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Fame: non è solo questione di cibo

5367334314_c107c3d846_zSALUTE – Sono 842 milioni le persone al mondo che non riescono a condurre una vita attiva per la mancanza di cibo, che soffrono la fame in modo cronico e che per questo spesso vanno incontro a morte. Ancora tante, malgrado State of Food Insecurity (SOFI), un rapporto redatto annualmente da FAO, IFAD  e WFP, registri un generale miglioramento. Le persone che hanno sofferto la fame tra il 2011 e il 2013 sono 26 milioni in meno rispetto al trennio 2010-2012, e ben 1015 milioni in meno rispetto al 1990-1992.

Resta ancora un anno per raggiungere l’obiettivo del primo Millenium Development Goal (MDG1), che auspicava entro il 2015 il dimezzamento della percentuale di popolazione che soffriva la fame nel triennio 1990-1992. E con i dovuti sforzi potremmo anche riuscirci: ad oggi è il 12% della popolazione mondiale che soffre di denutrizione, mentre nel 1990-92 era il 23, 6%.  “Questa è la prova che potremmo vincere la guerra contro la fame”, hanno commentato i presidenti di FAO, IFAD e WFP,  “e dovrebbe spingere i singoli paesi a procedere con l’assistenza necessaria della communità internazionale”.

Questo è quanto emerge facendo le medie: di fatto occorre tener conto delle disparità. Mentre 63 nazioni hanno raggiunto l’obiettivo del MDG1, altre sono ancora lontane da questo traguardo. Forse anche per questo il problema del cibo è ancora così attuale e pregnante: è stato al centro della conferenza The Future of Science e sarà il tema di Expo 2015.
L’Africa rimane il continente con i maggiori problemi di denutrizione, ma anche qui si viaggia a differenti velocità. Se l’Africa Sub-sahariana resta una regione in cui la fame è molto diffusa, bisogna però notare che la percentuale della popolazione denutrita ha subito un calo del 7,9% dal 1990 a oggi. Al contrario, il Nord Africa soffre meno la fame, ma ha avuto una minor capacità di far fronte al problema laddove persiste: i provvedimenti presi sono stati meno rapidi e incisivi, tanto che l’obiettivo del Millenium Development Goal è ancora lontano.
Al contrario il traguardo posto dalle Nazioni Unite è stato raggiunto da molte regioni asiatiche, anche se l’Asia Occidentale ha registrato un peggioramento della propria condizione, mentre l’Asia Meridionale è ancora tra le zone più povere del pianeta.

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Non è solo questione di piatto principale, ma anche di contorno

La risposta più ovvia alla necessità di cibo potrebbe essere l’aumento della produzione agricola. Le politiche che puntano a migliorare la produzione di cibo sono importanti, ma ci sono altri fattori che entrano in campo quando si parla di sicurezza alimentare: sono problemi di natura politica, economica e della gestione delle risorse naturali e territoriali. Tali aspetti sono in grado di minare la capacità di un paese nel fronteggiare una condizione di diffusa denutrizione.

Dunque laddove la fame è stata eradicata, quali fattori sono stati decisivi? Mentre la crescita economica o l’espansione delle vie di comunicazione sono fattori capaci di diminuire il grado di denutrizione di un popolo, l’inflazione che toglie potere di acquisto e l’instabilità politica rappresentano un ostacolo al miglioramento dei livelli nutrizionali.
La metrica per misurare la capacità delle diverse regioni di assicurare cibo ai propri abitanti si articola in differenti dimensioni, basate su parametri monitorati nel tempo e nello spazio: tra i diversi indicatori però le parole chiave che spiccano sono accessibilità, uso del cibo e stabilità.

L’accessibilità. A dettare legge in tema di accessibilità del cibo è il suo costo : mentre il prezzo del cibo cresce in ogni continente, la maggior parte delle volte il fabbisogno energetico continua a essere assicurato alle persone, indice di un cambiamento nel consumo degli alimenti più nutrienti in favore di quelli più poveri ma energetici.
Il cibo può diventare più accessibile non solo in relazione al suo costo, ma anche in funzione delle disponibilità economiche, cioè al reddito pro-capite. In base ai dati dell’ultimo triennio raccolti dalla Banca Mondiale, l’aumento del PIL pro-capite a parità di potere di acquisto si è verificato in ogni regione, ma sempre con intensità diversa.
Infine l’accessibilità al cibo è connessa al territorio: la presenza di infrastrutture come strade asfaltate, reti ferroviarie o porti assicura una distribuziona capillare degli alimenti a disposizione.

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L’uso adeguato del cibo, Ammesso che il cibo sia accessibile, non è detto che la popolazione abbia la possibilità di usarlo al meglio. Uno dei paramentri che permette di misurare il buon uso del cibo è la percentuale dei bambini al di sotto dei 5 anni che si trovano in uno stato di denutrizione, uno specchio che riflette la condizione dell’intera popolazione. Non sempre questo indicatore è efficace. Ci sono paesi come il Ghana, il Nepal, o il Mali dove la percentuale di denutrizione è abbastanza bassa, mentre è alta l’incidenza della malnutrizione. Ecco allora che è necessaria una linea politica volta a promuovere non solo l’accessibilità al cibo, ma anche la varietà all’interno della dieta e ad assicurare le condizioni igieniche di base durante l’elaborazione degli alimenti (per esempio, l’accesso all’acqua potabile).

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La stabilità. I paesi che  hanno registrato minori progressi nella lotta alla fame sono quelli che hanno dimostrato minore stabilità. I paesi che dipendono dall’esportazione del petrolio traballano al fluttuare del suo pezzo. Gli stati che mancano di stabilità politica, spesso non sono in grado di avviare programmi e azioni rilevanti per il paese.
Infine l’equilibrio di uno stato oggi dipende anche dai cambiamenti climatici: caldo, siccità o alluvioni possono incrinare le possibilità di produrre il cibo necessario. Ecco perché tra gli indicatori di stabilità è stata inserita anche la percentuale delle terre irrigate.

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Questi non sono altro che alcuni dei paramentri da valutare per calcolare la possibilità di un territorio di assicurare cibo ai suoi abitanti. Lo studio della FAO ha analizzato più variabili e ne ha misurato le reciproche relazioni.  Come hanno spiegato i presidenti di FAO, IFAD e WFP “l’insicurezza alimentare e la malnutrizione sono problemi complessi, che non possono essere risolti considerando un unico ambito, ma che hanno bisogno di azioni coordinate”, tanto da richiedere ai governi di lavorare a stretto contatto con il settore privato e la società civile.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: CIAT, Flickr

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.