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Fare semantica con la teoria dei giochi?

13195153284_fc6b0d84f4_bRICERCA – Che cosa sono e dove stanno i significati? Questa domanda sembra a prima vista addirittura mal posta, ma in realtà rappresenta uno dei leitmotiv della storia della filosofia. Secoli di interrogativi per cercare di persuadere che i significati delle parole stavano nelle parole stesse, o nelle cose che volevano rappresentare, oppure che il significato di un termine in realtà fosse determinato dall’uso che ne facciamo. Per non parlare dello sviluppo della semantica, quella branca della linguistica che studia il significato di parole e segni. In realtà quello che è finora emerso da secoli di pensiero sullo statuto ontologico dei significati, è che non sembra possibile oggi definire con precisione e senza obiezioni che cosa siano i significati e come si formino nella nostra mente quando parliamo.

La novità è che negli Stati Uniti, precisamente alla Kansas State University, un team composto da tre filosofi guidati da Elliott Wagner e un matematico, Pierre Tarres dell’Università di Tolosa, in Francia, ha cercato di riprendere in mano la questione da un altro punto di vista metodologico, attraverso cioè la teoria dei giochi. In altre parole l’idea di Wagner è usare la teoria dei giochi per analizzare come avviene la comunicazione e come le parole acquistano significato. L’idea che i ricercatori volevano testare era che poiché il sistema di comunicazione evolve, il messaggio del mittente può riflettere lo stato del mondo e il ricevitore può rispondere in modo appropriato per lo stato del mondo. L’idea non è affatto nuova: i batteri, come gli Pseudomonas per esempio, in genere comunicano attraverso segnali chimici per attaccare il sistema immunitario umano. Le scimmie usano la vocalizzazione per comunicare, un pavone utilizza la dimensione della sua coda per segnalare la sua attrattiva per una femmina. Le persone stesse usano il linguaggio del corpo per comunicare. La differenza rispetto ai modelli precedenti qui è proprio l’utilizzo di un sistema matematico come la teoria dei giochi.

La teoria dei giochi è infatti una branca della matematica che crea astrazioni matematiche che si rivelano utili anche per rappresentare e studiare le interazioni sociali e la comunicazione. In particolare il mittente condivide un messaggio con il destinatario attraverso un segno o segnale e il ricevitore accoglie e riutilizza il segnale. Questa interazione viene chiamata “gioco di segnalazione”.

Nell’esperimento i ricercatori hanno selezionato un messaggio da parte del mittente che non avesse alcun significato precompilato per osservare come questo evolvesse nel passaggio da un individuo all’altro, man mano che questi individui comunicavano.

Risultato? Pare proprio che basandosi sulle tecniche matematiche della teoria dei giochi sia possibile affermare che il significato di una parola è proprio causato da questo processo naturale che fa sì che le espressioni del linguaggio, tecnicamente e inizialmente prive di ogni significato preconcetto, in realtà lo acquistino proprio entrando in contatto con il mondo, cioè a seconda del contesto in cui sono introdotte.

Il risultato pare interessante ed è apparso nientemeno che sulla prestigiosa rivista PNAS. Come sempre in questi casi, specie quando ci sono di mezzo questioni filosofiche come i significati, il vero problema rimane comunque il metodo di indagine e l’attendibilità dell’apparato sperimentale, che si determina anzitutto nella possibilità di definire con precisione gli estremi dell’esperienza semantica. Siamo dunque ben lungi da un contesto che dimostra scientificamente un qualche aspetto dell’acquisizione di significati, ma certamente una ricerca come questa porterà nuove domande nella ricerca filosofica millenaria circa le modalità attraverso cui l’uomo comunica.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Sebastien Wiertz, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.