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Tutti i modi per interagire con le macchine

Una (brevissima) guida ragionata per orientarsi nel mondo della biomeccatronica

TECNOLOGIA – È di questi giorni la notizia di un uomo, paralizzato più di dieci anni fa in seguito a un colpo di arma da fuoco, che ha riacquistato la capacità di stringere la mano altrui, di reggere nuovamente un boccale di birra e addirittura giocare a morra cinese, con l’ausilio di un braccio robotico controllato direttamente dalla sua “volontà”, impiantato da un team di medici ed ingegneri della University of Southern California.

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E, in effetti, sempre più di frequente capita ormai di imbattersi in notizie simili, che descrivono analoghi, spesso impressionanti, traguardi tecnico-scientifici raggiunti nell’ambito della biomeccatronica, la disciplina che studia l’interazione tra organismi viventi e sistemi o componenti artificiali.

Viene naturale chiedersi quali siano, più in generale, le modalità in cui questa interazione tra esseri viventi e macchine si può declinare. Ebbene, se ne possono distinguere, con una semplificazione un po’ netta, ma efficace, almeno quattro (la nomenclatura è non accademica, quindi abbiate pazienza se, cercando altre fonti, troverete ben poco): “Interazione debole“: si tratta della  modalità assai comune, e sperimentata quotidianamente da ognuno di noi, per la quale esseri viventi e macchine non sono “integrati” tra di loro, ma, molto più semplicemente, la macchina dispone di un pannello operatore, detto “interfaccia uomo-macchina” (human machine interface – HMI), attraverso il quale un utilizzatore umano può programmarla o impartirle dei comandi. Alcuni esempi? Il cellulare che state utilizzando per leggere questa rivista. Oppure una macchina escavatrice, che grazie all’elevata potenza della sua circuiteria elettro-idraulica, consente all’operatore che la manovra di svolgere compiti gravosissimi, con la sola pressione di un insieme di leve e comandi. Probabilmente vi rassicurerà sapere che questa è esattamente il tipo di interazione che sperimentate anche quando guidate la vostra auto. Ed è decisamente un bene che, almeno per ora, alla suddetta vettura non salti in mente di  invertire i ruoli con voi.

Passiamo alla cosiddetta “Interazione forte“: in questo caso, essere vivente e sistema artificiale interagiscono in modo molto più complesso; nelle applicazioni più evolute, come quella citata in precedenza, un sofisticato sistema di misura ed elaborazione di segnali neurali, catturati con elettrodi setaccio, viene utilizzato per pilotare un arto robotico, azionato dalla volontà dell’umano che lo ospita. Un bel vantaggio se il vostro braccio destro non funziona più. Un po’ meno vantaggioso sarebbe trovarsi di fronte un cyborg con una forza decuplicata grazie a simili arti robotici. A meno che non siate Spiderman, lo trovereste assai meno affascinante. Ebbene, si tratta di una prospettiva tutt’altro che remota, considerando gli investimenti massicci che, in tal senso, il governo americano sta stanziando nell’ultimo quinquiennio. Rilassatevi, però, il peggio deve ancora venire.

Nella cosiddetta “interazione profonda“, infatti, oltre a quanto previsto dalla precedente interazione forte, si assume che non solo gli arti, o altri organi, di un essere umano siano sostituiti da analoghi componenti artificiali, ma che le unità di elaborazione elettroniche impiantate nell’essere umano, e utilizzate per catturarne la volontà, siano anche in grado di dialogare con altre unità di elaborazione dedicate a compiti speciali. Un esempio? Il traduttore simultaneo. Ognuno di noi lo può utilizzare per ottenere una rapida traduzione in una qualsivoglia lingua. Il passo sarebbe abbastanza breve, se ci pensate: basterebbe utilizzare le modalità già descritte dell’ interazione forte per pilotare non un arto, ma un altro dispositivo che effettui una traduzione nella lingua desiderata.

Riflettendoci per un attimo, questa prospettiva potrebbe apparire molto meno allettante di quanto sembri inizialmente: in questo modo, in effetti, tutto l’arricchimento che consegue dall’apprendimento di una lingua, o di una materia letteraria o scientifica, verrebbe drasticamente meno, e il ruolo dell’essere umano potrebbe ridursi a quello di mero “operatore zombie”. Tanto, tutto sarebbe svolto da unità ausiliarie super specializzate. Quindi, un consiglio per gli studenti di matematica di ogni ordine e grado: non festeggiate troppo all’eventuale avvento di un sistema del genere, che possa svolgere gli esercizi di calcolo al vostro posto. Vi andrà bene finchè non vorrà prendere il vostro posto in tutto, anche con i vostri partner e fidanzati. Fantascienza? Leggete un po’ più avanti.

Concludiamo questa rapida carrellata con una modalità che potrebbe definirsi “interazione paritaria“. Come intuirete facilmente, in questo caso l’essere umano non ha più il ruolo che lo caratterizzava nelle precedenti tre modalità, ossia quello del “master”; stavolta, infatti, si assume che il progresso tecnologico nello sviluppo di agenti artificiali abbia raggiunto un livello a tal punto sofisticato da consentire la creazione di automi senzienti, dotati cioè di coscienza e volontà proprie. Vi sembra una prospettiva molto remota? In questo caso, leggete un po’ che cosa scriveva un signore di nome Ray Kurzweil nel suo saggio “La singolarità è vicina” (2005):

La cosiddetta Singolarità denota un evento che avrà lungo nel mondo materiale, l’inevitabile passo successivo nel processo che è iniziato con l’evoluzione biologica ed è stato esteso attraverso il progresso tecnologico guidato dall’uomo.

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Detto in soldoni, la “singolarità tecnologica” a cui Kurzweil si riferisce null’altro è se non l’eventualità (da lui considerata ineluttabile e molto, molto vicina nel tempo) in cui un essere artificiale supererà le facoltà intellettive del suo creatore, ossia l’uomo. Ivi incluse la coscienza, la creatività. E, perchè no, la libertà.  Se vi sembra di avere appena letto le parole di un pazzo visionario, forse sarete sorpresi di apprendere che questo signore, Ray Kurzweil, è stato da qualche anno messo a capo della divisione ricerca e sviluppo sull’intelligenza artificiale di un’azienda che sicuramente conoscerete, che ha staccato a suo favore un assegno in bianco per la sua prestazione d’opera intellettuale, considerata straordinariamente unica. Di quale azienda parliamo? Andiamo, dopo tutte queste chiacchiere sulle interazioni uomo-macchina avete tutti i mezzi per scoprirlo da soli. Un aiutino? Provate a cercare “Google” con Google.

Leggi anche: Tecnologie contro la paura di parlare in pubblico

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Pixabay

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Gianpiero Negri
Laureato in Ingegneria Elettronica, un master CNR in meccatronica e robotica e uno in sicurezza funzionale di macchine industriali. Si occupa di ricerca, sviluppo e innovazione di funzioni meccatroniche di sicurezza presso una grande multinazionale del settore automotive. Membro di comitati scientifici (SPS Italia) e di commissioni tecniche ISO, è esperto scientifico del MIUR e della European Commission e revisore di riviste scientifiche internazionali (IEEE Computer society). Sta seguendo attualmente un corso dottorato in matematica e fisica applicata. Appassionato di scienza, tecnologia, in particolare meccatronica, robotica, intelligenza artificiale e matematica applicata, letteratura, cinema e divulgazione scientifica, scrive per Oggiscienza dal 2015.