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COP 21: ultima chiamata

Ogni settimana le principali notizie dal mondo della cooperazione scientifica internazionale

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SCIENCE & DIPLOMACY – In questi giorni, a Bonn in Germania, i tecnici e i diplomatici dei 195 paesi che parteciperanno alla COP 21 si stanno riunendo per mettere a punto un documento programmatico in vista della plenaria di dicembre a Parigi. Secondo alcune indiscrezioni, il documento che verrà presentato sarà di circa una ventina di pagine, per far sì che sia un documento leggibile da tutti. I copresidenti di COP 21, l’algerino Ahmed Djoghlaf e lo statunitense Daniel Reifsnyder, vorrebbero infatti arrivare a Parigi con una bozza di documento solida ma al tempo stesso snella, in cui tutti i paesi si riconoscano. Per arrivare a questo documento, le Nazioni Unite hanno sollecitato ogni partecipante a fornire agli organizzatori un proprio contributo, che preveda azioni concrete per la riduzione delle sostanze che possono alterare il clima.

Finora hanno risposto all’appello circa 150 paesi, ma gli analisti hanno calcolato che se fossero accolte tutte le proposte formulate dai paesi membri, l’aumento di temperatura sarebbe doppio rispetto a quello indicato dagli esperti come un target necessario. In altre parole, se gli esperti insistono nel ritenere un aumento massimo di 2 gradi come auspicabile per far sì che la popolazione umana si possa adattare ai cambiamenti in tempi ragionevoli, le proposte degli stati prevedono un aumento massimo che oscilla tra i +4,7° e i +5°, assolutamente insostenibile visto il lasso di tempo ridotto (tale aumento, nei calcoli degli esperti, dovrebbe avvenire entro soli 15 anni, ovvero nel 2030).

Ovviamente i sorvegliati speciali sono i tre colossi economici globali, la Cina, gli Stati Uniti e l’Europa. I primi due hanno già presentato, quasi congiuntamente, un piano di riduzione delle emissioni abbastanza dettagliato (rispetto ai piani precedenti), di cui vedremo i dettagli nelle prossime settimane. Il fatto che siano così stringenti, però, se da un lato indica una chiara assunzione di responsabilità, dall’altro può irrigidire il dialogo diplomatico a Parigi: avendo presentato un insieme di azioni ben definite, difficilmente Cina e Stati Uniti saranno aperte a cambiare le proprie decisioni in favore di quelle formulate da altri Paesi.

Un discorso leggermente diverso, invece, si ha per l’Europa. A causa del suo status giuridico internazionale (è un po’ meno di una federazione di Stati e un po’ più di una semplice confederazione) e della complessa struttura burocratica interna, l’Unione non ha ancora espresso un documento forte e vincolante per i suoi stati membri. Sembra che all’ultima chiamata di questi giorni, l’unico a rispondere (e non a caso) sia stato il Parlamento Europeo, l’unico organo di elezione diretta dell’Unione, che con un documento invita soltanto gli organi comunitari a intraprendere una serie di azioni.

In particolare, il 15 ottobre il Parlamento ha approvato una risoluzione che invita l’Unione Europea a chiedere durante la COP 21 sostanzialmente tre cose entro il 2030: una riduzione del 40% delle emissioni dei cosiddetti gas serra, un obiettivo (invero abbastanza oscuro nella sua definizione) di “efficienza energetica al 40%” e un aumento al 30% dell’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica. Il Parlamento, inoltre, insiste nel rendere vincolante il Piano europeo sul clima, che vuole una riduzione entro il 2050 del 90% delle emissioni rispetto all’anno-base, ovvero il 1990. Tuttavia, gli Stati Membri per ora non hanno espresso un documento unico europeo, ma hanno elaborato singole proposte nazionali, come tutti gli altri stati del mondo.

Notizie dall’Europa

UNIONE EUROPEA – Le principali agenzie che si occupano di spazio di UE e Stati Uniti hanno firmato il “Copernicus Cooperation Arrangement” per la condivisione di dati provenienti dai satelliti Sentinel Earth Observation. L’accordo, in particolare, prevede una politica di politiche volte a rendere l’accesso ai dati “pieno, libero e aperto”.

FRANCIA – Sembra strano, ma c’è un pezzo d’Europa anche nel Pacifico Meridionale. Dai residui dell’impero coloniale francese, rimangono alcune isolette che i francesi spesso usano per test scientifici (i più famosi dei quali sono quelli nucleari). Oggi si apre a Noumea, in Nuova Caledonia, una conferenza internazionale tra Francia, Australia e Nuova Zelanda per porre le basi di una cooperazione scientifica integrata tra i tre Paesi in quella vasta porzione di globo.

RUSSIA – Se l’Ucraina ha riportato un clima da Guerra Fredda, la Russia sembra voler cooperare con l’Europa nell’esplorazione lunare: è di pochi giorni fa la notizia della reciproca volontà di creare una stazione permanente sul suolo lunare.

Notizie dal mondo

CUBA – Il disgelo tra USA e Cuba porta sempre più frutti (anche se la cooperazione scientifica tra i due rivali storici non era mai del tutto stata interrotta): pochi giorni fa è stato reso pubblico un progetto di ricerca scientifica congiunta tra i due paesi che interesserà la biodiversità del Parco Nazionale Alejandro Humbolt a Cuba.

ISRAELE – Il premier indiano continua la sua “offensiva” di science diplomacy. Pochi giorni fa ha, infatti, annunciato alla Knesset, il parlamento israeliano, la volontà di legare la ricerca scientifica indiana e quella israeliana, soprattutto in ambito hi-tech, in una serie di accordi di cooperazione scientifica.

USA – Il 13 ottobre si è svolto il 30° anniversario delle relazioni scientifiche tra Israele e gli Stati Uniti, durante la sessione del U.S. – Israel Joint Economic Development Group (JEDG), una riunione annuale che vede confrontarsi i massimi esperti di entrambi i paesi sui temi della cooperazione economica e scientifica.

@gia_destro

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Crediti immagine: Ellie Johnston, Wikimedia Commons

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