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Cancro, un nuovo metodo per individuare le cellule tumorali circolanti

Sviluppato da un gruppo di ricercatori in Friuli-Venezia Giulia come supporto al ciclo di cura oncologico

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RICERCA – Due delle maggiori difficoltà in medicina quando si parla di cancro sono capire in poco tempo se una terapia sta funzionando, e individuare in modo tempestivo un’eventuale recidività della malattia. In aggiunta, il problema spesso è che non riusciamo a carpire in tempo la presenza di metastasi, quando ancora sono troppo piccole, a causa dei limiti delle tecniche di imaging come TAC e PET.
La ricerca in questa direzione non manca, attraverso lo studio delle cellule tumorali circolanti, i “semi” delle future metastasi. Nonostante molti metodi stiano emergendo, c’è un solo strumento approvato per l’utilizzo clinico e si basa sull’utilizzo di anticorpi che riconoscono proteine espresse dalle cellule tumorali. Questo metodo ha diverse limitazioni, tra cui la ridotta sensibilità, l’alto costo e l’impossibilità di isolamento cellulare.

Un gruppo di ricercatori italiani ha messo a punto un nuovo metodo per l’individuazione di cellule tumorali, un approccio che si è rivelato più semplice ed economico di quelli proposti finora. “Abbiamo cominciato a studiare se fosse possibile individuare queste cellule in virtù delle loro differenze metaboliche, ma ci siamo resi conto che gli strumenti a nostra disposizione non erano adeguati”, spiega Fabio Del Ben, dottorando in nanotecnologie presso l’Università di Trieste. “Così, su suggerimento del nostro professore, Giacinto Scoles, abbiamo iniziato una collaborazione con un laboratorio di microfluidica esperto nella generazione di pico-gocce (gocce del volume nell’ordine dei picolitri). Abbiamo provato ad incapsulare le cellule nelle picogocce – prosegue Del Ben – e a misurare l’effetto dei prodotti di scarto generati dalla cellula all’interno di ogni goccia. In questo modo abbiamo ottenuto l’evidenza necessaria a dimostrare che l’idea era valida”.

Il metodo è nuovo, in fase di studio, non si tratta ancora di una prassi clinica, ma i risultati sembrano buoni, tanto che Del Ben e colleghi hanno fondato Cytofind Diagnostics, una startup con la missione di portare sul mercato questa tecnologia.

“Non si tratta di un filtro – precisa il collega Matteo Turetta – nel momento in cui emulsifichiamo la soluzione di sangue trattato, le cellule vengono inglobate tutte quante una a una in una goccia, sia che siano malate, sia che siano sane. Solo le cellule tumorali, però, ci daranno un segnale, grazie al quale possiamo contarle e isolarle a valle, facendole deviare ad un bivio”

Interessante a proposito di questa nuova metodologia è anche la possibilità di estenderla a tutti i diversi tipi di tumore, incluso quello polmonare, pressochè invisibile al gold standard attuale. Risultati preliminari su linee cellulari hanno infatti dimostrato la validità del metodo indipendentemente dalla natura del tumore.
Il metodo inoltre pare potrebbe rivelarsi assai versatile anche grazie ai suoi costi molto bassi rispetto al gold standard, (un’economicità dovuta a un ridotto utilizzo di anticorpi), e rispetto alle tecniche di imaging come TAC e PET. Il metodo potrebbe inserirsi in diversi momenti del ciclo di cura oncologico: sul fronte della prevenzione, per esempio come screening di pazienti a rischio, nella stadiazione, indicando la presenza di cellule metastatiche in circolo, nella diagnosi precoce di recidive, nel monitoraggio terapeutico valutando tempestivamente se una terapia funziona, o nel predire se funzionerà, grazie all’analisi molecolare delle cellule isolate.

Ad ogni modo, anche se il prototipo sta dando buoni risultati, c’è ancora molto da fare, in primis risolvere alcuni problemi di stabilità sperimentale.
Il metodo ad oggi non è in grado di definire con un grado di certezza del 100% la natura delle cellule osservate. “Nonostante tutti i dati a disposizione puntino alla loro natura tumorale, per confermarle come tali sono necessarie le analisi immunofenotipiche e genetiche – conclude Del Ben – possibili solo isolando le cellule. Stiamo cercando di aggirare le difficoltà tecniche dell’isolamento. Nei prossimi mesi condurremo gli studi clinici, per definire sensibilità e specificità per diversi tipi di tumore, la correlazione con le tecniche di imaging tradizionale, come la TAC e la PET, e il confronto con il gold standard.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Monfardini: “Gli anziani malati di cancro hanno il diritto a un approccio geriatrico integrato”

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagine: VHIR, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.