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Open science targata Europa

Una banca dati che conserva documenti e pubblicazioni dei ricercatori del vecchio continente

5535034664_2fea49782d_zCULTURA – Horizon 2020 sarà un grande passo verso la diffusione dell’accesso libero alle pubblicazioni scientifiche. Tutte le ricerche che verranno sostenute dal punto di vista finanziario con i fondi europei 2014-2020 dovranno restituire pubblicazioni liberamente accessibili e riutilizzabili.
L’Europa ha infatti riconosciuto che la ricerca che parte da dati già pubblicati assicura risultati più solidi. Inoltre la condivisione del lavoro tra i gruppi di ricerca accelera l’innovazione, sostiene la collaborazione oltre a sfavorire la sovrapposizione negli obiettivi. Non da ultimo, la trasparenza migliora l’interesse e il coinvolgimento dei cittadini.

Ma come siamo andati finora in Europa? Durante il settimo programma quadro ha funzionato il meccanismo di condivisione dei dati oppure no?
Per assicurare la creazione di un’infrastruttura digitale capace di supportare l’accesso aperto al testo completo degli articoli scientifici, finanziati dall’interno del progetto pilota sull’Open Access del VII Programma Quadro (FP7) e dall’ERC – European Research Council, è nato il portale OpenAIRE (Open Access Infrastructure for Research in Europe).
Tra i documenti di ricerca in fieri e le pubblicazioni definitive, i risultati accessibili che si sono accumulati nel corso degli anni all’interno di tale contenitore sarebbero otto milioni e 825 mila. Il successo di questa nuova forma di conoscenza sarebbe stato crescente fino al 2012, per poi subire un rallentamento nel 2013,  forse anche dovuto al fatto che  OpenAIRE era un progetto della durata di 36 mesi ( dal 2009 al 2012).

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Il progetto OpenAIRE ha visto la partecipazione dei 27 paesi europei e ora, voltandosi indietro, è possibile stabilire chi ha dato il maggiore contributo alla conoscenza priva di barriere. Tra gli stati europei il primato nelle pubblicazioni open access spetta alla Germania, che supera di poco il Regno Unito. L’Italia si collocherebbe in sesta posizione.  Solo l’unione delle prime tre in classifica genera una cifra comparabile ai risultati americani, che contano oltre un milione di pubblicazioni.

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Il progetto pilota europeo per l’open access è stato lanciato nel 2008 e ha visti impegnati nell’impresa circa il 20% dei fondi stanziati per l’FP7. Il programma europeo appena concluso ha contribuito alla pubblicazione di 96 mila papers, disseminati in 9800 progetti, cioè circa 9 pubblicazioni a progetto, facendo una media approssimativa. Lo European Research Council invece ha partecipato alla realizzazione di OpenAIRE con 2219 progetti, che in media hanno prodotto 10 pubblicazioni, per un totale di 22 mila articoli scientifici.
Tra i progetti che la fanno da padroni per il numero di pubblicazioni realizzate ci sono sicuramente quelli legati alla fisica delle particelle (MASSTEV e Superfields per ERC e UNILHC, ELISA e Hadron physics2 per FP7) a cui si aggiunge lo studio dello spazio con Prosperity.
Interessante è anche l’osservazione della tipologia di documenti a cui i ricercatori hanno deciso di lasciare il libero accesso. La gran parte dei file accessibili sono documenti già pubblicati, come articoli e tesi, atti di convegni e libri. Meno frequenti sono invece le bozze degli articoli, i dataset, i rapporti interni, i dati ancora grezzi.

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Affinché in Europa si diffonda sempre più la pratica di condividere le proprie scoperte, è nato il progetto Foster, che offirirà ai ricercatori un vero e proprio programma di allenamento, per avvicinarli sempre di più a una forma della conoscenza basata sempre più sulla partecipazione.

@AnnoviGiulia

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: opensource.com, Flickr

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.