SALUTE

Crolla l’uso di terapie alternative: fine di una parabola?

5495492908_78a35ca971_bSALUTE – Dimezzato l’utilizzo di terapie alternative, dal 15,8% nel 2000 all’8,2% nel 2013. I rimedi omeopatici scendono invece dal 7% del 2005 al 4,1%. Questi i dati significativi sul ricorso alle cure non convenzionali del rapporto “Tutela della salute e accesso alle cure“, presentato lo scorso 10 luglio dall’ISTAT e realizzato su un campione di 120.000 persone, con il coordinamento della Regione Piemonte.

Il rapporto illustra il livello di gradimento del servizio sanitario, il ricorso alle visite specialistiche e le malattie maggiormente diffuse nella popolazione italiana. Tra i dati più interessanti, merita considerare quelli che riguardano le terapie alternative. Alcuni esempi: le donne tendono a ricorrere di più a queste terapie rispetto gli uomini (9,6% contro 6,8%), i rimedi omeopatici sono molto diffusi nel Nord-est (7,1%) e in particolare nella provincia di Bolzano, dove sono utilizzati da ben il 17% della popolazione. Al contrario, al Sud il ricorso alle terapie alternative è circa la metà della media nazionale e in alcune regioni (Puglia, Calabria e Basilicata) non raggiunge nemmeno l’1%.

Come rivelano anche i dati ISTAT, il principale rimedio non convenzionale oggi utilizzato è l’omeopatia, disciplina pseudomedica nata alla fine del XVIII grazie al medico tedesco Samuel Hahnemann.  Al giorno d’oggi comunque, nonostante la comunità scientifica non le consideri attendibili per mancanza di prove di efficacia, sono circa 5 milioni gli italiani che utilizzano le terapie non convenzionali.

Come si spiega questo calo nell’utilizzo di terapie alternative, evidenziato dal rapporto ISTAT?

Intanto va detto che fino a metà del 1800 c’erano solo pratiche alternative come l’omeopatia, o meglio non esisteva una vera e propria scienza medica sperimentale. Non c’erano antibiotici e disinfettanti, ma salassi e amputazioni. In compenso i rimedi di Hahnemann, fondatore dell’omeopatia, erano indolori, senza effetti collaterali e venivano accompagnati da una grande attenzione verso il paziente: qualcosa di impensabile in un periodo dove molti dei malati venivano isolati perfino dalle proprie famiglie.

Poi con la medicina moderna l’omeopatia si avviò verso il viale del tramonto, fino alla quasi scomparsa nel periodo d’oro degli antibiotici e dei vaccini a metà del secolo scorso. Negli ultimi decenni del 1900, però, le terapie alternative hanno riacquisito parte del loro successo: senso di sfiducia nella medicina moderna, paura degli effetti collaterali e scandali hanno fatto crescere l’esigenza di una medicina più “naturale” e più vicina al paziente (secondo il rapporto tutt’oggi il 41% continua a fare uso di trattamenti omeopatici perché preferisce i rimedi naturali).

Questo improvviso successo ha fatto crescere l’attenzione del mondo scientifico per queste pratiche e numerosi sono stati i tentativi di verificare la loro efficacia: tutti senza successo.
Potrebbe essere stati questi nuovi dati ad aver influenzato questo calo di utilizzo, evidenziato dal rapporto ISTAT?
“Potrebbe, ma è difficile dirlo. – commenta Salvo Di Grazia, medico e autore del blog Medbunker – Un dato di fatto, invece, è che molti di coloro che usano omeopatia, fiori di Bach e metodi simili, lo fanno per problemi che sono spesso risolvibili anche senza una terapia”. La crisi potrebbe essere un motivo dunque, anche se i dati ISTAT mostrano un aumento anche delle visite specialistiche, piuttosto costose. Il rapporto però dice anche che il maggior ricorso alle terapie non convenzionali riguarda persone dallo status socio-economico più elevato (6,5% per chi dichiara risorse scarse o insufficienti contro il 9,3% per chi dichiara risorse ottime o adeguate). Il calo del ricorso ad approcci alternativi potrebbe quindi essere dovuto al desiderio di tagliare le spese superflue. “Certe medicine sono imprescindibili quando si sta male, anche in tempo di crisi – ha concluso Di Grazia – ma di altre se ne può fare a meno”.
Crediti immagine: Spot Us, Flickr

 

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Federico Baglioni
Biotecnologo curioso, musicista e appassionato di divulgazione scientifica. Ho frequentato un Master di giornalismo scientifico a Roma e partecipato come animatore ai vari festival scientifici. Scrivo su testate come LeScienze, Wired e Today, ho fatto parte della redazione di RAI Nautilus e faccio divulgazione scientifica in scuole, Università, musei e attraverso il movimento culturale Italia Unita Per La Scienza, del quale sono fondatore e coordinatore. Mi trovate anche sul blog Ritagli di Scienza, Facebook e Twitter @FedeBaglioni88