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3000 metri sotto il mare

DIARIO DI BORDO – Sono appena le sette del mattino, ma la temperatura è già vicina ai quaranta gradi all’ombra e l’umidità ti appiccica i vestiti addosso. Una tipica mattina di Marzo nella costa pacifica del Messico. Solo due giorni fa sono arrivato a Manzanillo per prendere parte alla campagna oceanografica Mescal-2. Sono stato invitato a bordo dal Prof. Costantino Vetriani, o Costa come lo chiamano tutti alla Rutgers University. Costa, microbiologo italiano che da 15 anni è Associate professor presso l’ateneo USA, sommerso dagli impegni accademici ha dovuto rinunciare alla campagna e mi ha invitato a bordo per sostituirlo. Un’occasione unica, mi sono detto, quella di partecipare ad una spedizione scientifica diretta verso le sorgenti idrotermali profonde del pacifico.

Le sorgenti idrotermali profonde, o hydrothermal vent con il nome con cui sono note agli addetti ai lavori, sono una delle scoperte più eccitanti dello scorso secolo in biologia marina. Osservate per la prima volta nel 1977 durante una delle immersioni del sommergibile da ricerca Alvin, hanno aperto una finestra su quello che la vita avrebbe potuto essere sulla terra ai suoi inizi. Interi ecosistemi, con crostacei, molluschi, vermi giganti e migliaia di batteri vivono a contatto con i fluidi idrotermali che fuoriescono da spaccature nella crosta terrestre. “L’intero ecosistema si sostiene sull’energia proveniente dalle profondità della terra, e dalla capacità dei microorganismi di sfruttarla per produrre materia vivente” mi ricorda Costa durante il nostro breve incontro prima della missione. “Sono sistemi completamente indipendenti dalla fotosintesi. Le condizioni estreme di temperatura, acidità e pressione in cui questi batteri vivono sono simili a quelle in cui la vita sul nostro pianeta potrebbe essersi originata” – aggiunge – “studiarli è di fondamentale importanza”.

Intanto sono già le sette e trenta ed io ho finito la mia colazione presso l’hotel Continental, dove alloggio nel centro di Manzanillo. La strada antistante l’hotel brulica di persone indaffarate, i più ad evitare il caldo. Poco fuori dall’hotel incontro altri membri della spedizione. ” Si salpa alle 12.00″ mi fa sapere Mustafa Yucel, biogeochimico presso l‘osservatorio oceanologico di Banyuls-sur-mer, in Francia. “Il comandante ha comunicato che dobbiamo essere tutti a bordo entro le nove, con tutto il materiale da ricerca già imbarcato”. La nave dell’IFREMER (l’istituto francese per la ricerca sul mare) è L’Atalante, lunga 85 metri, con oltre sessanta persone a bordo tra scienziati ed equipaggio. Un gigante di acciaio che lentamente si sta svegliando pronto per salpare verso le sorgenti idrotermali a 200 miglia di distanza dalla costa messicana, a 9 °N di latitudine. Sul ponte l’equipaggio è in febbrile movimento e stanno testando il Nautile, il sommergibile in grado di raggiungere i 6000 metri di profondità che ci permetterà di esplorare e raccogliere preziosi campioni durante la missione.

“Bello vero?” mi domanda Mustafa, che alcune immersioni su quella meraviglia dell’ingegneria le ha già fatte, ” dentro si sta in tre, due piloti e uno scienziato per circa 8 ore, e la sfera ha un diametro interno di solo 2 metri e 10 cm, zeppa di strumenti”. Sono impressionato. Sono ormai otto anni che lavoro come biologo marino su campioni provenienti dal deep-sea, ma è la prima volta che vedo dal vivo operare un sommergibile da ricerca.

Due giorni dopo siamo fermi in mezzo al mare, il vento spazza le onde che lentamente montano mentre il vento aumenta. Le nubi nere all’orizzonte annunciano l’arrivo di un acquazzone equatoriale. Sul ponte di lavoro sotto di me si completano le ultime operazioni di verifica prima dell’immersione del Nautile. I piloti e l’osservatore scientifico scambiano con l’equipaggio le ultime battute prima di salire a bordo. L’atmosfera è un po’ tesa. “È la prima immersione delle dieci programmate per la missione e sono tutti un po’ nervosi.” mi spiega la Dr. Nadine Le Bris, direttrice dell’osservatorio di Banyuls-sur-mer, capomissione e responsabile del progetto – “si vuole sempre iniziare con il piede giusto, e fare tutto quel che si è programmato”. Si sente intanto una forte sirena e in un attimo il ponte di lavoro è sgombro e il Nautile viene spostato su rotaie verso la poppa della nave. Di li a poco, in una spettacolare operazione che coinvolge argani, verricelli, due subacquei e tanta esperienza il Nautile viene messo in acqua e sganciato dalla nave. “Sono da soli adesso” commenta Mustafà, li rivedremo a fine giornata con i campioni che hanno raccolto a 3000 metri di profondità, in delle oasi di vita immerse nell’oscurità degli abissi.

Alle diciotto suona la sirena di nuovo. La giornata è passata veloce tra i preparativi dell’imminente campionamento in arrivo e le poche informazioni che arrivano tramite la radio che collega la nave al sommergibile. Si cerca all’orizzonte il punto in cui il Nautile dovrebbe riemergere. Intanto il mare è montato, e il gommone con i due subacquei di assistenza dondola vistosamente fra le creste bianche. All’improvviso il giallo vivo del Nautile fa capolino tra l’azzurro dell’oceano Pacifico. La prima immersione è stata un successo. Sono stati raccolti campioni di bivalvi (Bathymodiolus thermophilus) e vermi giganti (Riftia pachyptila) tipici degli hydrothermal vent, e filamenti di batteri trovati in prossimità delle sorgenti. “I campioni raccolti forniranno informazioni importanti sull’origine e l’evoluzione della vita sulla terra, sui limiti della vita e i suoi adattamenti a condizioni estreme” – mi scrive Costa in una mail – “gli oceani profondi sono l’ecosistema più grande del pianeta eppure ne conosciamo appena l’1%. Studiarlo è una priorità per capirne il funzionamento e proteggerne la complessità”.

Il sole cala su L’Atalante e i tecnici del sommergibili si mettono a lavoro. Passeranno la notte a verificare e preparare il Nautile per l’immersione del giorno seguente. A cena gli scienziati sono impegnati in conversazioni sui dati raccolti durante la giornata. E qualcuno azzarda conclusioni. “Sarà una campagna tra le migliori cui io abbia partecipato. Un vero successo, considerando anche i tempi stretti a disposizione, e il numero limitato di immersioni.”

La prima delle immersioni è andata bene. Ora ne rimangono solo nove.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagini: Donato Giovannelli

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Donato Giovannelli
Donato Giovannelli is a EON Research Fellow at the Earth-Life Science Institute in Tokyo and at the Institute of Earth, Ocean and Atmospheric Sciences, Rutgers University, USA. He is also a guest scientist at the Institute of Marine Science CNR-ISMAR, Ancona and a visiting scholar at the Institute for Advanced Studies, Princeton, USA. Co-founder of the nanotechnology startup Nano-Tech (@italnanotech) and the biotech startup Cypress Biotechnology, Donato writes about science, entrepreneurship and exploration. Follow him on twitter at @d_giovannelli