SALUTE

Aumentano le allergie alimentari nei bambini

Ad affermarlo lo studio Europrevall. A Roma sarebbero almeno 20 mila i bambini allergici

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SALUTE – Il fenomeno delle allergie alimentari in età infantile è in evidente aumento, un fattore non certo secondario se consideriamo che oggi moltissimi bambini usufruiscono delle mense scolastiche. A cercare di fissare qualche dato in merito è lo studio internazionale Europrevall pubblicato qualche giorno fa, e che ha visto per l’Italia la collaborazione dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma. I dati sono allarmanti: soffrirebbero di allergia alimentare 2-3 bambini su 100 da 0 a 3 anni, 1-3 bambini su 100 in età scolare, e 1 adolescente su 100. In numero assoluto, nel Lazio si parlerebbe di 50 mila bambini, 20 mila solo a Roma.
È bene precisare subito che lo studio analizza le allergie e non le intolleranze alimentari, due cose nettamente distinte. L’intolleranza alimentare è legata infatti all’attività metabolica, mentre l’allergia coinvolge il sistema immunitario dell’individuo.

Un problema europeo

Certamente quello delle dilaganti allergie alimentari non è un problema solo italiano, anche se in Italia le percentuali sembrano essere fra le più alte in Europa. Lo studio EuroPrevall ha coinvolto ospedali e centri di ricerca in 9 paesi europei, dove sono state esaminati 12.049 bambini per l’allergia al latte vaccino (Cow’s Milk Allergy, CMA), una dei problemi alimentari più comuni in età infantile e 9336, cioè il 77,5% di essi, è stato monitorato fino ai 2 anni di età. I risultati hanno mostrato inizialmente un sospetto di CMA in 358 casi, 55 dei quali sono stati poi confermati. In percentuale significa l’ 0,54% del campione, un bambino su 200, con importanti variazioni fra un paese e l’altro.
In Olanda e Regno Unito per esempio ci si è attestati intorno all’1%, mentre in Lituania, Germania e Grecia non si è superato lo 0,3%.
Nel dettaglio, il 23,6% dei bambini risultati allergici al latte vaccino, specialmente in Olanda, Regno Unito, Polonia e Italia, non hanno gli anticorpi specifici per il latte di mucca (IgE). A un anno dalla diagnosi, 7 bambini su 10 cominciavano a tollerare il latte, ma solo 5 su 10 fra chi non possedeva l’anticorpo.

In Italia manca una normativa per gli insegnanti

In alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti vi sono precise normative a livello legislativo che regolamentano il comportamento degli insegnanti che si ritrovano a dover gestire questo tipo di allergia nelle mense scolastiche, con farmaci o con specifiche procedure medicali, mentre in Italia – mettono in luce gli esperti del Bambino Gesù – questo ancora non esiste. Con la conseguenza da un lato che spesso questi ultimi si ritrovano completamente impreparati, dall’altra che le famiglie dei bambini con conclamate allergie alimentari in alcuni casi incontrano difficoltà nell’iscrivere il proprio figlio a una mensa scolastica.

Una dieta “speciale” nelle mense non basta

Un altro problema – denunciano sempre dal Bambino Gesù – riguarda le diete “speciali” presenti nelle mense scolastiche, che sarebbero in realtà inadatte rispetto al problema, dato che quella delle allergie è una patologia varia. Prendiamo per esempio la celiachia: ogni bambino celiaco ha in realtà una forma di allergia personalizzata, e così dovrebbe essere la sua dieta. Il problema pare però giacere a monte: le diete necessitano di un certificato di esenzione rilasciato dall’allergologo o dal pediatra e non sempre – concludono gli esperti del Bambino Gesù – i certificati di esenzione vengono rilasciati dopo un appropriato iter terapeutico.

@CristinaDaRold

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Donnie Ray Jones, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.