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Il “campus universitario” di medicina della grande guerra

Marcia_nella_valle_dell'IsonzoSPECIALE GIUGNO – Negli anni di orrori della grande guerra, un’eccellenza italiana è rimasta forse nell’ombra.

Era il gennaio del 1916 e il primo anno di guerra aveva messo a dura prova la risposta sanitaria nel nostro paese. Fu allora che il Governo Italiano e il Comando Supremo dell’esercito, per far fronte alle carenze e all’emergenza sanitaria, decisero l’istituzione della Scuola medica da campo a San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine, successivamente sede distaccata dell’Università di Padova.

Viste le necessità belliche e l’impossibilità di consentire agli studenti di leva di proseguire gli studi presso le sedi delle Regie Università, che si erano svuotate, gli studenti aspiranti medici iniziarono i corsi accelerati nel febbraio del 1916.

L’ esperimento formativo fu un successo, apprezzato dai paesi alleati, che lamentavano le medesime difficoltà, e dai numerosi osservatori stranieri che visitarono le strutture.

Daniela Baldo, ricercatrice storica, racconta l’esperienza nel suo libro “Studenti al fronte”.

La location fu scelta nelle immediate retrovie della III armata, dove era più necessaria la presenza sanitaria, e venne identificata la sede a San Giorgio di Nogaro, che si trovava in posizione centrale tra le retrovie carsiche e le strade e ferrovie di comunicazione per l’evacuazione del feriti trasportabili.

Tra il 1916 e il 1917 alla Scuola medica da campo si svolsero corsi full immersion per oltre mille studenti del quinto e sesto anno, sottratti al fronte in particolare durante i mesi invernali. Se ne laurearono 534 nel primo anno mentre il secondo anno accademico fu repentinamente interrotto a causa della sconfitta di Caporetto.

Tra i docenti, molti professori in servizio nella III armata, tra cui Alessandro Lustig, studioso di malattie infettive, il neuropsichiatra Otorino Rossi, Maurizio Ascoli, noto inventore dello pneumotorace ipotensivo, i quali, in oltre 50 ore di lezioni settimanali, trattavano le materie dell’ ultimo biennio dell’usuale corso universitario in tempo di pace oltre a lezioni di Traumatologia di Guerra, Protesi degli arti e Logistica sanitaria militare.

Durante quei tragici mesi, ogni attacco sferrato sul fronte dell’Isonzo goriziano al comando di Cadorna faceva confluire più di 1800 feriti e prigionieri di guerra, spesso anch’essi feriti o malati. Nessuna università, in Italia e in Europa, poteva contare su una simile ricchezza e vastità di materiale clinico come quello dell’Università da campo di San Giorgio.

È proprio durante quegli anni di guerra che la preparazione generica del medico, contemporaneamente chirurgo, oculista, dentista e neurologo, si modificò iniziando quel fenomeno della specializzazione da allora divenuto una necessità per l’esercizio della medicina. Una preziosa testimonianza dell’Università Castrense fu il Museo Anatomico di Traumatologia di guerra curato dal chirurgo Gherardo Forni. Ce ne parla il prof. Euro Ponte, storico della medicina dell’Università di Trieste.

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