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Contraccezione, moralità e giustizia: problemi per “Obamacare”

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ATTUALITÀ – Il 30 Giugno scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deliberato su un caso molto particolare  di violazione della libertà religiosa. La decisione dei giudici, con una maggioranza di cinque su nove, ha dato ragione alle due aziende a gestione familiare – la Hobby Lobby e la Conestoga Wood Specialties – che erano ricorse alla giustizia circa un anno prima.

Ma quale il motivo della causa?

Grazie all’implementazione della Obamacare, il nome con cui e’ comunemente conosciuta la Riforma Sanitaria portata avanti con il Patient Protection and Affordable Care Act molte aziende americane sono ora obbligate a offrire ai propri impiegati un’assicurazione medica, comprensiva fra l’altro anche di svariati tipi di metodi contraccettivi riconosciuti dalla Food and Drug Administration.

Secondo i proprietari delle due ditte, che guidano sulla base della religione cristiana alla quale aderiscono, fra questi anticoncezionali ce ne sarebbero di paragonabili all’aborto  e quindi favorirne la somministrazione pagando per le proprie impiegate andrebbe contro i propri valori religiosi e morali, garantiti invece dal  Religious Freedom Restoration Act . Secondo quanto riporta il New York Times i metodi sotto accusa sarebbero solamente la cosiddetta “pillola del giorno dopo” e alcuni tipi di IUD, ovvero di spirale intrauterina.

La sentenza ha cosi’ dichiarato le due aziende esenti dal pagare i metodi contraccettivi in questione ai propri dipendenti in quanto tale atto andrebbe a limitare la loro libertà ; ribaltando la prima sentenza del Dicembre 2012, che aveva invece condannato la Hobby Lobby a pagare una multa di oltre un milione di dollari al giorno se non avessero rispettato le regole previste dalla riforma sanitaria. La maggioranza dei giudici ha proposto infine che i costi per tipi di contraccezione per i quali le aziende si rifiutano di pagare potrebbero essere coperti dal Governo.

La vicenda ha sollevato subito molta attenzione da parte sia dei cittadini, con schieramenti di entrambe le parti fuori dalla Corte, dei media ma anche della Casa Bianca che attraverso il suo rappresentante dei rapporti con la stampa Josh Earnest ha dichiarato come questa decisione “metta in pericolo la salute delle donne impiegate in tali aziende”. “Tutte le donne – ha continuato – dovrebbero poter decidere della propria salute, indipendentemente dal proprio datore di lavoro”. Per molte donne l’assicurazione medica e’ l’unico modo per potersi permettere questo tipo di trattamenti medici dato che mediamente il costo per la pillola del giorno dopo arriva fino a sessanta dollari e quello per l’impianto della spirale e per le visite di controllo tra i cinquecento e i mille dollari.

I dubbi pero’ non riguardano solo la questione legale; alla base della causa contro il Governo statunitense delle due aziende sta, come detto sopra, la convinzione che la pillola del giorno dopo e la spirale siano equivalenti ad un aborto, in quanto impedirebbero all’ovulo fertilizzato di impiantarsi nell’utero o in ogni caso di svilupparsi. Questo pero’ non e’ del tutto corretto: la pillola del giorno dopo  (come la Plan B) agisce ritardando l’ovulazione e quindi, tecnicamente, non si può’ parlare di aborto in quanto non esiste nessun ovulo fertilizzato.

Il prossimo passo sara’ portare la vicenda al Congresso che dovrà discuterla su scala più’ ampia; cosa impedisce infatti, ha sottolineato il giudice dell’ opposizione Ginsburg, alle aziende come la Hobby Lobby di avvalersi della difesa della propria libertà’ religiosa per opporsi ad altri tipi di trattamenti medici come le trasfusioni di sangue, antidepressivi e vaccini?

Crediti immagine: Fibonacci Blue, Flickr

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Chiara Forin
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