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Tumore al rene, scoperto il ruolo di un gene mutato

Una nuova scoperta nella direzione di una medicina sempre più personalizzata. L'idea di un team di ricercatori del San Raffaele.

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RICERCA – C’è un gene, JARID1C, la cui funzione non era nota, ma che oggi si è scoperto giocare un ruolo molto importante nell’assemblaggio del DNA nel caso di tumori al rene. In questo tipo di tumore infatti il gene risulta inattivato e ciò fa sì che il DNA stesso sia più fragile, a vantaggio del tumore. Un gruppo di ricercatori dell’Unità di Genomica Funzionale del Cancro dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha sfruttato questa scoperta per mettere a punto una strategia che manda in tilt le cellule tumorali, provocandone la morte cellulare.

Che cosa significa questo risultato? “Questo lavoro va nella direzione di quella che viene definita medicina personalizzata”, spiega Giovanni Tonon, uno dei ricercatori coinvolti. “Si tratta di una diagnosi e poi di una terapia che siano il più possibile su misura rispetto al paziente che abbiamo davanti”. Che non tutti i malati reagiscano allo stesso modo alla medesima malattia o alla stessa terapia è infatti cosa nota, così come è noto che il cancro al rene è oggi uno dei più aggressivi e dalla prognosi meno felice. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Clinical Investigation.

Evidentemente siamo ancora nella primissima fase delle ricerche, quella che viene definita ricerca di base, ma la scoperta è molto importante, anche perché si inserisce all’interno del progetto Cancer Genome Atlas (TGCA), un database internazionale che si occupa di raccogliere i dati relativi alle mutazioni genetiche dei vari tipi di tumore, per ottenere una mappa genetica di queste mutazioni e studiarne i meccanismi sottesi.

All’interno di questo progetto, i ricercatori milanesi hanno notato che il 9% dei pazienti con tumore al rene aveva il gene JARID1C mutato. Una percentuale assai significativa che valeva la pena studiare, anche perché fino a oggi non era nota la funzione di questo gene.

“È una ricerca che si colloca nell’ambito dell’epigenetica – prosegue Tonon – che è lo studio di come il DNA viene alterato, di come si organizza e si impacchetta. La nostra ipotesi era che JARID1C fosse in qualche modo correlato all’attività degli istoni, che sono le proteine intorno alle quali si attorciglia il DNA impacchettandosi”. L’ipotesi si è rivelata poi corretta: in particolare, quando il gene viene disattivato il DNA non riesce a impacchettarsi correttamente, fatto che ha permesso ai ricercatori di comprendere il ruolo strutturale di JARID1C. La mancanza di questo gene fa sì che il DNA diventi più ‘sciolto’ e che produca RNA che finisce poi per danneggiarlo.

Come agire, dunque? “Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, alleati con lui”, dice un vecchio adagio. La strategia del gruppo del San Raffaele è stata quella di giocare in qualche modo “sullo stesso campo” del tumore. “Il DNA per sue condizioni fisiologiche si rompe – spiega Tonon – e se il gene risulta mutato lo spezzettamento è ancora maggiore, e il tumore, proprio cercando di riparare questo danno, finisce per crescere e irrobustirsi.” Si parla in questo senso di pool evolutivo del tumore, correlato all’instabilità genomica.

“La nostra strategia è stata quella non di riparare a nostra volta il genoma, ma di spezzettarlo ancora di più, come un puzzle. In questo modo abbiamo bloccato la capacità del tumori di riparare il danno, impedendogli di aumentare il proprio pool evolutivo, cioè di crescere e di diventare più aggressivo”. In altri termini, complicando ancora di più la situazione, favorendo la frantumazione del DNA, la cellula tumorale va in tilt, andando incontro a morte cellulare.

Anche se siamo ancora in una fase di ricerca di base, questa scoperta apre a prospettive di primo piano dal punto di vista farmacologico. “Nel prossimo futuro – conclude Tonon – l’obiettivo sarà quello di concentrarsi sulla messa a punto di nuovi farmaci in grado di indurre l’apoptosi delle cellule tumorali in pazienti affetti da neoplasie aggressive al rene al momento incurabili.”

@CristinaDaRold

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Crediti immagine: Michael Knowles, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.