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Dal Chinino di Stato alla cannabis ecco cosa si produce allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze

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APPROFONDIMENTO – Manca ormai poco alla commercializzazione della prima partita di cannabis a uso terapeutico. Concluso il raccolto e impacchettato il materiale all’interno di flaconcini, allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze ormai si aspetta solo l’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

Tuttavia, se nelle ultime settimane si è parlato molto dello stabilimento proprio in considerazione della cannabis, nei 55.000 metri quadrati della sede fiorentina i militari producono anche altre sostanze di importanza strategica. Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare, infatti, si occupa della produzione di medicinali per l’esercito e la popolazione civile fin dalla sua nascita, datata 22 dicembre 1832.

Quel giorno era stato il re Carlo Alberto a mettere per iscritto in un “Regio Viglietto” l’esigenza di “ordinare, appena possibile, lo stabilimento di un Laboratorio Generale Chimico Farmaceutico”.

Inizialmente la sede del Deposito di Farmacia Militare si trovava in centro a Torino e ospitava anche un laboratorio chimico-farmaceutico, che, oltre a preparare tutti i medicinali e i materiali sanitari per l’esercito nazionale, si occupava della produzione del Chinino di Stato. Il chinino, un farmaco che si estrae dalla corteccia di un albero, fu introdotto in Europa dai gesuiti nel ‘600, e fu utilizzato con successo per contrastare malattie come la febbre bubbonica in Nigeria e la malaria in Italia.

Dopo la prima guerra mondiali lo stabilimento fu spostato a Firenze, in una sede ritenuta più moderna e funzionale, in una posizione favorevole per la distribuzione e la spedizione dei materiali. Nella sede fiorentina i militari hanno prodotto numerosi tipi di medicinali, materiali di medicatura, prodotti cosmetici e alimentari. Negli anni ’40 ci lavoravano più di 2.000 persone.

Dopo una pausa forzata durante la seconda guerra mondiale, i prodotti dello stabilimento hanno aiutato la popolazione durante le gravi calamità naturali, come l’alluvione di Firenze o i terremoti del Friuli e dell’Irpinia.

Anche ripercorrendo le tappe della storia più recente del nostro Paese, si vede come lo stabilimento abbia sempre giocato un ruolo importante nella produzione di farmaci per le emergenze nazionali. Come quando nel 1986 produsse 500.000 compresse di ioduro di potassio in meno di 24 ore: il farmaco serviva per combattere i danni alla tiroide provocati dalle radiazioni della nube di Chernobyl.

Un’altra importante attività che ha coinvolto lo Stabilimento è stata, nel 1998, la preparazione per conto del Ministero della Salute, di due dei principali farmaci della terapia Di Bella: la soluzione ai retinoidi, e le compresse di melatonina (queste sperimentazioni, come si sa, non hanno poi fornito i risultati attesi).

Più di recente i ricercatori dello stabilimento hanno collaborato con il Ministero della Salute per la produzione del farmaco antivirale per contrastare l’influenza A/H1N1, meglio conosciuta con il nome di influenza suina.

Oggi i militari si fanno carico anche della produzione dei farmaci orfani, i medicinali che le case farmaceutiche non producono perché privi di interesse commerciale, nonostante la loro efficacia clinica. I farmaci orfani curano le malattie rare, patologie che interessano solo lo 0,05% della popolazione, per questo non è conveniente la loro produzione.

L’anno scorso, infine, è partito il progetto pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis. La cannabis partirà da Firenze per essere distribuita in tutto il territorio nazionale, per i pazienti affetti da patologie gravi e altamente invalidanti, come la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, il glaucoma e le malattie neoplastiche.

Quello che segue è un video interattivo che racconta la nostra visita allo stabilimento. Alla fine della breve introduzione si può scegliere quali interviste guardare e alla fine di ogni video compariranno di nuovo i menu con le scelte.

Di Viola Bachini e Michela Perrone

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Crediti immagine: Sailko, Wikimedia Commons

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Viola Bachini
Mi occupo di comunicazione della scienza e della tecnologia. Scrivo su giornali e riviste, collaboro con case editrici di libri scolastici e con istituti di ricerca per la comunicazione dei risultati al grande pubblico. Ho fatto parte del team che ha realizzato il documentario "Demal Te Niew", finanziato da un grant dello European Journalism Centre e pubblicato in italiano sull'Espresso (2016) e in spagnolo su El Pais (2017). Sono autrice del libro "Fake people - Storie di social bot e bugiardi digitali" (Codice - 2020).