SCOPERTE

Un premio e un riposino per memorizzare meglio

Associando una piccola ricompensa all'apprendimento, il nostro cervello provvederà a incasellare i nuovi ricordi a lungo termine. Non è poi così vero che chi dorme non piglia pesci

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SCOPERTE – Se avete problemi a memorizzare i concetti o a far vostra una certa abilità, dall’Università di Ginevra i ricercatori propongono una strategia che potrebbe aiutare: ricompensarvi con dei premi nel percorso di studio o apprendimento e concedervi un riposino, dopo lo sforzo. I ricordi associati a dei premi vengono “rinforzati” dal sonno, spiegano i ricercatori sulla rivista eLife, il che rende una dormita anche breve un ottimo ausilio all’apprendimento.

“La ricompensa funziona come una sorta di tag, che ‘sigilla’ nel cervello i vari concetti via via che impariamo”, spiega Kinga Igloi, leader della ricerca. “Quando dormiamo, poi, le informazioni vengono consolidate e ‘trasferite’, proprio per via della ricompensa, alle zone del cervello associate alla memoria a lungo termine”.

Il team di Igloi ha diviso 31 volontari (tutti in salute) in due gruppi, lo sleep group e il wake group. Mentre i partecipanti si cimentavano in un esercizio di memorizzazione, in cui dovevano ricordarsi -come in memory- la posizione delle immagini per poi cimentarsi nel riconoscimento delle coppie, i ricercatori ne monitoravano l’attività cerebrale. Dopo aver osservato otto gruppi di immagini, per ricevere una ricompensa i volontari avrebbero dovuto ricordare la posizione delle varie coppie. In quattro degli otto gruppi un buon lavoro di riconoscimento comportava una ricompensa ancora migliore.

In seguito ai partecipanti dello sleep group sono stati concessi 90 minuti di sonno, a quelli del wake group l’equivalente ma in normale riposo (niente sonnellino). Dopo la pausa è arrivato il momento di cimentarsi nel riconoscimento e le persone che avevano dormito hanno ottenuto risultati decisamente migliori. Tre mesi dopo, quando gli scienziati hanno ripetuto l’esperimento a sorpresa coinvolgendo gli stessi volontari una seconda volta, il risultato è stato lo stesso. I partecipanti dello sleep group non solo continuavano a imparare e memorizzare in modo più efficace, riuscivano anche a concentrarsi maggiormente sui gruppi di immagini che sapevano avrebbero fruttato una ricompensa maggiore.

Grazie alla tecnica di imaging a risonanza magnetica i ricercatori hanno subito notato che nello sleep group l’ippocampo (l’area del cervello coinvolta nella formazione della memoria) era estremamente attivo e si verificava un maggior numero di fusi del sonno, pattern di attività del nostro cervello che ci impediscono di accumulare ricordi e informazioni poco rilevanti. “Sapevamo già che il sonno aiuta a rinforzare la memoria, ora però abbiamo scoperto che ci aiuta anche a selezionare i ricordi più importanti”, commenta Igloi. Ovvero la nostra memoria lavora per dare priorità a quelle informazioni che ci permettono di avere successo, di ottenere una ricompensa migliore e ricordare solo ciò che è più importante. In poche parole, di imparare e consolidare quanto serve per sopravvivere.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Il legame tra sonno e memoria, se ci si mette la farmacogenetica

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: mrehan, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".