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Quali saranno i diritti dello scimpanzé Tommy?

La Corte Suprema di New York deciderà a breve se allo scimpanzé Tommy potrà essere riconosciuto lo status di persona giuridica

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ATTUALITÀ – È attesa in questi giorni la sentenza della corte di New York sul caso Tommy. Tommy ha 26 anni e vive a Gloversville, New York, in uno spazio tutto suo, climatizzato e con la TV via cavo. Ama la solitudine ed è appassionato di cartoni animati, dice Patrick Lavery, il suo propietario, che sostiene di aver speso oltre 150.000 dollari per la sua gabbia. Tommy, infatti, è uno scimpanzé, a detta del signor Lavery, molto fortunato. Non è dello stesso parere l’avvocato Steven Wise dell’organizzazione Nonhuman Right Project, che si batte per i diritti di quegli animali ritenuti consapevoli di sé e autonomi, come elefanti, grandi scimmie e delfini.

Tommy, sostiene Wise, è a tutti gli effetti un detenuto, privato della libertà contro il suo volere, che passa le sue giornate in spazi e condizioni assolutamente non adatti alla vita di uno scimpanzé. Per questo dovrebbe essere rimesso in libertà in uno dei santuari naturali appositamente costruiti per lui e i suoi simili.

Il caso è finito qualche settimana fa davanti ai giudici della Corte Suprema di New York, che dovrebbero pronunciarsi a breve. Wise chiede per Tommy il mandato di habeas corpus (letteralmente “che tu abbia la tua persona libera), con il quale il giudice è tenuto a decidere con urgenza se la detenzione di una persona sia legale o meno. Sostanzialmente, viene chiesto ai giudici di riconoscere l’animale come una persona giuridica. Le qualità umane di Tommy e dei suoi simili, come l’autodeterminazione, l’empatia e la memoria complessa, renderebbero questi animali molto simili agli uomini e quindi meritevoli del riconoscimento dello stesso status giuridico. L’avvocato precisa che non vengono richiesti in toto tutti i diritti umani, come il diritto di voto o di istruzione, ma semplicemente il diritto a non essere rinchiusi in una gabbia contro la propria volontà.

Va ricordato che lo stesso Wise si era già scontrato con il parere dei giudici a dicembre dello scorso anno, quando chiese il riconoscimento dello status di persona giuridica non solo per Tommy ma anche per Kiko, uno scimpanzé appartenente a una coppia dell’Ohio, e per Hercules e Leo, due scimpanzé di proprietà della Stony Brook University. I giudici non approvarono la richiesta di Wise e probabilmente, dicono i ben informati, lo stesso succederà anche stavolta perché mai prima d’ora gli ideali di libertà e uguaglianza sono stati applicati ad animali diversi dall’Homo sapiens, fermo restando che la legge si è più volte pronunciata contro il maltrattamento degli animali e a favore del loro benessere. Ma questa è un’altra storia.

Al di là della legge, numerosi studi scientifici hanno dimostrato le capacità comunicative degli scimpanzé, la memoria numerica, l’empatia e la capacità di imparare gli uni dagli altri. Ma altre domande non hanno ancora trovato una risposta: quanto tempo passano a pianificare il futuro, come facciamo noi? Come percepiscono la propria autonomia? Esistono delle regole morali? Secondo Wise, nonostante manchino ancora queste risposte, si deve basare il riconoscimento dei diritti degli scimpanzé sul concetto di similitudine: sono abbastanza simili a noi da meritarsi, se non altro, il diritto di essere liberi. Tuttavia, una perplessità che attraverserà la mente dei giudici riguarderà sicuramente il precedente che potrebbero creare assecondando le richieste di Wise. Dopo gli scimpanzé, quanti altri animali si potrebbero considerare abbastanza “simili” a noi da ottenere il nostro stesso status giuridico? Non è un segreto che uno degli obiettivi finali di Nonhuman Right Project sia quello di abbattere definitivamente il muro che separa i diritti umani da quelli degli animali. La scelta dei giudici, attesa a breve, si prospetta quindi tutt’altro che facile e potrebbe segnare la storia.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: George, Flickr

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