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Testare l’ipotesi del multiverso

5250782266_da793ea401_bRICERCA- L’ipotesi del multiverso, tramite gli scienziati che la sostengono, scalcia per il riconoscimento scientifico. Niente Big Bang: tutto è iniziato con il vuoto. Un vuoto che si è combinato con dell’energia (energia oscura, energia del vuoto, inflazione, meccanismo di Higgs) e un po’ come dell’acqua in una pentola ha iniziato a evaporare. Formando delle bolle, distanti tra loro o disposte in modo da formare una sorta di “schiuma”. Bolle che a loro volta contenevano altro vuoto a bassa energia, un’energia grazie alla quale riuscivano tuttavia a espandersi entrando in contatto le une con le altre. Il modello cosmologico al quale siamo abituati è certo un po’ diverso da questa alternativa, nella quale ogni bolla rappresenta un singolo universo. L’ipotesi è sostenuta tuttavia con strenuità da Matthew Johnson e il suo team di scienziati del Perimeter Associate, che la considerano ben più che solo una possibilità, in aderenza con le principali leggi della fisica e con ciò che sappiamo dell’inflazione cosmica.

Quest’ultima non è infatti accettata universalmente, e molti modelli la rifiutano. Negli istanti che hanno seguito il Big Bang prevede infatti che l’universo si sia espanso molto rapidamente in funzione dell’energia del vuoto. Partendo dal presupposto che il campo dell’inflazione esista, chi sostiene l’ipotesi del multiverso sostiene appunto la versione “all’inizio c’era il vuoto”. Ed è in seguito, secondo gli scienziati, che la questione diventa controversa: quando si considera l’esistenza di universi multipli. Eppure chi si schiera a favore della teoria cosmologica meno caldeggiata ritiene che questi ne siano la diretta conseguenza.

Per i detrattori del multiverso non si tratta di fisica, bensì di metafisica: non è scienza perché non è possibile verificarla tramite dati o modelli di previsione. “Il nostro programma di ricerca si occupa proprio di questo”, spiega Johnson, “stiamo provando a scoprire quali potrebbero essere le previsioni verificabili [scientificamente] di questo modello, per poi andarle a cercare”. Nello specifico i ricercatori considerano le possibilità di vedere il nostro universo-bolla andare a scontrarsi con un altro universo-bolla, seppur siano rare. “Simuliamo l’intero universo. Iniziamo con un multiverso fatto di due bolle, le facciamo scontrare in un modello al computer per scoprire cosa succede, poi disponiamo un osservatore virtuale in varie posizioni e registriamo quello che può vedere da tali posizioni”. È proprio grazie alla possibilità di produrre previsioni che si possono testare che, secondo i ricercatori, il modello del multiverso ha iniziato a oltrepassare la linea tra ipotesi curiosa e scienza. “Ora siamo in grado di osservare che alcuni modelli prevedono il verificarsi di conseguenze che dovremmo poter vedere: siccome non siamo in grado di farlo, possiamo scartarli”, conclude Johnson.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagine: Steve Jurvetson, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".