas.

Sul fronte più “politico” è invece imperativo diversificare i nostri fornitori esteri e rafforzare il mercato energetico interno alla UE investendo dove necessario in nuove infrastrutture, ma bisogna anche che l’Europa si muova in modo unitario quando tratta l’ingresso di energia da paesi fuori dall’Unione: la Commissione Europea dovrebbe essere informata ed eventualmente coinvolta nelle trattative quando un paese membro vuole stringere un accordo di fornitura energetica rilevante per la sicurezza energetica dell’intera UE.

Il piano sarà discusso al Consiglio d’Europa il 26 e 27 giugno.

 Crediti immagine: Commissione Europea

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac