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Se la luce crea un nastro di Moebius

Osservato per la prima volta un campo magnetico che assume la forma di un nastro di Moebius. I risultati pubblicati su Science

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RICERCA – Il nastro di Moebius è molto raro in natura. È più noto come la struttura matematica amata da Escher nei suoi disegni, e che possiamo facilmente ricostruire anche da noi, prendendo un nastro di carta e congiungendone le estremità ribaltandone uno dei capi.
Forse è meno noto però che oltre che di carta, è stato possibile di recente creare un nastro di Moebius anche con la luce, un Moebius luminoso, che conferma una potenzialità di questa struttura che alcuni scienziati ipotizzavano da oltre 10 anni, ma che non era mai stata sperimentata. Vi è riuscito un team di ricercatori coordinato da Thomas Bauer, dell’Istituto Max Planck di Erlangen, che ha coinvolto anche ricercatori italiani dell’Università Federico II di Napoli e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). Risultati pubblicati su Science. Abbiamo chiesto a Lorenzo Marrucci dell’Università Federico II di raccontarci meglio di cosa si tratta.

“Il nostro esperimento rientra nello studio della struttura elettromagnetica di un fascio di luce, cioè la struttura dei campi, elettrico e magnetico, dell’onda elettromagnetica che costituisce la luce” spiega Marrucci. “In particolare, il nastro di Moebius è una struttura che è possibile visualizzare seguendo come varia la direzione di polarizzazione del campo elettromagnetico intorno all’asse del fascio”.
Il punto è che per questo tipo di esperimenti, che devono sondare scale dimensionali nell’ordine del micron, è necessaria una strumentazione molto sofisticata. “L’apparato sperimentale si compone sostanzialmente di due ingredienti – continua Marrucci – lo strumento che realizza i fasci di luce particolari, un dispositivo ottico sviluppato proprio qui a Napoli, e una seconda parte di apparato sperimentale che una volta focalizzata la luce, la rende ‘visibile’ tramite una microscopica particella sferica d’oro, che la diffonde sul rivelatore. In questo modo si riesce a ricostruire la struttura elettromagnetica della luce, visualizzando l’oscillazione del campo elettrico e magnetico punto per punto, che a sua volta evidenzia l’esistenza del nastro di Moebius.” Non è dunque il fascio di luce ad avere la forma di un nastro di Moebius, ma la sua struttura interna, cioè il suo campo elettromagnetico.

Se il risultato è da prima pagina, tanto che non a caso è stato pubblicato su Science, per quanto riguarda le possibili applicazioni è bene procedere – per ora – con i piedi di piombo. “Parlare per esempio di mantello dell’invisibilità è un po’ azzardato al momento” precisa Marrucci. Tuttavia, anche se nessun mantello stile Harry Potter è in fase di produzione, le potenzialità applicative di questa scoperta sono molte. “Il settore che si apre qui è quello dei metamateriali, quei materiali cioè creati artificialmente, con proprietà ottiche particolari e innovative. Per esempio si potrebbe pensare – conclude Marrucci – a un metamateriale fotosensibile fatto da tanti nastri di Moebius microscopici, che vengono scritti sulla superficie del materiale stesso utilizzando i fasci di luce.”
Il nastro di Moebius insomma, oltre a fornire da sempre interessanti interrogativi logici, sembra aprirà nel prossimo futuro anche nuove sfide tecnologiche.

@CristinaDaRold

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Andrew Gustar, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.