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Italia, la classe medica più vecchia fra i paesi OCSE

15 anni fa in Italia solo il 20% dei medici era over 55, oggi il 50%.

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SPECIALE NOVEMBRE – Fra i paesi OCSE un terzo dei medici ha più di 55 anni, in Italia 1 su 2, che ci rende insieme a Israele il paese con la classe medica più vecchia. Inoltre, la maggior parte è composta da specialisti. Per ogni medico di base nell’area OCSE si contano ben 2 specialisti, che in molti casi lavorano in libera professione.
Sono questi alcuni dei numeri che snocciola il nuovo rapporto Health at a Glance 2015 dell’OCSE, che OggiScienza ha deciso di raccontare in 4 puntate. Oggi parliamo appunto di chi di salute si occupa, cioè medici e infermieri.

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Oggi fra i paesi OCSE troviamo 3,3 medici abilitati per 1000 abitanti, in Italia sono 3,9. “Medici abilitati” è una precisazione importantissima da fare perché i dati OCSE non considerano solamente i medici che lavorano in ospedali, ambulatori, cliniche, ma anche ricercatori, dirigenti e manager.
Fra questi, come si diceva, il 33% ha più di 55 anni, anche se le differenze fra i paesi sono ampie. Nel Regno Unito la classe medica è in media molto più giovane: solo il 13% ha più di 55 anni, mentre in Italia, il paese con la classe medica più vecchia, ha più di 55 anni il 49% dei medici. Solo 15 anni fa, nel 2000, la situazione era completamente differente e solo il 20% dei medici era over 55. Oggi quindi sono più del doppio.

Nel suo complesso, quello della medicina è un universo in equilibrio quanto a personale maschile e femminile: il 45% dei medici è donna, una percentuale in leggera crescita rispetto a 15 anni fa.

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Quello che non è in equilibrio è il rapporto fra medici di base e specialisti. Nell’area OCSE in media ogni medico di base ci sono 2 specialisti, e anche qui le differenze fra i paesi sono notevoli. Colpisce per esempio il caso della Grecia, dove il 61% dei medici è composto da specialisti e solo il 5% da medici di medicina generale. La rimanente fetta non ha risposto alla domanda. Dall’altro capo della classifica troviamo l’Irlanda, il paese con la percentuale più alta di medici di base: 60% contro un 40% composto da specialisti. In Italia osserviamo un 77% di specialisti contro un 23% di medici di medicina generale. E molti di questi scelgono la libera professione.

Quali che siano le ragioni che spingono o hanno spinto in passato i giovani laureati a scegliere la via della specializzazione, quello che è certo è che le differenze per quanto riguarda la remunerazione sono evidenti in tutti i paesi: la libera professione paga di più se sei uno specialista rispetto a un medico di base, questa è cosa nota. In Lussemburgo e in Belgio un medico specialista che lavora per conto proprio guadagna 6 volte il salario medio nazionale, in Germania 5 volte tanto, in Olanda 4,6 volte tanto, in Francia 4 volte tanto. Parecchio di più dei medici di base che lavorano in libera professione. Per non parlare dei dipendenti che guadagnano in media da specialisti 2,5 volte tanto rispetto a un salario medio e come medici di base circa 2 volte tanto.

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E gli infermieri? In media abbiamo circa 3 infermieri per medico, per un totale di 9 infermieri per 1000 abitanti. Se ci sembra strano come numero, la ragione sta nel fatto che in Italia in realtà ne abbiamo molti di meno: 1,5 per medico, cioè la metà. Se guardiamo quanti fra gli infermieri sono laureati poi, le percentuali scendono ancora, specie in Italia. 23 infermieri laureati per 100 mila abitanti, contro una media OCSE di 47.

In un paese che invecchia, questi ultimi sono dati di primaria importanza. Il perché lo racconteremo nella prossima puntata, dedicata appunto al mondo degli anziani.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Rapporto OCSE, ecco i numeri del mercato farmaceutico

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti imagine: Phalinn Ooi, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.