WHAAAT?

Smartphone, il nemico della palestra

Quando vi allenate, lasciate il telefono nell'armadietto. Mandare messaggi o telefonare renderà l'attività fisica meno efficace, anche se il tempo sembra passare più veloce

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WHAAAT? Il venerdì casual della scienza – Se per passare il tempo quando vi allenate sul tapis roulant vi affidate allo smartphone (e volete continuare a farlo) forse dovreste smettere di leggere ora. Perché che si tratti di scrivere su Whatsapp o fare quella telefonata che rimandavate da un po’, gingillarsi con il cellulare vi porta a ridurre l’intensità dell’allenamento, anche se vi pare che il tempo passi più rapidamente e sia più facile fare sport. Intanto l’efficacia di quell’ora di palestra cala, mentre voi scrivete messaggi e non ve ne accorgete, dicono i ricercatori del Kent State College of Education.

Quarantaquattro studenti coinvolti nello studio, pubblicato da poco su PLoS ONE, sono stati monitorati mentre facevano 30 minuti di allenamento sul tapis roulant in sessioni separate. Gli scienziati hanno raccolto i dati e controllato gli effetti dell’utilizzo dello smartphone (usato per tre differenti attività: ascoltare musica, parlare o mandare messaggi) sull’attività fisica, confrontando l’allenamento con il cellulare in mano con quello praticato senza “distrazioni” di alcun tipo. Per entrambe le tipologie prendevano nota della velocità con cui gli studenti camminavano o correvano, la frequenza del battito e se si divertivano nell’allenamento.

Siete curiosi di sapere cosa hanno scoperto, per ottimizzare la prossima ora di palestra? Ebbene: chi ascoltava la musica andava più veloce, aveva frequenza cardiaca maggiore e si divertiva pure. Chi parlava al telefono pure si divertiva, ma la frequenza cardiaca restava stabile durante la chiamata e difficilmente la corsa era fatta a velocità sostenuta o alta. Ancora più neutro (anzi deleterio) il mandare messaggi: praticamente nessun effetto sul divertimento nel fare esercizio, ma ridotte velocità e frequenza cardiaca.

“Sembra che ascoltare musica e, anche se meno a lungo, parlare al telefono, possa avere dei benefici nel senso che aiuta ad aumentare la durata e la frequenza dell’allenamento, perché ci si diverte mentre lo si fa”, spiega Andrew Lepp, co-autore dello studio. “Ma se l’occasione di fare attività fisica è limitata nel tempo, allora la cosa migliore sarebbe evitare proprio di parlare al cellulare”. E considerato che spesso ci si lamenta di non avere il tempo per fare sport, probabilmente la decisione migliore è  – quando lo si trova durante la giornata – di dedicarvisi al 100% senza distrazioni.

Ma che fare se l’unico modo in cui riuscite ad affrontare la corsa e la camminata veloce è ascoltare Lady Gaga e Nicky Minaj (oppure Ozzy Osbourne o i Kiss)? Semplice. Mettete la musica su un lettore mp3, o comunque un dispositivo che non possa essere usato per altro se non pigiare un tasto per cambiare canzone.

Tempo fa, in un altro studio, lo stesso gruppo guidato da Jacob E. Barkley aveva trovato una corrispondenza negativa tra l’utilizzo dello smartphone e il fitness cardiorespiratorio, ovvero la capacità dei polmoni e del cuore di fornire ai muscoli al lavoro sangue adeguatamente ossigenato. Una capacità che, quando è povera, veicola i fattori di rischio di problemi cardiovascolari come il colesterolo alto e l’elevata pressione sanguigna. E proprio da quella scoperta è nata la curiosità di capire quale fosse l’effetto dello smartphone sulle attività che la nostra salute la aiutano. Come lo sport, fondamentale sia per mantenere uno stile di vita sano che per affrontare meglio terapie e quotidianità quando si convive con una patologia come HIV o tumori.

@Eleonoraseeing

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Chris, Flickr

 

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".