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Occhi in prestito

Un'applicazione per smartphone che si propone di mettere in contatto vedenti e ipovedenti e che, per i circa 129 000 ciechi in Italia, può portare enormi ricadute

709945164_f945e4f475_zTECNOLOGIA – “Presta i tuoi occhi a un cieco”. L’ invito è sul sito di Be my eyes, un’applicazione per smartphone in grado di mettere in contatto ciechi e vedenti. Il funzionamento è semplice, le ricadute nella vita quotidiana di chi non vede possono essere enormi.

Per partecipare ci si deve iscrivere sulla piattaforma, specificando se lo si fa come volontari vedenti o come ciechi o ipovedenti, e scaricare la app sul proprio smartphone. “A questo punto si è a tutti gli effetti parte di una rete”, spiega Massimo Vita, presidente della sezione territoriale di Siena dell’Unione Nazionale Ciechi e Ipovedenti.

Gli utenti di Be my eyes sono collegati tramite chat video. Il cieco inquadra con la telecamera l’oggetto o la situazione che vuole vedere e il volontario riceve una notifica sul telefono. Se quest’ultimo non è occupato, può aprire l’applicazione, vedere le immagini e raccontarle al non vedente.

L’idea è del danese Hans Jørgen Wiberg, filosofo con la passione dell’artigianato digitale e delle sue applicazioni in ambito sociale, che attorno alla app ha costituito una startup senza fini di lucro.

La rete conta già più di 140.000 iscritti in totale, ma tra questi gli italiani sono ancora pochi, come racconta Vita. “Adesso c’è da superare l’ostacolo della lingua. In inglese la app funziona quasi a pieno regime, mentre si fa fatica a trovare volontari che parlino italiano”. Eppure anche nel nostro Paese c’è un gran bisogno di tecnologie orientate al miglioramento della qualità della vita di chi ha questa mancanza: secondo il Ministero della Salute in Italia i ciechi sono oltre 129.000.

“È possibile aiutare una persona che si trova in difficoltà anche stando a casa o durante una pausa di lavoro o di scuola. E concedendo solo il tempo che si vuole”, racconta Vita. Nel breve audio qua sotto il presidente racconta una serie di esempi pratici di possibili applicazioni di Be my eyes nella vita di tutti i giorni, dal supermercato alla fermata del bus.

Quale sarà il prossimo passo? “Vogliamo potenziare Be my eyes, in modo che diventi fruibile da tutti i tipi di smartphone e magari anche dai pc. Stiamo lavorando al progetto, siamo in cerca di sviluppatori”, conclude Vita.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Fabio, Flickr

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Viola Bachini
Mi occupo di comunicazione della scienza e della tecnologia. Scrivo su giornali e riviste, collaboro con case editrici di libri scolastici e con istituti di ricerca per la comunicazione dei risultati al grande pubblico. Ho fatto parte del team che ha realizzato il documentario "Demal Te Niew", finanziato da un grant dello European Journalism Centre e pubblicato in italiano sull'Espresso (2016) e in spagnolo su El Pais (2017). Sono autrice del libro "Fake people - Storie di social bot e bugiardi digitali" (Codice - 2020).