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Sentire le voci non significa pazzia

Secondo una ricerca americana sentire le voci è un fenomeno molto complesso e non riguarda solo i malati psichiatrici

sentire le voci

 Nota della redazione, febbraio 2018: questo articolo del 2015 è ancora tra i più letti della nostra rivista. Segnaliamo che ci siamo occupati del tema più di recente: una persona su quattro tra chi ha allucinazioni uditive non soffre di alcun disturbo psichiatrico ed esiste un test per capire chi ha bisogno di aiuto e chi no. Qui per leggere l’articolo

RICERCA – Sentire le voci non significa pazzia. Ad affermarlo è una nuova ricerca pubblicata su una delle riviste mediche più prestigiose, The Lancet Psychiatry, condotta dalle università di Durham e Stanford.

Sentire le voci nella testa non è necessariamente il primo sintomo di pazzia, come si è sempre pensato, ma per diverse ragioni può interessare anche persone non affette da patologie psichiatriche. Si stima che tra il cinque e il 15% degli adulti sperimenterà allucinazioni uditive durante la vita. Sentire le voci è un fenomeno molto complesso, a seconda della persona che vive l’esperienza. Le voci possono essere diverse: di bambino, di anziano, felici, tristi, spaventose, rassicuranti.

È la storia di Rachel Waddingham, di mestiere consulente. A un certo punto Rachel comincia a sentire le voci e ha delle visioni che non si spiega. Non le è stata diagnosticata alcuna malattia. “Ho sentito circa 13 voci diverse, o giù di lì” racconta.

“Ognuno di loro è diverso, alcuni hanno un nome, hanno età diverse e caratteri molto differenti. Certi sono molto arrabbiati e violenti, altri sono spaventati e altri ancora maliziosi. A volte sento una bambina molto spaventata e quando lei ha paura mi capita di percepire io stessa del dolore corporeo. In generale ho capito con il tempo che posso dare un senso e far fronte alle mie voci, non mi sento più terrorizzata da loro, anche se alcuni ancora oggi mi dicono cose molto spaventose”.

Quella di Rachel non è l’unica storia raccontata da chi ha fatto diretta esperienza di questo fenomeno. Il team americano ha sottoposto un questionario a un campione di 153 persone, molte con malattia psichiatrica diagnosticata, incentrato sulla descrizione delle esperienze. Gli intervistati erano liberi di rispondere con parole proprie, di narrarsi. Ciò che è emerso è stato a tratti inaspettato: l’81% degli intervistati ha raccontato non solo di sentire le voci ma di sentirne diverse. Il 70% ha addirittura individuato in queste voci delle qualità caratteriali differenti.

Non solo udito: sentire le voci coinvolge più sensi

Meno della metà dei partecipanti ha parlato di un’esperienza solo uditiva. Al contrario, sentire le voci sembra per molti qualcosa di ben più complesso e coinvolge altri sensi. Il 66% degli intervistati ha percezioni corporee come sensazione di caldo o formicolio alle mani e ai piedi. Sentire voci non è poi una questione di sole emozioni negative. Il 31% dei partecipanti, uno su tre, dichiara di provare anche emozioni positive durante l’esperienza.

Secondo gli scienziati la scoperta mette in discussione l’opinione che sentire le voci sia sempre un fenomeno unicamente acustico. Può avere implicazioni per futuri studi nel campo delle neuroscienze, riguardo a ciò che accade nel cervello di una persona quando ha la sensazione di sentire le voci.

Per la maggior parte delle persone sentire le voci non è un’esperienza felice. Per questo sarà importante  lavorare anche su terapie diversificate, in grado di cogliere la complessità. Gli approcci attuali comprendono farmaci, terapie cognitivo comportamentali, tecniche di dialogo con le voci e varie forme di terapia e auto-aiuto.

“Questi dati suggeriscono anche che abbiamo bisogno di pensare molto più attentamente alla distinzione tra percezioni immaginarie, come il suono, e percezione” afferma Nev Jones, coautore dello studio.

“Anche se nella nostra società le persone che raccontano di sentire le voci sono spesso viste come ‘matti'”, conclude Rachel, protagonista del caso di studio “io credo che le cose stiano cambiando. Trovo che molte persone siano sempre più interessate ad approfondire la questione. Tanti mi hanno raccontato le esperienze che hanno avuto, durante l’infanzia o in età adulta, ed è come se parlando di voci stessimo iniziando piano piano a de-stigmatizzare l’esperienza. Finché noi interpretiamo il sentire le voci come segno tangibile di malattia psichiatrica, non ha molto senso per esplorare davvero il vissuto di una persona. A me invece piacerebbe vivere in un mondo in cui siamo curiosi di sapere gli uni degli altri e a cercare di capire piuttosto che patologizzare.”

@CristinaDaRold

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagine: Marco Castellani, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.