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The Torture Papers – III

APPROFONDIMENTO – Se leggete OggiScienza dal 2010, saltate il riassunto delle puntate precedenti. Se siete fragili di stomaco, saltate questo articolo. Se siete uno degli ottomila membri stranieri – su 82 000  – dell’American Psychological Association (APA), per favore leggete almeno l’appello di Physicians for Human Rights (PHR). Se proseguite, scusate gli acronimi che cercano di abbreviare una brutta storia.

Dopo l’11 settembre 2001, il governo Bush ha iniziato una guerra al terrorismo che dura tuttora, autorizzando contro il nemico o presunto tale pratiche vietate da convenzioni internazionali, come la detenzione indefinita senza processo e la tortura. Nel 2003, PHR ha cominciato a denunciare la partecipazione di psichiatri, psicologi e psicanalisti dell’APA, in particolare dei membri del suo comitato esecutivo, alla progettazione e all’applicazione dei mezzi di tortura più efficaci a Guantánamo come in altre prigioni, segrete o meno, della CIA e del Pentagono, dopo che i medici militari avevano rifiutato di farlo. Nel 2010, PHR pubblicava The Torture Papers, l’anno scorso un giornalista del New York Times, il premio Pulitzer James Risen, ne usa i documenti nel libro Pay Any Price: Greed, Power, and Endless War. L’APA lo definiva “basato su insinuazioni” e annunciava di aver chiesto di controllarne le “allegazioni” a David Hoffman e colleghi del suo ufficio legale.

Il 2 luglio, Hoffman ha consegnato al comitato esecutivo un rapporto di 72 pagine – la sintesi esecutiva – e altre 460 di contesto storico, documenti, interviste e appendici.

Il 10 luglio, con calma, l’APA  ha emesso un comunicato in cui si scusa per “collusioni” che hanno “profondamente turbato” gli autori del rapporto, e per le proprie “manchevolezze organizzative”. Come nel 2006, dopo un’altra denuncia di PHR, promette “misure iniziali e azioni procedurali” per correggerle. Per ora consistono nel prepensionamento di quattro alti collusi, compreso il direttore per l’etica che ha annunciato querele. Tre sono proprietari di aziende che erano diventate “contraenti” della Difesa. Sono anche ringraziati per l’ottimo lavoro svolto, da membri di un comitato appena istituito per raccomandare i provvedimenti da adottare d’urgenza “alla luce delle risultanze dell’inchiesta”.

Il primo provvedimento forse era che nel riassumerle in un comunicato, l’APA le travisasse (sono a pp. 70-72 del rapporto), il sunto di PHR è più fedele:

Il rapporto Hoffman, basato su ampie interviste e la valutazione di documenti e mail interne, ha trovato prove schiacciati di attività criminali da parte del personale e dei dirigenti dell’APA, tra cui:

  • collusioni con il Dipartimento americano della Difesa, la CIA e altri elementi del governo Bush per consentire a psicologi di progettare, implementare e difendere il programma di torture dopo l’11 settembre;

  • lasciare scrivere a personale militare e dei servizi segreti le norme etiche dell’APA che regolamentava il loro ruolo nel programma di tortura per garantirsi una “copertura”;

  • una campagna coordinata per tenere segrete le collusioni e bloccare i tentativi interni all’APA di ostacolarle;

  • ostruzione e manipolazione delle inchieste etiche sugli psicologi coinvolti nel programma di tortura.

Le inchieste più ostacolate sono state quelle di Jean Maria Arrigo, poi raggiunta da Stephen Soldz e Steven Reisner, co-autori per PHR di “Experiments in Torture“. Entrambi riassumono gli abusi “procedurali” dei vertici dell’APA:

  • la decisione strategica di non vedere le prove crescenti di tortura e altri maltrattamenti nelle prigioni, omicidi compresi, e il coinvolgimento in esso di psicologi;

  • il rigetto e/o l’incapacità di indagare su denunce etiche gravi contro psicologi sospettati di aver partecipato agli interrogatori, e ripetute rassicurazioni sul fatto che invece sarebbero state indagate.

Queste collusioni erano accompagnate da

  • manipolazione sistematica delle procedure di governance dell’APA, sollecitazione attiva di opposizione ai critici del suo personale e in due occasioni perfino la registrazione di votazioni dichiarate falsamente “unanimi”;

  • dichiarazioni false che smentivano le collusioni, da parte di ogni membro del comitato esecutivo e di ogni presidente nello scorso decennio;

  • repressione dei critici a volte con attacchi personali pur davanti a prove schiaccianti, compresi  molteplici inchieste della stampa, del Congresso e di altri organi;

  • attacchi personali feroci contro il membro della task force PENS (quella incaricata di raccomandare riforme nel 2006, ndt) ed eroina nazionale Jean Maria Arrigo, prima a rivelare la collusione, attacchi in un caso disseminati ampiamente dal presidente dell’APA (…)

Soldz e Reisner ricordano il prezzo pagato da altri critici. Sono stati

  • estromessi dalle mailing list, dalle conferenze e dalle riviste gestite dalle associazioni nei diversi stati;
  • attaccati dal presidente dell’APA sulla rivista ufficiale Monitor on Psychology, in quanto “opportunisti mascherati da studiosi”;
  • registrati di nascosto da personale dell’APA staff mentre avevano conversazioni private con giornalisti:
  • minacciati di vedersi revocare l’accreditamento (…).

Con i dissidenti, i capi dell’APA si comportavano come Donald Rumsfeld e Dick Cheney, in cambio di contratti con la Difesa per sé e per i membri che non erano “turbati” dalle grande e piccole Abu Ghraib sparse per il mondo o dal fatto che dei 760 detenuti di Guantánamo uno solo sia stato processato da un tribunale (8 sono stati giudicati da una commissione militare speciale, ma 4 hanno fatto appello alla Corte Suprema che ne ha invalidato la condanna).

Per non parlare delle ricerche sull’inaffidabilità delle dichiarazioni estorte con la tortura…

Anche in Italia gli ordini professionali tendono più a difendere gli iscritti che a svelarne le malefatte, si pensi alle migliaia di medici e psicologi che somministrano lucrose “terapie” illegali, e a volte letali, in totale impunità. Negli Stati Uniti però, i vertici dell’APA hanno suscitato “eroi nazionali”. Molti sono volontari di Physicians for Human Rights e chiedono un procedimento giudiziario, non per vendicarsi dei torti subiti, ma perché il passato non si ripeta.

Finora il presidente Obama si è sempre opposto ed è improbabile che i nuovi Torture Papers gli facciano cambiare idea. E finora i vertici dell’APA sono sempre emersi indenni da collusioni in attività forse meno criminali, ma altrettanto redditizie.

Leggi anche: The Torture Papers – I; The Torture Papers – II

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