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Generato un organo sul bancone di un laboratorio

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RICERCA – Un altro passo avanti è stato fatto nel campo della medicina rigenerativa, che sembra aumentare sempre più la possibilità di creare “pezzi di ricambio” per il corpo umano con difetti o malattie. Un gruppo inglese ha ricreato un organo intero a partire da cellule somatiche, cioè già differenziate, che sono state riprogrammate in laboratorio. La scoperta è eccezionale perché i ricercatori della Edimburgh University hanno preferito non usare cellule staminali, ma cellule create al di fuori del corpo dell’animale in modo artificiale. Inoltre a partire da queste cellule, hanno assistito a una riorganizzazione spontanea dell’organo intero, cosa assai difficile da riprodurre in laboratorio per la complessità delle strutture e delle funzioni da ricreare.

La ricerca si è concentrata sul timo, un organo che si colloca accanto al cuore e che riveste un ruolo chiave per il sistema immunitario grazie alla produzione delle cellule T, le sentinelle che si attivano per contrastare l’ingresso di patogeni e agenti estranei nel nostro organismo.

La ricerca, appena pubblicata su Nature Cell Biology, ha preso avvio da cellule assai differenti da quelle del timo: i fibroblasti di embrione di topo sono collocate sotto la pelle e non hanno nulla a che vedere con il sistema immunitario. Tuttavia se indotte in laboratorio a produrre la proteina  factor ​forkhead box N1  (FOXN1) tramite una riprogrammazione del DNA, i fibroblasti si trasformano nelle cellule epiteliali del timo (TECs).
Le TECs, mescolate con le altre cellule del timo e poi trapiantate nel rene di un topo geneticamente identico al donatore dei fibroblasti, dopo quattro settimane hanno generato l’organo completo in tutte le sue parti. Dotato di corteccia e midollo – le due porzioni di cui è formato il timo –  l’organo era anche perfettamente funzionante, perché in grado di produrre sia i linfociti T Helper (quelli che dirigono e organizzano la risposta di tutto il sistema immunitario), sia i linfociti T Killer (capaci di attaccare e distruggere agenti patogeni o cellule tumorali).

Saranno ancora necessari una decina di anni prima che la ricerca possa avere applicazioni sull’uomo, perché occorre fare numerosi controlli, mettere a punto la tecnica, riprodurre in laboratorio tutte le cellule che compongono il timo e assicurarsi che con il tempo l’organo non si trasformi in un focolaio tumorale.
Malgrado la lunga strada ancora da percorrere, lo studio offre una speranza a chi nasce con la Sindrome di DiGeorge, una malattia genetica che colpisce 1 bambino su 2000-4000 nati vivi. Infatti sebbene sia già possibile un trapianto di timo in questi soggetti che ne nascono privi, è complicato trovare donatori compatibili e minimizzare il pericolo di rigetto.
Inoltre un timo artificiale sarebbe utile alla produzione di linfociti per  pazienti sottoposti a trapianto di midollo, assicurando loro un recupero più rapido delle funzioni del sistema immunitario.
Chris Mason, professore di medicina rigenerativa presso la University College of London,  ha accolto la nuova scoperta auspicando l’aumento degli sforzi in favore di questi studi: “[…] I dati evidenziano un bisogno urgente di un maggior numero di scienziati, ingegneri e medici coinvolti in questo tipo di ricerche, per valutare e sviluppare queste nuove tecnologie”.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Laineema, Flickr

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.