SALUTE

La medicina vola nello spazio

Un dispositivo grande come una sim sarà testato nelle prossime settimane sulla Stazione Spaziale Internazionale. Fondamentale il contributo italiano.

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SALUTE – Oggi, domenica 28 giugno, sarà lanciato da Cape Canaveral un esperimento diretto alla Stazione Spaziale Internazionale che vede coinvolti diversi italiani.*

L’obiettivo è quello di testare in microgravità alcuni dispositivi per il rilascio controllato di farmaci che sarebbero direttamente impiantabili sull’uomo. Il capo progetto è lo Huston Methodist Research Institute, che si occupa da 20 anni dello sviluppo di nanotecnologie applicate alla biomedicina. Il direttore del centro è l’italiano Mario Ferrari, mentre condirettore del dipartimento di Nanomedicina è il torinese Alessandro Grattoni.

Il progetto è possibile grazie a un grant del Casis (Center for Advancement of Science in Space), che ha permesso al team di Grattoni di pianificare l’esperimento.

Tra i partner completamente italiani del progetto c’è il Politecnico di Torino (con il Disat), che si è occupato della progettazione e della realizzazione dei dispositivi che saranno inviati nello spazio. Inoltre, i ricercatori torinesi hanno anche sviluppato un software che possa monitorare le particelle ed estrarne le caratteristiche principali.

I sistemi che sono già stati testati sulla Terra hanno una dimensione media di un paio di nanometri (un milione di volte più piccoli di un millimetro): “Si possono visualizzare solo con microscopi elettronici, ma non c’è la possibilità di vedere quando il principio attivo transita e che tipo di interazioni ha con le pareti dei nano pori e dei nanocanali” spiega Giancarlo Canavese del Disat. “Finora per poter creare un modello che descriva come il farmaco viene rilasciato e quali sono le caratteristiche che regolano questo rilascio si potevano compiere soltanto valutazioni a posteriori. Questo per l’assenza di strumenti idonei alla visualizzazione in loco, mentre la molecola transita”.

In questa situazione è difficile andare a stabilire quali siano i fattori principali che regolano questo trasporto. “Una soluzione per superare il problema è ingrandire il sistema. In questo modo, i canali sono visibili con un microscopio ottico. Il nodo in questo caso diventa la forza di gravità, che costituisce fonte di disturbo”. Ingrandendo di mille volte i dispositivi, infatti, il peso diventa una variabile non più trascurabile. Per questo i ricercatori hanno deciso di testare il sistema ingrandito (che per dimensioni e forma può ricordare una sim dei nostri cellulari) in microgravità, sulla Stazione Spaziale Internazionale.

 

 

I test veri e propri nello spazio inizieranno nel mese di luglio e il monitoraggio dei dispositivi durerà per 12 giorni. Le immagini acquisite saranno inviate nei laboratori di Houston in tempo reale per essere analizzate e confrontate con i dati degli esperimenti ottenuti sulla Terra. L’obiettivo finale dell’esperimento è infatti elaborare un modello che tenga conto dei fattori utili al trasporto di un farmaco all’interno dei nanodispositivi che potranno essere impiantati negli esseri umani.

Questi dispositivi potranno essere utilizzati da chi necessita di una somministrazione costante di farmaco per lunghi periodi (per esempio nel caso di patologie croniche o di chemioterapici), oppure in quelle condizioni in cui la persona non è in grado di assumere il farmaco da sola (per esempio nel caso di militari vittime di qualche imprevisto) e si può quindi attivare il rilascio dall’esterno, anche in remoto.

* Aggiornamento 28 luglio 2015: Ci sarebbe anche un esperimento con una forte presenza italiana, sul razzo Falcon 9 della SpaceX esploso oggi dopo appena 2 minuti e 19 secondi dal lancio. Il razzo avrebbe dovuto trasportare rifornimenti e alcuni esperimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Al momento, non sarebbero ancora chiare le cause dell’incidente avvenuto a appena 32 km dal suolo.

Leggi anche: La scienza della stazione spaziale

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: NASA Goddard Space Flight Center

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Michela Perrone
Appassionata di montagna e di tecnologia, scrivo soprattutto di medicina e salute. Curiosa dalla nascita, giornalista dal 2010, amo raccontare la realtà che mi circonda con articoli, video e foto. Freelance dentro e fuori, ho una laurea in Comunicazione e un master in Comunicazione della Scienza.