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La cannabis che fa bene

Può aiutare a trattare l'insonnia, le malattie autoimmuni, la SLA e il dolore neuropatico: le molte vie della sperimentazione sulla cannabis a uso terapeutico

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APPROFONDIMENTO – Mentre continua l’iter della proposta di legge per la legalizzazione della cannabis a uso ricreativo in Italia, presentata da 218 parlamentari, i ricercatori sembrano sempre più convinti della sua efficacia clinica.

È appena stata fondata la prima società italiana scientifica sul tema. Paolo Poli, primario dell’unità operativa complessa di Terapia del dolore all’azienda universitaria ospedaliera pisana, all’aggettivo “scientifica” ci tiene in modo particolare: “Vogliamo prendere le distanze da tutte quelle associazioni il cui scopo è la legalizzazione a scopo ricreativo. Per noi la cannabis è prima di tutto un farmaco”. Della Sirca (Società Italiana di Ricerca Scientifica sulla cannabis), oltre a Poli fanno parte altri medici, biologi, farmacisti e avvocati. L’obiettivo è creare gruppi di lavoro, in modo da studiare sia le piante sia i pazienti, senza tralasciare il complesso quadro normativo.

“Non sono mai stati fatti studi sistematici sulla cannabis come farmaco” racconta Poli, che a Pisa ha già utilizzato il Bedrocan, il farmaco con il principio attivo del Thc, nell’ambito di una sperimentazione su 600 pazienti. Questo farmaco è molto diverso dalla cannabis di strada, spiega il medico. “Si potrebbe dire che il Bedrocan sta alla cannabis di strada come l’asprina alla corteccia del salice”. Le proprietà dell’acido acetilsalicico, che deve il suo nome proprio dalla corteccia dell’albero da cui si estrae, erano note già 10.000 anni fa. Tuttavia oggi nessuno si sognerebbe di estrarre il principio attivo dal salice, perché esiste un farmaco, l’aspirina appunto, prodotto in sintesi.

Le differenze in termini di qualità tra la cannabis da strada e quella prodotta in un ambiente controllato e certificato come lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze sono enormi, specialmente dal punto di vista degli effetti collaterali. I preparati farmacologici, infatti, non danno le allucinazioni e gli altri effetti tipici che cerca invece chi ne fa un uso ludico.

La somministrazione del farmaco a base di cannabis avviene principalmente per via orale, attraverso un decotto. Ma del potenziale curativo ancora si sa poco e Poli ne parla come di un mondo tutto da esplorare “Esistono 350 tipi di piante e ancora non conosciamo neanche tutti i principi attivi”.

La legge nazionale sull’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico dice che i farmaci possono essere prescritti a discrezione del medico, teoricamente per qualsiasi patologia per cui la ritiene utile. Ogni regione, poi, ha legiferato in modo diverso. Così, mentre alcuni pazienti hanno accesso gratuito al trattamento, altri devono sborsare anche centinaia di euro ogni mese.

E in attesa del via libera da parte dell’AIFA al primo raccolto sperimentale fiorentino, l’Italia importa i farmaci dall’Olanda, che è l’unica autorizzata a produrli. “Vorrei spostare i pazienti che stanno facendo la cannabis olandese verso quella italiana, anche perché si pensa che i risultati saranno migliori, vista la qualità delle piante”. L’ostacolo per Poli saranno piuttosto le quantità prodotte dai militari italiani, che al momento non sono sufficienti per coprire tutta la sperimentazione.

Per quanto riguarda l’utilità clinica, Poli taglia corto: “Scordiamoci l’effetto analgesico, per quello ci sono gli oppioidi, che funzionano molto meglio”. Quali sono allora gli effetti terapeutici della cannabis? Il team pisano ha ottenuto risultati eccezionali su diversi tipi di pazienti. Nelle persone anziane il Bedrocan aiuta a dormire. “Molti anziani hanno avuto un immenso sollievo nel constatare che finalmente erano riuscite a dormire anche per 6-7 ore di seguito, come non facevano da tempo”, racconta Poli. Ma la cannabis può essere utilizzata anche in patologie più gravi, come nella spasticità, Sla o malattie del sistema nervoso periferico, dove riesce a ridurre in modo significativo i movimenti inconsulti delle gambe. Nelle malattie autoimmuni, come l’artrosi deformante, con la cannabis è possibile diminuire i dosaggi di cortisone. E ancora, fa aumentare l’appetito nei malati di cancro, oltre a ridurre o addirittura eliminare gli effetti collaterali delle chemioterapie, come nausea e vomito. Funziona anche per le cefalee e per quello che Poli chiama la “bestia nera”, il dolore neuropatico.

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Crediti immagine: Manuel, Flickr

 

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Viola Bachini
Mi occupo di comunicazione della scienza e della tecnologia. Scrivo su giornali e riviste, collaboro con case editrici di libri scolastici e con istituti di ricerca per la comunicazione dei risultati al grande pubblico. Ho fatto parte del team che ha realizzato il documentario "Demal Te Niew", finanziato da un grant dello European Journalism Centre e pubblicato in italiano sull'Espresso (2016) e in spagnolo su El Pais (2017). Sono autrice del libro "Fake people - Storie di social bot e bugiardi digitali" (Codice - 2020).