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Indurre il sonno è possibile, grazie all’optogenetica

Grazie all'attivazione selettiva di un gruppo di neuroni è possibile indurre o inibire il sonno sui topi. I dati pubblicati sulla rivista Nature

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RICERCA – Indurre o reprimere il sonno a comando. Questo è quanto sono riusciti a ottenere alcuni ricercatori dello Howard Hughes Medical Institute dell’Università della California a Berkeley. I risultati, ottenuti in un esperimento su topi, sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

Lo studio del sonno, e in particolare della fase REM, affascina da decenni gli scienziati di tutto il mondo. Nonostante si conoscano da tempo le varie fasi, ancora oggi i meccanismi di base sono ben poco noti. La fase REM (rapid eye movement) è uno stato cerebrale in cui l’elettroencefalogramma è molto simile a quello dello stato di veglia e i muscoli scheletrici sono pressoché paralizzati. Le fasi di sonno REM compaiono più volte in una “dormita”, durano qualche decina di minuti (solitamente tra i 20 e i 40 minuti) e sono il di origine dei “sogni vividi”.

Un gruppo di ricercatori ha cercato di approfondire l’argomento partendo dal fatto che il bulbo cerebrale, la parte più bassa del tronco encefalico, è coinvolto nel sonno. L’idea è stata quindi quella di studiare topi geneticamente modificati che avevano sulla superficie cellulare dei loro neuroni una proteina fluorescente. In questo modo, grazie all’utilizzo di tecniche optogenetiche, i neuroni si sarebbero attivati una volta raggiunti da un raggio luminoso. Inoltre gli scienziati hanno inserito nel bulbo dei topi delle fibre ottiche molto sottili in modo da poter attivare in modo selettivo i vari gruppi di neuroni.

Dai risultati è stato rilevato che, attivando in modo specifico alcuni neuroni del bulbo mentre i topi dormivano, era possibile indurre o prolungare il sonno REM. Sonno che era invece ridotto o inibito se gli stessi neuroni venivano inattivati.

Da analisi più approfondite i ricercatori hanno verificato che esiste un gruppo di neuroni della parte ventrale del bulbo cerebrale che, se modulato, può regolare a comando il sonno REM. Questi neuroni usano, per comunicare tra loro, il neurotrasmettitore GABA (acido gamma amminobutirrico) e durante la veglia sono molto attivi quando gli animali mangiano o praticano il “grooming”, tipico comportamento animale di pulizia, con grande valenza sociale.

Cosa concludere alla luce di questi risultati?

Innanzitutto che si è riusciti a classificare dei neuroni specializzati che sono coinvolti nella fase REM e che sono in qualche modo collegati anche alle attività che gli animali compiono durante la veglia. I ricercatori però avvertono: agire semplicemente sui neuroni del bulbo, per esempio quelli GABAergici legati all’insorgenza del sonno REM, non è sufficiente svegliare o far addormentare l’animale.

Questo dimostra che il sonno nella sua globalità è probabilmente controllato da altri sistemi e probabilmente altri neuromediatori. Futuri studi serviranno a confermare o meno questa ipotesi.

@FedeBaglioni88

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Pedro Robeiro Simoes, Flickr

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Federico Baglioni
Biotecnologo curioso, musicista e appassionato di divulgazione scientifica. Ho frequentato un Master di giornalismo scientifico a Roma e partecipato come animatore ai vari festival scientifici. Scrivo su testate come LeScienze, Wired e Today, ho fatto parte della redazione di RAI Nautilus e faccio divulgazione scientifica in scuole, Università, musei e attraverso il movimento culturale Italia Unita Per La Scienza, del quale sono fondatore e coordinatore. Mi trovate anche sul blog Ritagli di Scienza, Facebook e Twitter @FedeBaglioni88