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Giacimenti di gas: come, dove e perché si cercano

Dalle fasi di esplorazione e ricerca alla costruzione di pozzi per l'estrazione, la strada che porta il gas dai giacimenti alle nostre case

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APPROFONDIMENTO – La notizia è di questi giorni: l’Eni ha scoperto di un grande giacimento di gas al largo delle coste egiziane. Nell’annuncio la compagnia petrolifera stima l’estensione in circa cento chilometri quadrati: “In base ai dati acquisiti in pozzo e alle evidenze geofisiche a disposizione, il giacimento può avere un potenziale fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto e rappresentare quindi una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale”. Come si arriva a una scoperta del genere?

Le esplorazioni

Le esplorazioni per la ricerca di gas sono in genere legate a quelle del petrolio, visto che le due sostanze si formano alle stesse condizioni geologiche. Come il petrolio, infatti, il gas naturale deriva prevalentemente da resti di esseri viventi che si depositano sul fondo di mari e laghi e in tempi molto lunghi vanno incontro a una serie di trasformazioni fisiche e chimiche.

Per passare da una poltiglia di alghe e scheletri di animali a petrolio e metano servono condizioni ambientali e climatiche particolari, che si sono verificate solo in certe zone geografiche e in precise ere geologiche. Quando le compagnie petrolifere danno il via a una nuova fase di esplorazione, non fanno altro che andare a ricercare le rocce che si sono formate in quelle condizioni.

In genere c’è una prima fase di studio di foto aeree o da satellite, attraverso le quali i ricercatori possono farsi una prima idea delle rocce che troveranno in superficie. Successivamente fanno indagini sul campo, analizzando la composizione chimica, mineralogica e il contenuto in fossili. Questi ultimi sono molto importanti perché aiutano a dare un’età alle rocce e a farsi un’idea sull’ambiente che c’era nel momento in cui si sono depositati.

Una volta localizzata un’area potenzialmente interessante, si passa alle indagini sismiche delle rocce che si trovano in profondità. Con una serie di piccole esplosioni, i geologi generano onde sismiche che si propagano nel terreno. A seconda dei materiali che incontrano sul proprio cammino, queste onde impiegano un certo periodo di tempo prima di essere riflesse e tornare in superficie per essere rilevate dagli strumenti. Con queste analisi è possibile ricostruire un modello tridimensionale del sottosuolo, stimando persino il volume di idrocarburi potenzialmente intrappolati nei pori delle rocce del giacimento.

Solo a questo punto si passa alla realizzazione di pozzi esplorativi, che possono confermare con certezza la presenza di gas. Come il pozzo Zohr1X, che nei giorni scorsi ha fatto gioire il team dell’Eni.

Il gas nel mondo

La distribuzione dei bacini petroliferi nel mondo non è uniforme, e il loro sfruttamento dipende anche da questioni logistiche legate alle difficoltà di esplorazione e di ricerca in aree isolate e poco conosciute, o caratterizzate da condizioni ambientali particolarmente severe (come le vaste aree della Siberia o le foreste pluviali del Sud America).

La localizzazione geografica delle riserve di gas rispecchia quella del petrolio: secondo l’Eni, Russia, Iran e Qatar possiedono circa il 53,4% delle riserve di gas naturale.

Come per il petrolio, lo sfruttamento dei giacimenti avviene in maniera non uniforme. Il Medio Oriente, per esempio, estrae poco gas in rapporto alle riserve disponibili, mentre Stati Uniti ed Europa occidentale estraggono a ritmi più elevati.

In Italia, come si sa, non ci sono bacini di grande estensione, ma solo alcune province petrolifere, come la Val d’Agri in Basilicata.

Fonti esauribili

Lo sfruttamento su larga scala del gas è cominciato solo di recente. È stata l’introduzione dei metanodotti, poco più di 50 anni fa, a rendere la distribuzione più agevole. Grazie a questa tecnologia per la prima volta tutte le famiglie potevano essere raggiunte dal gas, anche quelle che abitavano in zone più isolate e lontane dai luoghi di estrazione.

L’Italia ha sfruttato il metano come risorsa energetica fin dai primi anni della scoperta dei giacimenti in Valle Padana e nel Mare Adriatico, intensificandone l’utilizzo durante lo sviluppo industriale negli anni Cinquanta e Sessanta.

Eppure si parla già di un pericolo esaurimento nel giro di qualche decennio. Il calcolo è semplice: il 31 dicembre 2013 le riserve mondiali utilizzabili di gas naturale ammontavano a 202 758 miliardi di metri cubi. Se dividiamo questo numero per il consumo mondiale annuo di gas (che lo stesso rapporto dell’Eni ha stimato in 3424 miliardi di metri cubi), otteniamo che queste riserve si esauriranno nel giro di circa 59 anni.

A questi volumi, tuttavia, andrebbero aggiunti tutti quei giacimenti ancora sconosciuti o che si trovano in zone in cui l’estrazione non sarebbe economicamente conveniente. Per questo la scoperta di un giacimento come quello egiziano assume un’importanza strategica, allungando di fatto la vita di questo combustibile, in attesa magari di soluzioni più verdi e meno impattanti per il dilemma dell’energia.

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Crediti immagine: Steven Straiton, Flickr

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Viola Bachini
Mi occupo di comunicazione della scienza e della tecnologia. Scrivo su giornali e riviste, collaboro con case editrici di libri scolastici e con istituti di ricerca per la comunicazione dei risultati al grande pubblico. Ho fatto parte del team che ha realizzato il documentario "Demal Te Niew", finanziato da un grant dello European Journalism Centre e pubblicato in italiano sull'Espresso (2016) e in spagnolo su El Pais (2017). Sono autrice del libro "Fake people - Storie di social bot e bugiardi digitali" (Codice - 2020).