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Primo test per la vela solare Lightsail

La no-profit Planetary Society celebra il successo del volo dimostrativo di Lightsail, la vela solare finanziata direttamente dai cittadini

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FUTURO – Ora la Terra è la nostra unica casa, ma non è detto che lo sarà per sempre. Ne era convinto, tra gli altri, l’astronomo e divulgatore Carl Sagan, che nel 1980 fondò The Planetary Society, una no-profit dedicata all’avanzamento dell’esplorazione spaziale. Trentacinque anni dopo l’eredità di Sagan è più viva che mai e l’associazione ha celebrato il successo del primo test sulla sua vela solareLightsail.

Una vela solare è un sistema di propulsione che permette di sfruttare la pressione di radiazione della luce solare. Quando la luce incontra la superficie di un oggetto, gli imprime una piccolissima spinta e nello spazio, in assenza di attrito, questo fenomeno determina una piccola ma continua accelerazione.

Lo sanno bene i costruttori di sonde aerospaziali, che in base alla pressione esercitata dalla radiazione solare devono correggere la traiettoria dei velivoli, che altrimenti dopo mesi o anni di viaggio finirebbero lontani dal loro obiettivo.

Se potessimo avere a disposizione una vela abbastanza ampia e leggera, potremmo quindi sfruttare la luce delle stelle per spostare sonde e astronavi senza consumare combustibile e raggiungendo, con un po’ di pazienza, elevatissime velocità. La teoria è solida, ma purtroppo costruire una vela solare non è affatto facile: a oggi solo la sonda giapponese IKAROS, lanciata nel 2010, ha dimostrato che non si tratta (solo) di fantascienza.

Chi ha sempre creduto nello sviluppo delle vele solari è stata la Planetary Society, che ha investito moltissimo per passare dal sogno alla realtà. Purtroppo nel 2005 Cosmos-1, il primo tentativo dell’associazione di mettere in orbita una vela solare, è fallito a causa di un malfunzionamento del razzo vettore, ma 10 anni dopo è pronta a riprovarci.

Lo scorso 20 maggio il prototipo Lightsail-A, è partito da Cape Canaveral a bordo della navicella NASA X-37B. Lightsail-A, come gli altri strumenti sperimentali del carico, erano “impacchettati” nei Cubesat, economiche unità modulari (cubi di 10 cm di lato) sempre più utilizzate nel settore aerospaziale.

L’obiettivo della missione, appena conclusa, è stato essenzialmente dimostrativo: Lightsail-A ha viaggiato in orbita bassa dove l’atmosfera, anche se molto rarefatta, è ancora presente e sufficiente a contrastare la piccolissima spinta impressa dai fotoni alla vela.

Alla fine il prototipo, nonostante diversi problemi di comunicazione, il 7 giugno ha finalmente dispiegato i 32 metri quadrati di sottilissimo Mylar (4.5 micron di spessore) che costituiscono la vela e ha poi inviato sulla Terra una sua fotografia.

In questo modo la Planetary Society ha gettato le basi per Lightsail-1, la missione che nel 2016 porterà una vela solare a 720 km dalla Terra, abbastanza in alto da evitare il freno dell’atmosfera e dimostrare (si spera) la funzionalità della sonda. 

Il costo stimato dell’intero programma Lightsail è di 5.45 milioni di dollari. Una inezia, se paragonati al budget delle missioni NASA o ESA, ma ogni centesimo speso proviene da donazioni volontarie. Nelle ultime settimane la campagna Kickstarter per Lightsail, presentata dal CEO della Planetary Society Bill Nye ( aka The Science Guy), ha rapidamente incassato più di 800.000 dollari.
Ma perché donare di tasca propria quando ci sono già le agenzie pubbliche?

L’astronomo e divulgatore Neil deGrasse Tyson, che ha appena riportato in TV la serie documentaristica Cosmos di Carl Sagan, spiega:

“Con la NASA si paga una tassa, poi quei soldi vanno a finanziare la NASA e qualcun altro decide quello che fa la NASA. Nella Planetary Society decidono i membri”

@RadioProzac

Leggi anche: Happy Carl Sagan Day!

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagini: Josh Spradling / The Planetary Society

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac