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Contraccezione d’emergenza: come stanno le cose

L'Europa apre alla vendita senza ricetta della "pillola dei 5 giorni dopo" e in Italia scoppia la polemica

http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Model_of_a_contraceptive_pill,_Europe,_c._1970_Wellcome_L0059976.jpg GRAVIDANZA E DINTORNI – La Commissione europea ha deciso: l’ulipristal acetato (UPA), la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo”, si potrà acquistare direttamente in farmacia, senza bisogno della ricetta del medico. Lo aveva già suggerito lo scorso novembre l’EMA, Agenzia Europea per i Medicinali, chiedendo una modifica alla classificazione del farmaco: da vendibile dietro prescrizione medica a vendibile senza prescrizione. In questo modo dovrebbe diventare più facile ed efficace il ricorso alla contraccezione d’emergenza, scongiurando o almeno limitando il rischio di una gravidanza indesiderata dopo un rapporto sessuale non protetto. La richiesta è stata accolta e ora apriti cielo.

Nonostante la raccomandazione europea, spetta alle singole autorità nazionali – quindi in Italia all’AIFA, Agenzia italiana del farmaco – stabilire i criteri di prescrizione e di impiego per i medicinali in circolazione nel proprio paese. Così, mentre Francia, Gran Bretagna, Germania e altri si stanno preparando al cambiamento,  l’AIFA ci fa sapere che «valuterà in modo approfondito la questione, sottoponendola al vaglio della sua Commissione Tecnico-Scientifica, ed è ipotizzabile la richiesta al Ministro della Salute di un approfondimento in seno al Consiglio Superiore di Sanità». Insomma, prende tempo e intanto siamo già allo scontro.

Del resto, siamo pur sempre il Paese in cui non è ancora possibile acquistare liberamente in farmacia l’altra pillola per la contraccezione d’emergenza, il levonorgestrel (LNG), che è farmaco da banco in altri 23 stati europei. E il paese in cui, almeno finora, la prescrizione dell’UPA è stata condizionata alla presentazione al medico di un test di gravidanza negativo. Questo per evitare qualunque rischio per un’eventuale gravidanza già in corso da rapporti precedenti a quello per il quale si cerca un “piano B”, anche se i dati scientifici a disposizione smentiscono qualunque effetto abortivo del farmaco.

A contestare il nuovo provvedimento europeo sono associazioni, medici e farmacisti cattolici, secondo i quali EllaOne, la pillola dei cinque giorni dopo, non sarebbe un semplice contraccettivo, ma un abortivo. La sua “liberalizzazione”, dunque, porterebbe a un aumento del numero di aborti, oltre a mettere a rischio – sostengono – la salute delle più giovani. La questione è già arrivata in Parlamento, con un’interpellanza alla Camera formulata lo scorso 8 gennaio da Gian Luigi Gigli e Lorenzo Dellai (entrambi del gruppo Per L’Italia). I due deputati chiedono di approfondire la questione dei reali effetti di ulipristal acetato e levonorgestrel. Perché un conto – sostengono – è impedire in extremis che avvenga un’ovulazione e un altro conto è “fare in modo che il figlio concepito non trovi all’interno dell’utero il terreno accogliente di cui ha bisogno”, arrivando a sopprimere l’embrione “ancora prima che si manifesti la sua presenza”.

Risponde a ruota un comunicato del sindacato Fp-Cgil Medici, per chiedere a Governo e al Ministro della salute di intervenire con chiarezza nel dibattito: «Sarebbe insopportabile se di fronte al via libera delle istituzioni europee il nostro Paese, invece di rispettare le regole, facesse vincere ancora una volta una visione oscurantista».

In realtà, sulla natura dei due contraccettivi d’emergenza la comunità scientifica è piuttosto coesa: «Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità e per le principali società scientifiche del settore, come l‘International Consortium for Emergency Contraception, i farmaci hanno soltanto un’azione contraccettiva» sottolinea Manuela Farris, ginecologa presso una delle sedi romane del consultorio privato Aied ed esperta di contraccezione d’emergenza. In particolare, sia l’ulipristal acetato sia il levonorgestrel funzionano ritardando l’ovulazione. Stiamo parlando di un fenomeno soggetto a un complesso equilibrio ormonale: il rilascio dell’ovulo da parte del follicolo è preceduto da un picco nella concentrazione dell’ormone luteinizzante (LH), il quale a sua volta è stimolato dal progesterone. «Ebbene, i due farmaci ostacolano l’attività del progesterone spostando il picco di LH, e dunque l’ovulazione» spiega la ginecologa. Il meccanismo funziona entro 72 ore (tre giorni) dal rapporto non protetto per il levonorgestrel ed entro 120 ore (cinque giorni), per l’ulipristal acetato, che è in generale considerato più efficace, soprattutto se assunto tempestivamente, entro 24 ore dal rapporto non protetto.

Proprio per questo sarebbe preferibile una vendita senza ricetta: perché eliminando un passaggio – la ricerca di un medico (in consultorio, al pronto soccorso o privato) dal quale farsi prescrivere la contraccezione d’emergenza – accorcerebbe i tempi tra il rapporto a rischio e l’assunzione del farmaco.

Oltre a quello descritto sull’ovulazione, altri effetti in grado di “scoraggiare” un concepimento sono probabilmente possibili, come alterazioni del muco cervicale o dei meccanismi di trasporto degli spermatozoi nelle tube. Non sono invece descritti effetti su gravidanze già avviate, a partire dall’impianto dell’ovocita fecondato nella parete uterina in avanti. Lo dice chiaramente un position paper congiunto della Sic, Società italiana della contraccezione e della Simc, Società medica italiana della contraccezione: «Se assunto dopo l’impianto il LNG non altera una gravidanza già
esistente e non incrementa i tassi di aborto. I dati preliminari su ulipristal non hanno dimostrato alcun effetto su gravidanze preesistenti». Tra l’altro, ne è dimostrazione indiretta il fatto che l’efficacia di questi farmaci non è pari al 100%, ma inferiore: se evitassero sia il concepimento sia la prosecuzione della gravidanza a concepimento avvenuto, la protezione sarebbe totale. Invece questo non accade, proprio perché se l’ovulazione è già avvenuta non funzionano più.

In ogni caso, il terreno rimane minato. Per molto tempo, i dati a disposizione sulla sicurezza dell’UPA anche in caso di gravidanza non sono stati ritenuti sufficienti e per questo, in Italia – a differenza di quanto accade altrove – la prescrizione può avvenire solo dietro presentazione di un test di gravidanza negativo. «In realtà questo limite è destinato a cadere, perché per gli organismi regolatori ora i dati ci sono e sono rassicuranti. A breve, anche da noi il test non dovrebbe più essere richiesto» afferma Marris.

L’altra “mina” ancora innescata riguarda la possibilità di impedire l’annidamento di un ovulo fecondato. Qui, però, bisogna chiarirsi su cosa si intende per gravidanza. Il punto è che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità e numerose società scientifiche, la gravidanza ha inizio quando l’ovulo fecondato si annida nell’utero, non prima. Per alcuni (come i deputati Gigli e Dellai), invece, comincia proprio con la fecondazione dell’ovulo. Ora, come abbiamo visto i dati scientifici dicono che UPA e LNG non pongono rischi se l’annidamento c’è già stato, ma per l’UPA qualche effetto antiannidatorio potrebbe esserci. Da qui la strenua opposizione. «Attenzione, però: effetti di questo tipo non si hanno certo ai dosaggi utilizzati come contraccezione d’emergenza, ma a dosaggi ben più alti», chiarisce Marris. Che rassicura anche sugli allarmi relativi ai possibili rischi per la salute riproduttiva delle donne che dovessero “eccedere” con contraccettivi d’emergenza.

«Tanto per cominciare, non è affatto detto che un accesso più facile al farmaco si traduca in maggiore utilizzo. Anzi, alcuni studi dicono che questo non accade: la contraccezione d’emergenza resta un’ultima spiaggia anche quando è facilmente disponibile. Quanto alla sicurezza: gira da alcuni mesi in rete una bufala, secondo la quale se si ricorre più volte a una pillola d’emergenza, si rischia di compromettere la fertilità futura. Un’affermazione senza alcuna prova scientifica».

Insomma, rischiamo di trovarci davanti per l’ennesima volta al divampare di una polemica ideologica, giocata sul filo del diritto alla salute riproduttiva. «In altre parole, il diritto delle donne ad avere una gravidanza solo quando la si vuole, sancito per altro da conferenze internazionali» commenta Mirella Parachini, ginecologa presso l’Ospedale San Filippo Neri di Roma e vicepresidente della Federazione Internazionale degli operatori di aborto e contraccezione. Che tuttavia rimane fiduciosa: «Penso che la via aperta dall’Agenzia Europea del Farmaco, essendo una via scientifica e non politica o ideologica, possa piano piano portare a modifiche sostanziali anche da noi. Del resto, se l’EMA ha stabilito che l’ulipristal acetato ha tutti i requisiti necessari per essere venduto come farmaco da banco, non vedo perché questa modalità di vendita non debba essere possibile».

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Credit Immagine: Wellcome Images

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance