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Psicoterapia e DNA

Valutati i benefici biologici della psicoterapia, come aiuto nella riparazione di danni genetici

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SALUTE – Che la psicoterapia potesse avere degli effetti positivi anche a livello di salute fisica non è una novità. A essere una novità è invece essere riusciti a provare i benefici biologici della psicoterapia anche a livello di DNA grazie ad una semplice analisi ematica. A ottenere questo risultato un team multidisciplinare di scienziati tedeschi dell’Università di Costanza e dell’Università di Ulm, che hanno poi pubblicato lo studio su Psychotherapy and Psychosomatics. Ne abbiamo parlato con Marco Sambin, professore presso la facoltà di psicologia dell’Università di Padova ed esperto nell’ambito della ricerca in psicoterapia e con una ricercatrice del suo team, Arianna Palmieri.

“Non è frutto di eccessivo entusiasmo affermare che la psicoterapia agisce dal punto di vista fisiologico molecolare sul nostro corpo” spiegano i due esperti. I risultati di esperimenti precedenti a questo studio hanno mostrato che in casi di stress cronico o di forti traumi psicologici aumentano nel nostro corpo in maniera consistente i danni a carico del DNA, e diminuisce la capacità di riparazione naturale a tali danni. In altri termini, la sofferenza psichica ci rende indirettamente estremamente più vulnerabili al cancro.

L’associazione tra cancro e traumi psicologici era nota già da qualche decennio. Più recentemente, grazie ad alcuni studi, è stato possibile dimostrare che, dopo aver vissuto eventi altamente stressanti, si riscontra un danno consistente di DNA, che predispone alla malattia oncologica, o a problematiche fisiche di altra natura. Lo studio da poco pubblicato dimostra oggi in maniera molto chiara come dopo la psicoterapia ci sia un ripristino della funzione riparativa cellulare in grado di limitare o eliminare completamente i danni del DNA che erano presenti in individui traumatizzati prima del percorso psicoterapeutico.

“In questo senso la psicoterapia si pone come un intervento non invasivo, perché non prettamente farmaceutico, ma comunque in grado di favorire i naturali processi di ricostruzione delle porzioni di DNA compromesso”, spiega Sambin. E tutto questo soprattutto attraverso la parola. In psicoterapia, per quanto oggi esistano numerose scuole di pensiero in merito, la narrazione, a vari livelli, ha un ruolo fondamentale. Condividere un trauma ed essere aiutati nella sua rielaborazione da professionisti rappresenta la “cura con la parola” secondo la definizione di Sigmund Freud, ovvero “la parola come farmaco” come la definì Jacques Derrida, noto filosofo francese scomparso pochi anni fa. In ogni caso qui non si tratta di filosofia, ma di meccanismi sempre più noti alla scienza.

In che cosa consiste lo studio appena pubblicato? I gruppi di ricerca dell’Università di Costanza e di Ulm hanno isolato il DNA di cellule del sangue, ottenute da un semplice prelievo, di due gruppi di individui: alcuni pazienti con sindrome post-traumatica da stress – in particolare, in questo studio si trattava di reduci da genocidi e torture durante le guerre civili in Africa – e un secondo gruppo di controllo. In questo secondo gruppo, una parte di individui si distingueva perché pur avendo subito traumi psicologici molto forti non aveva sviluppato un disturbo post-traumatico da stress. Analizzando il DNA dei partecipanti, è emerso che chi soffriva di questo disturbo psicologico presentava danni genetici più frequenti, in termini di rottura della doppia elica del DNA e disfunzione dei processi riparativi naturali dell’organismo. Le analisi genetiche di chi aveva subito traumi comunque invalidanti nel gruppo di controllo hanno rivelato una quantità di danni a carico del DNA intermedia tra le persone colpite dal disturbo e gli individui sani.

In una seconda fase sperimentale, sono stati valutati due ampi gruppi di pazienti affetti dalla sindrome post-traumatica da stress: il primo gruppo ha beneficiato di quattro mesi di psicoterapia, mentre l’altro gruppo di pazienti era in lista d’attesa e non ha giovato di nessun intervento psicologico. Oltre al profilo psicopatologico, il DNA dei membri di entrambi gruppi è stato analizzato all’inizio dello studio , dopo quattro mesi e dopo un anno. Al confronto tra i due gruppi di pazienti nelle varie fasi dello studio il risultato è stato estremamente chiaro: oltre a un netto miglioramento dei sintomi psicologici, i danni genetici dei pazienti che avevano beneficiato della psicoterapia si erano sensibilmente ridotti rispetto all’inizio dell’esperimento, al contrario dei pazienti del gruppo di controllo, i cui danni genetici non avevano subito sostanziali modifiche nel corso di un anno.

“La parola cambia il cervello, e questo è da anni noto – conclude Sambin – ma ora possiamo vedere ancora più nel dettaglio, quanto la mente e il corpo siano in realtà un’unica grande rete, entrando negli anfratti più profondi del nostro profilo genetico”.

@cristinadarold

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Enrico, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.