WHAAAT?

Dall’uovo sodo al riciclo di proteine

«Ci sono un sacco di casi in cui passi decisamente troppo tempo a raschiare via proteine gommose dalle tue provette, e vorresti davvero trovare un qualche modo per recuperarle»

7199261978_609bbe707e_zWHAAAT? Il venerdì casual della scienza – Alla University of California – Irvine hanno inventato un modo per fare diventare un uovo sodo… non più sodo. Dopo che era stato bollito a 90 °C per 20 minuti. «Sì, abbiamo scoperto come ‘sbollire’ un uovo di gallina», spiega Gregory Weiss, professore di biologia molecolare e biochimica alla UCI. «Nel nostro articolo abbiamo descritto un meccanismo in grado di separare le proteine già aggregate tra loro e permettere che si ripieghino nuovamente».

Ma il punto era davvero tornare a un uovo non sodo? Non proprio. Come molti altri ricercatori nel mondo, Weiss e il suo team hanno cercato a lungo un modo per produrre in maniera efficace o riciclare delle proteine che ancora potevano essere impiegate in molti modi, ma che durante la formazione si erano “ripiegate male”, in forme strutturalmente scorrette. Diventando così inutilizzabili.

«Con il nostro metodo non puntavamo a intervenire sulle uova; si trattava semplicemente di dimostrare quanto il processo sia potente», spiega Weiss. «Il problema vero è che ci sono moltissimi casi in cui passi decisamente troppo tempo a raschiare via proteine gommose dalle tue provette, e vorresti davvero trovare un qualche modo per recuperarle». Ma normalmente non ci riesci ed è qui che entra in gioco il nuovo metodo, per il quale è già stata fatta richiesta di brevetto.

Le strategie che si usano attualmente non solo sono molto costose, ma richiedono anche tempi lunghi: almeno quattro giorni ogni volta, spiegano gli scienziati, per un processo che è l’equivalente di una dialisi a livello molecolare. Il metodo uovo-sbollito richiede invece pochi minuti, accelerando il tutto a tempistiche che finora non si credevano possibili.

Dopo aver bollito le uova ad hoc, l’obiettivo di Weiss era ricreare a partire dall’uovo “sbollito” una proteina chiamata lisozima (enzima con attività batteriolitica): per riuscirci ha prima di tutto aggiunto una sostanza a base di urea, che ha “liquefatto” tutto il materiale ormai solido. A questo punto il procedimento era a metà, perché a livello molecolare le proteine erano ancora aggregate in masse inutilizzabili. La seconda fase ha richiesto l’utilizzo di una specie di tubo a vortice, un apparecchio  progettato appositamente da Colin Raston della South Australia’s Flinders University che serve proprio a riportare le proteine a una forma non aggregata, applicando uno sforzo di taglio.

«Questo metodo potrebbe trasformare la produzione di proteine, sia quella industriale sia la ricerca», commentano gli autori della pubblicazione su ChemBioChem. Tra le persone che potrebbero trovare utile la nuova procedura non ci sono solamente ricercatori, ma anche i produttori di formaggi a livello industriale, gli agricoltori e chiunque usi proteine ricombinanti.

Trasformare sì, ma come? Per esempio potrebbe esserci una serie di novità per le case farmaceutiche che producono anticorpi per combattere i tumori, spiegano gli scienziati, e che al momento devono farlo sfruttando costose cellule ovariche di criceto. Poter velocemente (e a basso costo) riformare proteine comuni a partire dal lievito (o dal batterio Escherichia coli) ottimizzerebbe il lavoro dell’industria della produzione di proteine.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagini: Robert McGoldrick, Flickr

Condividi su
Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".