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Zona 5: Lessinia. Il ritorno del lupo in Trentino

Come succede con gli orsi, anche per i lupi sono necessarie operazioni di monitoraggio. Abbiamo trascorso una giornata con chi se ne occupa, nell'attesa della terza cucciolata trentina

AMBIENTE – C’è una fitta nebbia e nevica. Non potevo aspettarmi atmosfera più adatta per la mia prima visita sull’Altopiano della Lessinia, il territorio del lupo. Questo privilegiato terrazzo di 150 chilometri quadrati condiviso fra Trentino e Veneto, a picco sulla Valle dell’ Adige, è il sito scelto dal lupo, dopo oltre 100 anni di assenza, per il suo ritorno stabile. La prima orma è del 2011. Appartiene alla piemontese Giulietta, seguita a breve dall’intraprendente Slavc, maschio, arrivato qui dalla Slovenia nel 2012, dopo un sorprendente viaggio di oltre 1000 km attraverso le Alpi. Sotto gli occhi ammirati dei ricercatori sloveni – l’avevano radiocollarato nel 2011- e superando ogni sorta di ostacolo, ha trovato Giulietta e si è fermato. Due cuccioli il primo anno. Sette il secondo! Oggi, aspettando la terza cucciolata, che sarà accompagnata dalla prima dispersione del branco, si stima che i lupi della Lessinia siano fra 5 e 8, ma in questi due anni si è toccato il picco di 11.

“Non è facile fare una stima precisa del numero” mi dice Tommaso Borghetti, l’agente forestale della Provincia di Trento, sezione di Ala, che seguirò nella giornata di monitoraggio. “Abbiamo 6 fototrappole sul territorio, davanti alle quali i lupi si presentano sempre in numero differente, soprattutto ora che il gruppo è disperso e la coppia alfa è separata per l’accoppiamento; è difficile capire se qualcuno è morto o si è spostato”.

Non ci sono individui radiocollarati, per ora, “si fa principalmente per ricerca” mi dice Claudio Groff, responsabile dei grandi carnivori per il servizio Foreste e Fauna della Provincia di Trento, cui è affidata la gestione del lupo. Nonostante la sua presenza sia stabile da poco, il lupo non ha certo perso tempo per farsi notare, qui in Lessinia: “Più di 50 predazioni su animali da pascolo nel 2014” fra Veneto e Trentino. Niente di strano, asini, pecore, capre fanno parte della dieta di questo efficace predatore quanto i caprioli. Almeno da quando c’è l’uomo e i suoi allevamenti. La differenza oggi, in questa parte di mondo, è che il lupo lo si era dimenticato, motivo per cui, ora l’attenzione è focalizzata quasi esclusivamente sullo sviluppo di misure di gestione efficaci, piuttosto che sulla ricerca.

Il territorio è monitorato in maniera sistematica e costante per capire quanti e dove sono i lupi. E’ responsabilità degli Agenti forestali, che sul territorio trentino sono più di 200. Questa mattina sono qui per seguirli lungo uno dei 9 transetti tracciati ad hoc: 3 in Trentino, 6 in Veneto. Ogni tre settimane, durante la stagione invernale, gli agenti delle due regioni li percorrono alla stessa ora, per fare una “fotografia” il più accurata possibile della presenza e del numero di individui del branco. Seguono le tracce, documentano impronte e predazioni, campionano resti organici destinati all’analisi genetica. Ci avviamo con le “ciaspole” ai piedi, in uno spettacolare paesaggio di colli innevati.

“Il monitoraggio sistematico che stiamo facendo fa parte del grande progetto di Conservazione Life WolfAlps” mi spiega Tommaso “progetto europeo dedicato alla conservazione del lupo, che coinvolge le diverse regioni dell’arco alpino interessate dalla sua presenza”. Sono 7 le aree di intervento del Life WolfAlps: Alpi Cozie, Marittime, Orientali e Centrali, Dolomiti, Ossola Val Grande e la Lessinia: la numero 5. “Non si tratta di un progetto di reintroduzione” sottolinea Carlo Maiolini project manager della parte di comunicazione del progetto, curata dal Muse, ma di un progetto condiviso che mira a facilitare, nel miglior modo possibile, la coabitazione del territorio da parte delle specie uomo e lupo, una questione delicata. Se per alcuni, infatti, come Paolo Pedrini, responsabile del Life WolfAlps per il Muse, il progetto rappresenta il positivo riconoscimento di anni di lavoro di conservazione e tutela, il raggiungimento di una qualità ambientale elevata, di cui il lupo è il “marchio”, per altri che in montagna ci lavorano, è unicamente un inopportuno problema in più. Favorire la convivenza richiede quindi un’azione informativa forte e mirata e un’altrettanto efficace elaborazione di strategie di prevenzione e tutela specifiche per questo territorio. Entrambi obiettivi del Life WolfAlps.

Il progetto favorisce la condivisione di esperienza e competenze fra zone come il Trentino, dove  il lupo sta tornando, e altre come le Alpi Dinariche, gli Appennini e le Alpi centro orientali, dove invece è stabile da tempo, aumentando così il bacino di conoscenze cui attingere per le decisioni. “Per il Trentino i principali esempi sono la Slovenia e il Piemonte con cui”, dice Claudio Groff , “la collaborazione è attiva ormai da molto tempo”. Fra le misure che sono state adottate efficacemente nelle altre regioni c’è l’utilizzo di cani, recinti elettrici, e una costante presenza di pastori sul territorio oltreché la gestione attenta, giorno e notte, del bestiame. Misure cui anche il Trentino si sta adeguando.

Un secondo agente forestale, Valter Calvetti della sezione di Tione, è qui questa mattina per seguire il monitoraggio. E’ la quarta volta, lo fa per formazione, mi dice. E’ uno specialista dell’orso, ma dallo scorso anno anche nel suo territorio le fototrappole hanno immortalato un’iniziale presenza di lupo. Solo, per ora, ma che con la dispersione di quest’anno avrà buona probabilità di trovare compagnia. Chi è abituato a riconoscere le tracce di presenza e a gestire l’orso, prevedendo che i territori occupati dai lupi aumenteranno nei prossimi anni, si prepara al ritorno. I branchi sono costituiti da gruppi familiari, ognuno dei quali occupa un territorio di circa 200/300 chilometri quadrati. Quest’anno la famiglia della Lessinia si disperderà e i cuccioli degli anni passati, ormai cresciuti, colonizzeranno nuovi territori. Quindi una famiglia per territorio, significa all’incirca 4/5 lupi (media italiana) per circa 200 km quadrati. Questo è il limite.

Escluse dalle opzioni del mondo biologico, le foreste “brulicanti di lupi” rimangono quindi solo una lugubre fantasia.

“Li distingui in parte dal comportamento: si muovono in gruppi, camminano generalmente uno dietro all’altro calpestando le impronte di chi li precede, tanto che la pista sembra tracciata da un animale solo. E’ dritta, non come quella di cani o volpi, i lupi sanno esattamente dove stanno andando e a cosa stanno puntando. Hanno tutti la stessa dimensione, a sei mesi non distingui più quasi un cucciolo da un adulto. Hanno una coda piuttosto corta, con la punta nera, come nere sono le fasce che hanno sulle zampe e una “mascherina” bianca sul muso”. Tommaso li ha visti più volte anche se mai da vicino. Inevitabilmente gli chiedo “C’è rischio per l’uomo?” ma anche lui, come già Claudio Groff e Carlo Maiolini, mi rassicura senza alcun dubbio: “Negli ultimi 200 anni di storia non è stato documentato in Europa nemmeno un caso di attacco di lupo su uomo, è talmente timido e schivo che è quasi impossibile anche solo da intravedere, purtroppo”.  Ma valeva la pena di chiedere, come sempre il sapere evita il temere.

Percorriamo all’incirca 15 chilometri, passando spesso vicino al confine col Veneto, oltre il quale l‘altopiano diventa Parco Naturale Regionale della Lessinia. Abbiamo trovato una traccia e alcuni resti organici che Tommaso ha campionato secondo il protocollo europeo. Nonostante l’evidente traffico documentato dalla neve, nessun animale si è fatto vedere. Sono comunque sicura che la nostra presenza non sia passata inosservata e questo dà una profonda e particolare sensazione. Condividere i sentieri dei lupi riporta in una sorta di equilibrio lucido, che solo una volta recuperato, si sente di aver perso… molto tempo fa.

Presenza capillare sul territorio, monitoraggio, formazione del personale, comunicazione e condivisione delle informazioni. Questi sono gli strumenti con cui il Trentino si prepara al ritorno del lupo. La sua lunga assenza dal territorio, l’evoluzione e i cambiamenti avvenuti in montagna ad opera dell’uomo, durante gli anni di lontananza, e le attuali conoscenze biologiche e gestionali, potrebbero fare della volontà consapevole di condividere il territorio con il lupo, una presa di posizione completamente nuova, forse la prima nel suo genere nella storia delle Alpi.

Intervista a Carlo Maiolini e Paolo Pedrini

Intervista a Claudio Groff

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Anna Sustersic
Mi occupo di comunicazione scientifica legata principalmente a temi di conservazione della natura e attualmente collaboro in Tanzania con PAMS Foundation sviluppando un progetto dedicato all’uso della comunicazione per la promozione della coesistenza fra uomo a fauna selvatica. Dopo il dottorato in Scienze ambientali, ho ho conseguito un master in comunicazione della scienza presso la SISSA di Trieste con una tesi sulla sensibilizzazione dei giovani alle tematiche scientifiche. Ho lavorato come educatore ambientale presso diverse aree protette. Successivamente mi sono interessata alla scrittura come mezzo per la divulgazione scientifica legata a temi naturalistici/conservazionistici. In quest’ambito sono stata collaboratrice e consulente presso musei scientifici, testate giornalistiche nazionali e internazionali, aree protette, case editrici scolastiche e Istituzioni trattando temi legati alla natura e alla sua tutela. Ho scritto diversi libri e guide per sensibilizzare e divulgare temi legati all’ambiente e la sua tutela: "L’anima Perduta delle Montagne" (Idea Montagna – 2019) e, con Filippo Zibordi, "Sulla Via dell’orso. Un racconto Trentino di uomini e natura" (Idea Montagna, 2016) e "Parco Adamello Brenta – Geopark" (PNAB – 2018).