SCOPERTE

Biofilm e antibiotici: non è un effetto collaterale

I batteri producono antibiotici per lo stesso motivo per il quale noi li amiamo: uccidono altri batteri. Ma a quanto pare ne sappiamo meno di quanto pensassimo

14200527505_7c25db2ce9_zSCOPERTE – Quante volte ci è capitato di pensare, quando stavamo male, “ora prendo un antibiotico e passa tutto”? La maggior parte delle persone ne ha preso almeno uno per contrastare un’infezione batterica, ma secondo i ricercatori è proprio la nostra attitudine, quella di considerare gli antibiotici delle macchine perfette a tutela della nostra salute, che deve cambiare. A partire dal comprendere fino in fondo perché i batteri li producono.

Il team di Elizabeth Shank della University of North Carolina at Chapel Hill e della University of San Diego, La Jolla, ha approfondito nella ricerca un aspetto preciso degli antibiotici: la produzione di biofilm. “Abbiamo pensato a lungo che i batteri producessero antibiotici per la stessa ragione per la quale noi li amiamo. Perché uccidono altri batteri”, spiega Shank, che ha pubblicato il suo studio con i colleghi su Proceedings of the National Academy of Sciences. “Tuttavia sapevamo anche che gli antibiotici portano con sé alcuni fastidiosi effetti collaterali, come lo stimolare la formazione di biofilm”. Ovvero comunità di batteri che vivono su una superficie (se vi trovate nello studio di un dentista, biofilm è sinonimo di placca).

Ma i biofilm si trovano in realtà più o meno ovunque e possono anche avere effetti benefici, ad esempio proteggere le radici delle piante dai patogeni. Al contrario sono dannosi e possono veicolare malattie se si formano sui cateteri o sulla strumentazione usata in ospedale per nutrire i pazienti per via endovenosa. Ma il biofilm, spesso considerato solo un effetto collaterale, potrebbe non essere tale: secondo i ricercatori i batteri potrebbero essersi evoluti per produrre antibiotici proprio nell’ottica di produrre poi biofilm, e non solo per sfruttare il loro effetto su altri batteri.

“Non è mai stata una cosa inattesa che molti batteri formino un biofilm come risposta agli antibiotici: li aiuta a sopravvivere a un attacco. Ma abbiamo sempre pensato che si trattasse di una risposta allo stress, una sorta di effetto collaterale degli antibiotici. Le nostre scoperte indicano che non è così: abbiamo individuato un antibiotico che attiva la formazione di biofilm in modo altamente specifico, e lo fa in un modo che non ha nulla a che vedere con la sua capacità di uccidere”, spiega Shank.

In passato il team della scienziata aveva già osservato che il batterio del suolo Bacillus cereus, secernendo un particolare segnale, può portare il batterio Bacillus subtilis (presente nel suolo ma anche nel nostro tratto gastrointestinale), a formare biofilm. Tramite tecniche di spettrometria di massa i ricercatori hanno identificato il segnale come tiocillina, un tipo di antibiotico prodotto da svariati batteri.

Quando Shank ha inibito l’attività antibiotica della tiocillina, si è resa conto che la formazione di biofilm non era stata compromessa in alcun modo. “Questo suggerisce che gli antibiotici possano indurre la formazione di biofilm in altri batteri in modo indipendente, e che queste attività possano funzionare attraverso specifici percorsi di segnalazione”. Queste scoperte faranno sì che l’attività degli antibiotici vada approfondita più di quanto fatto finora, anche e soprattutto per scoprire se quelli che usiamo a scopo terapeutico possono indurre la formazione di biofilm in modo specifico. E quali sono le conseguenze per la nostra salute.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Global Panirama, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".