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Ritorna The Knick, serie tv sulla medicina di inizio Novecento

Sarà in onda dal prossimo 16 ottobre la seconda stagione della serie dedicata agli esordi della medicina moderna

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ARTE, MUSICA, SPETTACOLI – La medicina moderna doveva pur nascere da qualche parte: slogan evocativo e decisamente azzeccato quello di The Knick, serie televisiva di grande successo del 2014 che si appresta a ritornare sugli schermi con dieci nuovi episodi dal prossimo 16 ottobre sul canale americano Cinemax – per poi approdare anche in Italia su Sky Atlantic. Giusto in tempo per fare il punto su dove eravamo rimasti oppure per mettersi in pari e guardare, se ancora non lo si fosse fatto, le dieci puntate della prima stagione. Il protagonista sarà ancora Clive Owen, straordinario mattatore della serie nei panni del protagonista, il chirurgo John Thackery. Confermato in regia il Premio Oscar Steven Soderbergh, che insieme a Owen figura anche fra i produttori esecutivi della serie.

Riavvolgendo il nastro alla prima stagione i motivi del successo della serie sono molteplici. In primis la recitazione più che convincente non solo di Owen, ma di tutto il cast. Secondo grande merito della serie è l’impatto visivo offerto: scene crude, forti ed estremamente reali fino a sfiorare il pulp di matrice tarantiniana, anche se il sangue a fiotti che scorre nelle operazioni sui tavoli operatori dell’ospedale newyorkese Knickerbocker in cui è ambientata la serie (e dal cui diminutivo prende il nome) non è mai quel sadico compiacimento tipico del regista di Pulp Fiction. Al contrario, in The Knick le scene crude e ricche di dettagli anatomici sono atti di puro realismo rivolti dritti in faccia allo spettatore. Sangue, dettagli anatomici, costumi e ambientazioni interne ed esterne tendenti al gotico si rivelano funzionali soprattutto alla precisione storica. In questo video pubblicato da Cinemax sul suo canale You Tube sono raccontate le tecniche utilizzate per ricreare la precisione anatomica e i dettagli delle operazioni chirurgiche durante le riprese della serie (inutile dire che sono immagini forti come quelle che vanno in onda).


Le eteree sale operatorie e le bianche e luminose corsie dei medical drama contemporanei in The Knick lasciano il posto a corsie buie, scure, quasi gotiche e a sale operatorie in cui in pericolo non c’è solo il paziente, bensì anche l’equipe medica – a contatto senza guanti protettivi con tutto quel sangue – e le infermiere che assistono. E lo stesso dicasi per le visite ai pazienti nelle enormi camerate dell’ospedale. La medicina moderna doveva pur nascere da qualche parte, si diceva: ciò non riguarda solo le tecniche chirurgiche ma anche i protocolli di sicurezza per chi opera e chi assiste.

Altro punto di forza della serie sono le avvincenti sottotrame. Come avviene nella storyline principale anche in queste linee narrative The Knick si conferma una serie in cui domina l’attenzione al realismo. In alcune di queste linee narrative lo spettatore è calato nelle tensioni sociali e razziali della New York di inizio secolo. Come si capirà fin da subito, Thack non è un eroe senza macchia e senza paura, bensì un convinto razzista: la cosa che eventualmente sorprende è che essere razzisti in quel contesto sia assolutamente la norma. Il realismo permea ogni aspetto della serie: le riunioni degli organi direttivi del Knick, le zuffe fra ambulanze che si litigano i malati e le richieste dei pubblicitari che chiedono a Thack di prestarsi come testimonial di un tonico sottolineano come a inizio Novecento la medicina fosse già un business. Senza contare i riferimenti alle pratiche mediche clandestine: dagli aborti agli ambulatori improvvisati negli scantinati.

Ma la vera chiave del successo di The Knick è il saper declinare il tema della medicina in modo completamente diverso rispetto ad altri medical drama. Una possibile obiezione è la grande somiglianza caratteriale tra il protagonista di The Knick e Gregory House di Dr. House Medical Division. I due condividono caratteri complicati e una spiccata passione per le droghe ma anche un fascino magnetico sui colleghi, l’inesausta volontà di eccellere nel lavoro e palesi difficoltà relazionali. Eppure concretamente Thack non rischia di risultare un clone di House, complice l’abilità di Owen e la scrittura che costruisce intorno a lui un contesto talmente diverso e attento al realismo da stemperare queste innegabili somiglianze. Per esempio The Knick non abusa del cliché del “colpo di genio” con cui, in quasi ogni puntata, House risolve anche i casi più intricati. Né – finora – ci sono eccessive concessioni a storie d’amore fra i protagonisti. Non che manchino, sia chiaro, ma sembrano ancora essere un elemento di contorno e non il perno del racconto. I segnali lanciati dalla prima stagione di The Knick sono quindi decisamente confortanti e l’idea che ci si trovi davanti a una delle migliori serie del decennio è forse qualcosa di più di una sensazione. La parola, fra pochi giorni, allo schermo.

@enricobergianti

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.