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HPV e vaccini, basta false credenze

Secondo un recente studio non esisterebbe nessuna correlazione fra il vaccino contro l'HPV e l'aumento dei casi di malattie sessualmente trasmissibili. Nonostante questo però, il vaccino è poco diffuso

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APPROFONDIMENTO – Ogni anno in Italia abbiamo circa 3500 nuovi casi di carcinoma alla cervice uterina, e 1500 morti per la stessa ragione. Questo nonostante esista la possibilità di vaccinarsi contro la causa di questa forma tumorale, il cosiddetto papillomavirus (HPV). Sì, si può giustamente parlare di causa nel caso del cancro alla cervice sebbene questa parola non sia quasi mai utilizzata quando si parla di cancro, perché l’HVP è la causa del cancro all’utero. Non tutte le persone che contraggono il papilloma sviluppano il tumore, ma tutte le donne malate di cancro alla cervice lo sono in ragione della presenza del virus.
Esiste il vaccino dunque (ne avevamo parlato qui), ma nonostante questo si continua a morire di questa malattia, anche fra le donne più giovani. La ragione è, come spesso accade nel caso dei vaccini, una serie di convinzioni poco chiare e talvolta poco scientifiche, come quella secondo cui la vaccinazione delle ragazzine (perché in questo caso il vaccino si somministra intorno ai 12 anni di età) sarebbe associata a un più alto tasso di infezioni sessualmente trasmissibili. Anche i dati sembrano confermarlo: nel 2013, solo il 57% delle ragazze americane di età compresa tra 13 e i 17 anni aveva ricevuto almeno una dose di vaccino, mentre solo il 38% aveva ricevuto tutte e tre le dosi raccomandate.

“Tra i motivi di parziale adesione alla vaccinazione per l’HPV c’è il timore che la somministrazione del vaccino in età adolescenziale possa esercitare un effetto sulla sessualità della ragazza, ovvero possa essere un tacito assenso alla promiscuità” spiega Luciano Mariani, responsabile dell’unità HPV dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. “Da qui, la paura che il soggetto vaccinato possa contrarre, ritenendosi immune da qualunque patologia, maggiori infezioni sessualmente trasmesse. Di fatto, si è invece constatato che la pratica vaccinale non influisce in alcun modo sulla sessualità e, pertanto, che non porta ad aumento delle malattie a trasmissione sessuale. Questo dato deve quindi entrare a far parte del bagaglio di comunicazione sul vaccino HPV, rassicurando sia il genitore, che chi eroga la vaccinazione.”

A confermare queste parole è un recente studio pubblicato su JAMA Internal Medicine dell’American Medical Association, secondo cui on sussisterebbe insomma alcuna evidenza scientifica che tenga in piedi questa presunta correlazione. Gli autori hanno esaminato un database contenente i dati sanitari di ragazze dai 12 ai 18 anni nel periodo 2005-2010 in relazione alla presenza di malattie sessualmente trasmissibili, confrontando i dati delle ragazze che erano state vaccinare con quelli delle non vaccinate. Effettivamente il gruppo di ragazze che erano state vaccinate rilevava una maggiore incidenza di questo tipo di malattie, ma a ben vedere l’impatto non dipendeva dal vaccino, ma dal fatto che gruppo delle ragazze vaccinate mostrava in realtà una probabilità maggiore di essere sessualmente attive nell’anno precedente la vaccinazione, rispetto alle non vaccinate. A prescindere quindi dal fare o non fare effettivamente il vaccino, le ragazze che poi l’avrebbero fatto si sono dimostrate in media più attive sessualmente rispetto alle altre. Inoltre, il tasso di incidenza delle malattie sessualmente trasmissibili è aumentato a un anno dal vaccino sia le vaccinate che per le non vaccinate.

In ogni caso gli stessi autori rivelano che negli Stati Uniti l’abitudine a vaccinare le giovani donne è in aumento negli ultimi anni, 27,3% alla fine del 2010, mentre nel 2006 si vaccinava solo il 2,5% delle donne. In Italia le cifre sono molti diverse, e questo grazie a campagne a livello regionale per favorire la cultura della vaccinazione contro il papilloma virus. La vaccinazione per HPV è offerta infatti gratuitamente alle ragazze nel dodicesimo anno di vita in tutte le regioni italiane a partire dal 2007-2008, il che significa dalle ragazze nate dal 1996 in poi. L’HPV però non ha a che vedere solo con la vita delle donne. A partire dal 2014 infatti, la Regione Veneto e la Regione Puglia hanno esteso l’offerta gratuita anche ai maschi nel dodicesimo anno di vita.

I numeri più aggiornati li fornisce l’Istituto Superiore di Sanità che racconta, a 7 anni di distanza, i dati delle vaccinate regione per regione. I dati mostrano le discrepanze fra le giovani a cui è stata somministrata solo la prima dose e coloro che hanno completato il ciclo. L’obiettivo dell’intesa del 2007 era raggiungere una copertura almeno uguale al 95% delle dodicenni con un ciclo completo di vaccino entro i cinque anni dall’inizio del programma. Un obiettivo mancato, dal momento che ad oggi la copertura si attesta in media intorno al 70%, anche se le differenze regionali sono copiose.
Disuguaglianze che sembrano contrastare, si legge nel documento che accompagna i dati, con la necessità di garantire l’accesso ai vaccini in modo uniforme a tutta la popolazione italiana. “Tuttavia, sebbene siano presenti delle difformità geografiche di adesione al programma organizzato – conclude Mariani – la copertura nazionale del 70% è comunque da leggersi come un risultato complessivamente positivo poiché è in linea con quanto riportato nei più efficaci programmi mondiali di vaccinazione HPV.”

https://infogr.am/os-49919086292324

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Ed Uthman, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.