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Quanta scienza c’è nelle leggi europee?

Il rapporto tra l'evidenza scientifica e le decisioni politiche non è sempre facile, e servirebbe maggiore trasparenza. Ne abbiamo parlato con Roberto Bertollini, direttore di ricerca dell’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale di Sanità

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POLITICA – Ci sono casi in cui può essere giusto evitare una vaccinazione con un’efficacia scientifica provata che sfiora il 100%, come quella del papilloma virus. Per paura degli effetti collaterali? No, il punto è un altro e non ha niente a che vedere con studi e ricerche cliniche.

“Immaginiamo un ministro o un assessore alla sanità con una forte identità cattolica tradizionale, che non vuole che i giovani abbiano rapporti sessuali precoci. Questa persona potrebbe voler decidere di non far eseguire la vaccinazione per il timore che sia un incentivo alla precoce iniziazione all’attività sessuale. Ciò è assolutamente legittimo ma deve essere dichiarato in modo esplicito ai cittadini e agli operatori”. Roberto Bertollini, direttore di ricerca dell’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS), è appena rientrato a Bruxelles dopo la pausa estiva. Medico pediatra, si occupa del delicato tema delle relazioni tra politica sanitaria e conoscenze scientifiche da ormai 30 anni.

“Quando i politici discutono le nuove leggi devono tener presente l’evidenza scientifica ma anche rapportarsi con l’opinione pubblica. E non c’è una regola fissa: certe volte prevale la prima, altre la seconda – precisa Bertollini. La politica non è un’amplificazione a larga scala delle conoscenze scientifiche ma è influenzata anche da altri fattori”. Bertollini invita a considerare le questioni etiche e a limitare il più possibile ogni visione integralista.

Una sorta di “liberi tutti”, dove chi fa politica non considera le evidenze scientifiche? Affatto. “È importante ricordare che questo è il contesto, tuttavia esistono situazioni che sono inaccettabili”. Bertollini si riferisce per esempio al costo delle sigarette. “Il tabagismo causa circa 70 000 morti all’anno in Italia. È ben noto – prosegue il medico – che il costo delle sigarette è uno dei fattori più importanti per determinarne il consumo. Innumerevoli studi dimostrano che un aumento del 10% sul prezzo dei pacchetti corrisponde a un calo del consumo di circa il 2%”.

Nonostante questo, il prezzo in Italia non viene aumentato in maniera significativa perché, secondo il ricercatore, esistono pressioni pesanti da parte dell’industria del tabacco.

“Se confrontiamo l’azione con l’evidenza possiamo avere diversi tipi di situazione”, racconta Bertollini. Nel primo caso, analogo per esempio al vaccino contro la poliomielite le evidenze scientifiche sono accompagnate da un’azione politica (il vaccino funziona, quindi si fa).

Esistono però altri casi, meno lineari. Per esempio non abbiamo evidenze che l’uso di organismi geneticamente modificati abbia effetti nocivi sulla salute, ma la coltivazione di questi prodotti in Italia non è consentita. O ancora, è provato che l’inquinamento atmosferico determina forti conseguenze sulla salute ma le azioni messe in atto sono scarse.

Proprio a proposito dei limiti di legge relativi alla qualità dell’aria, il medico racconta di quando l’Unione Europea commissionò all’Organizzazione Mondiale della Sanità un’indagine per valutare i limiti di esposizione dell’aria in Europa. Era il 2011 e c’era bisogno di una revisione degli standard di qualità dell’aria, che risalivano a diversi anni prima.

Questa è in sintesi la procedura: i ricercatori dell’OMS sulla base delle conoscenze scientifiche – stabiliscono le concentrazioni dei diversi inquinanti al di sotto delle quali non ci sono effetti importanti sulla salute, la Commissione Europea decide gli standard e poi i singoli stati devono applicarli a livello nazionale.

“Abbiamo valutato le conoscenze scientifiche pubblicate negli ultimi anni sul tema e nel 2013 abbiamo concluso che in effetti servirebbero limiti più severi. Dopo questo rapporto ci saremmo aspettati una revisione degli standard per l’aria da parte dell’Unione Europea, invece si è deciso di rimandare la discussione al 2025”. Bertollini parla di decisione “legittima” anche se “è paradossale che lo stesso organo che ha richiesto uno studio poi non lo consideri”. La UE, da parte sua, si giustifica affermando di volersi concentrare sulle emissioni alla fonte.

Eppure questi numeri hanno un’importanza cruciale, perché è da qui che si parte per la redazione dei rapporti sui livelli di esposizione a sostanze nocive della popolazione del nostro continente.

Secondo i limiti attualmente in vigore, la percentuale di persone che vive in ambienti non salutari si attesta intorno al 30-40%. Tuttavia se applicassimo i valori di riferimento per la concentrazione degli inquinanti proposti dall’OMS, quelli suggeriti da Bertollini e colleghi, questa percentuale salirebbe addirittura al 90%.

“È un esempio di come le politiche possono non tener conto delle evidenze. Il che va anche bene, ma ci dovrebbe essere maggiore trasparenza, se ne dovrebbe parlare di più, e l’opinione pubblica dovrebbe essere messa in grado di giudicare l’operato dei suoi rappresentanti”, conclude Bertollini.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagine: Xaf, Flickr

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Viola Bachini
Mi occupo di comunicazione della scienza e della tecnologia. Scrivo su giornali e riviste, collaboro con case editrici di libri scolastici e con istituti di ricerca per la comunicazione dei risultati al grande pubblico. Ho fatto parte del team che ha realizzato il documentario "Demal Te Niew", finanziato da un grant dello European Journalism Centre e pubblicato in italiano sull'Espresso (2016) e in spagnolo su El Pais (2017). Sono autrice del libro "Fake people - Storie di social bot e bugiardi digitali" (Codice - 2020).