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Come abbiamo misurato l’energia del Sole con i neutrini

Il risultato arriva dall'esperimento Borexino dei laboratori del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

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RICERCA – Tutti sanno che se riusciamo a guardare il panorama di fronte a noi la mattina non appena ci svegliamo è merito della luce solare che colpisce gli oggetti, permettendo ai nostri occhi di vederne forma e colore. Ma è forse meno noto ai più che in realtà i fotoni che compongono questa luce solare in realtà sono i fotoni di 100 000 anni fa. Com’è possibile? Come ci insegnano a scuola, ogni volta che osserviamo il Sole vediamo com’era 8 minuti prima, in ragione del tempo che ci impiegano i raggi solari appena “partiti” dal Sole per arrivare fino a noi. Ma questi stessi fotoni ci mettono 100 000 anni prima di poter uscire dalla nostra stella e raggiungerci. Analizzare questi fotoni ha permesso dunque negli anni sì di misurare l’energia del Sole, ma l’energia che aveva 100 000 anni fa.

Questo fino a oggi.

Grazie al lungo lavoro dell’esperimento Borexino, presso i laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stato possibile infatti per la prima volta misurare l’energia del Sole come è oggi, rivelando agli scienziati che in realtà essa è comparabile con l’energia che  produceva 100 000 anni fa. Questo è stato possibile grazie all’impiego di una nuova metodologia messa a punto nei laboratori del Gran Sasso, che misura l’energia solare non tanto utilizzando i fotoni, ma i neutrini prodotti dalle reazioni nucleari responsabili della produzione di energia solare. A differenza dei fotoni, infatti, i neutrini non impiegano 100 000 anni per fuoriuscire dal Sole e dunque permettono l’accesso all’energia solare attuale.

“Lo studio pubblicato su Nature – racconta Gianpaolo Bellini, uno dei ‘padri’ di Borexino – mette in luce due importanti novità: anzitutto la possibilità di misurare l’energia solare utilizzando i neutrini, ma anche di ottenere una misura della cosiddetta oscillazione dei neutrini, cioè il fatto che un neutrino possa passare dal ‘flavour’ elettronico a quello muonico o tauonico e viceversa, anche nel vuoto”. Ma andiamo con ordine. I neutrini sono particelle di massa trascurabile che interagiscono con la Terra senza che noi ce ne accorgiamo. Se osserviamo il nostro pollice, per esempio, nello stesso momento in cui lo stiamo guardando esso è attraversato ogni secondo da 60 miliardi di neutrini solari.

Misurare l’energia dei neutrini che provengono dal Sole però non è facile, anche se disponiamo di un’apparecchiatura all’avanguardia. “Le difficoltà di questo tipo di misura sono due: primo, il fatto che queste particelle interagiscono molto poco producendo pochi segnali ovviamente anche nei rilevatori; e secondo, che la radioattività naturale presente nei componenti dei nostri stessi rilevatori influenza la misura”, spiega Bellini.

Tutti i materiali di cui è fatto lo scintillatore che deve rilevare i neutrini sono radioattivi, con uno spettro di energia che arriva fino a 3,5 milioni di elettronvolt. Per ovviare a queste difficoltà, gli esperimenti precedenti a Borexino erano riusciti a misurare l’energia solare “filtrando” il flusso di neutrini, cioè misurando solamente l’energia proveniente da neutrini al di sopra di una certa soglia di energia, cioè quelli che emettevano più di 5 milioni di elettronvolt; ma i neutrini così misurati sono solo una piccola parte rispetto all’intero flusso di neutrini solari che attraversa lo scintillatore.

“Il punto di forza di Borexino è stato invece quello di sviluppare delle tecnologie capaci di ridurre a livelli mai raggiunti prima la radioattività naturale del rivelatore  e quindi di essere in grado di misurare anche i neutrini con livelli di energia molto più bassi, al di sopra di 20 migliaia di elettronvolt”, spiega Bellini. Questa tecnologia per le basse energie potrebbe permettere di rilevare i flussi di neutrini provenienti anche dal ciclo Carbonio-Azoto-Ossigeno (CNO), che rappresenta l’1% dell’energia solare, mentre il restante 99% è prodotto dalla catena di fusioni nucleari a partire dall’interazione primaria protone-protone.

Il ciclo CNO è fondamentale per la vita delle stelle massive, cioè quelle con una massa più di una volta e mezza quella del Sole. Se vi fosse unicamente la fusione nucleare da protone-protone a produrre l’energia nelle stelle massive, la forza gravitazionale prevarrebbe e la stella imploderebbe. Quindi gli astrofisici ipotizzano che in tali stelle prevalga di gran lunga il ciclo CNO, capace di raggiungere temperature molto superiori a quelle solari. Però non si è mai raggiunta la prova sperimentale dell’esistenza di tale ciclo, che nel Sole contribuisce solo per l’1%. E’ quindi molto importante riuscire a misurarlo.

“Inoltre è stata proprio l’innovativa tecnologia di Borexino a permetterci di osservare che l’oscillazione dei neutrini avveniva anche nel vuoto e non solo nella materia”, conclude Bellini. “Insomma, sebbene alcuni laboratori al mondo stiano cercando di replicare il nostro esperimento, a oggi Borexino rimane una tecnologia d’avanguardia unica.”

@CristinaDaRold

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Crediti immagine: Susanne Nilsson, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.