SCOPERTE

Dai pesci ciechi nuove informazioni sull’occhio umano

2553516471_2dbf6fbb2f_oSCOPERTE – Il genoma di alcuni piccoli pesci privi di occhi potrebbe aiutare a studiare le basi della visione e delle malattie degenerative oculari nell’uomo. Sembra un paradosso ma è proprio quello che racconta un gruppo di scienziati americani, francesi e inglesi sulla rivista Nature Communication.

La ricerca nasce dal fatto che popolazioni sottoposte a forti pressioni selettive da parte dell’ambiente in cui vivono, come le pozze d’acqua buie e fredde delle grotte, offrono preziose informazioni sulle basi genetiche dei cambiamenti evolutivi. Per esempio, gli animali che vivono nelle grotte come l’Astyanax mexicanus, il pesce cieco oggetto dello studio, si sono evoluti manifestando caratteristiche quali la degenerazione degli occhi, la perdita di pigmentazione cutanea, l’aumento delle dimensioni e del numero delle papille gustative e cambiamenti nel comportamento. Fino a oggi però non era possibile associare questi cambiamenti evolutivi alla presenza di specifici geni perché non esisteva nessun genoma di riferimento con cui confrontarli.

Ul gruppo di oltre 10 ricercatori, guidati dall’evoluzionista Suzanne McGaugh dell’Università del Minnesota, si è quindi dedicato al sequenziamento del genoma di A. mexicanus. Dapprima sono stati identificati elementi ripetuti nel DNA di questi pesci e successivamente tali tratti sono stati confrontati con quelli di specie simili. L’approccio si è dimostrato efficace al punto che è stato possibile per la prima volta individuare alcuni potenziali geni coinvolti nello sviluppo dell’occhio e di altre caratteristiche tipiche della vita nelle grotte.

I risultati ottenuti hanno anche messo in evidenza che il pesce cieco condivide con il genoma umano diversi percorsi e geni. “Sembra che questi animali abbiano caratteristiche direttamente correlate alla salute umana e ciò li rende di fatto un soggetto di studio ideale” ha commentato McGaugh in un comunicato.

Gli scienziati hanno poi proseguito le analisi per verificare se l’espressione o la funzione dei geni individuati fosse diversa nelle specie che vivono in superficie rispetto a quelle che vivono nelle cavità. “Per fare ciò, dobbiamo prima di tutto riuscire a creare mappe cromosomiche per i geni di A. mexicanus che conosciamo già. Poi il nostro lavoro si dovrà concentrare sull’analisi del genoma delle varie specie presenti dentro e fuori le grotte”, continua McGaugh.

Le future ricerche del gruppo riguarderanno lo studio del DNA di alcune specie di pesci di superficie che, una volta entrati nelle cavità, evolvono e sviluppano caratteristiche nuove. I ricercatori sperano di individuare le zone del genoma in cui si verificano i cambiamenti, se questi si ripetono allo stesso modo di A. mexicanus e se sono coinvolti gli stessi geni.

“A. mexicanus ci può ancora dire molto sui meccanismi evolutivi e addirittura sulle cause di alcune malattie umane: per esempio, scoprire come questi pesci perdono gli occhi potrebbe aiutarci a capire come avviene la degenerazione della retina nell’uomo”, conclude McGaugh.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.
Crediti immagini: Rachel Collins, Flickr

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.