WHAAAT?

Il punto. Ha cambiato significato?

La comunicazione scritta manca di sguardi, espressioni, rumori che ci dicano qualcosa sull'interlocutore. Così ci lanciamo nell'interpretazione

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WHAAAT? Il venerdì casual della scienza – Per il solo averne parlato, il Guardian si è beccato nei commenti un “get a life, Guardian” (fatti una vita, Guardian). Un nuovo studio guidato da Celia Klin, professoressa associata di psicologia all’Harpur College, ha mostrato che quando riceviamo un messaggio che termina con un punto abbiamo l’impressione che sia poco sincero.

Certo la punteggiatura è importante. Un “mangiamo nonna!” è molto meno rassicurante di un “mangiamo, nonna!”. Che vi ci ritroviate o no, che quella del punto (su Computers in Human Behavior) vi sembri una scoperta degna di nota o meno, ancora una volta l’idea dei ricercatori è che ci sforziamo in ogni modo per ovviare a una delle mancanze della comunicazione scritta (digitale e non, attenzione). Ovvero l’assenza di un contesto, di un’espressione felice o annoiata del nostro interlocutore, dei suoi occhi che si alzano al cielo di fronte all’ennesima foto del nostro gatto che gli mostriamo. Se manca tutto questo possiamo solo affidarci all’interpretazione.

Coinvolgendo un (piccolo) campione di 126 studenti, Klin ha mostrato loro una serie di scambi tra due persone, alcuni via messaggio di testo altri sotto forma di note cartacee. A inviare la comunicazione era qualcuno che, dopo un’affermazione precisa, invitava il ricevente a fare qualcosa insieme. Ad esempio “Dave mi ha dato dei biglietti in più. Vuoi venire?”, “È uscito quel nuovo film al cinema. Andiamo a vederlo insieme?”. La risposta, digitale o post-it, era breve e arrivava sempre sotto forma di “Sì/ ok/ certo/ volentieri” ma in due modalità: nella prima non c’era punteggiatura, nella seconda terminava con un punto fermo.

I partecipanti dovevano valutare i due tipi di risposta, e in base ai loro voti è emerso che un punto fermo sembra sinonimo di poca sincerità: la punteggiatura, in mancanza di indizi sociali di sorta, diventava lo strumento per interpretare lo stato d’animo. Nel follow-up della ricerca, Klin e i colleghi hanno scoperto che il punto esclamativo viene recepito nel modo opposto. Ovvero come assolutamente sincero. Se rispondi “sì!”, sei più che convinto.

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Nello studio i risultati sono basati sulle risposte di un certo numero di persone (anche se poche, bisogna dirlo) ma non è la prima volta che qualcuno si domanda se il punto, nel tempo, stia cambiando significato. Era fine 2013 quando un articolo piuttosto efficace di Ben Crair, su New Republic, faceva notare come sia diventato una sorta di conclusione più marcata. Crair però si limitava alla comunicazione digitale, partendo da questo: se quando scrivo mi basta andare a capo con invio per concludere la frase, volerci aggiungere un punto fermo porta un ulteriore significato. Ad esempio sottolineare che non si è particolarmente contenti di qualcosa, o mostrarsi più autoritari. Nell’articolo menziona anche alcuni degli studi condotti in merito, dai quali sembra emergere che mettere un punto non è poi cosa tanto comune.

“Non molto tempo fa, mio figlio 17enne mi ha fatto notare che molti miei messaggi sembravano troppo assertivi o addirittura rudi, perché metto sempre il punto alla fine”, confermava a Crair Mark Liberman, professore di linguistica all’Università della Pennsylvania. A un certo punto, è questa l’ipotesi, il punto ha smesso di essere neutrale ed è diventato aggressivo (o, come sostiene Klin, poco sincero). Lui, ma anche il resto della punteggiatura, che viene in nostro soccorso quando vogliamo dare a una conversazione scritta un ritmo, un tono, un messaggio emotivo che è più difficile mandare.

Ad esempio? Di fronte a un “sei sarcastico?” “no!!!!!!!”, probabilmente rimarremmo ad arrovellarci per un po’. E il cambiamento del linguaggio nel passare da comunicazione vocale a sempre più scritta è affascinante, anche se ne sappiamo ancora poco.

@Eleonoraseeing

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti foto: StockPic, Flickr – New Republic

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".