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WWF a rischio sfratto dalla Riserva Marina di Miramare

In Friuli Venezia Giulia, il Ministero dei beni e delle attività culturali ha intimato al WWF di lasciare le sedi operative all'interno dell'Area Marina Protetta di Miramare, mettendo a rischio le attività educative, scientifiche, di sorveglianza e monitoraggio.

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APPROFONDIMENTO – Il mare non è solo una distesa uniforme di acqua, sotto la sua superficie ci sono luoghi unici e diversi da qualsiasi altro posto nel mondo. In Italia ci sono circa 290mila km2 di mare, 7mila km di costa e uno dei programmi più sviluppati per proteggere speciali aree costiere e marine del Mediterraneo. Tra queste, la Riserva Marina di Miramare nel golfo di Trieste sta attraversando un periodo critico poiché rischia di restare senza sede operativa, con conseguenti rallentamenti e tagli nelle attività di monitoraggio e divulgazione. Entro fine anno, infatti, il WWF che è l’ente gestore dell’Area Marina di Miramare per conto del Ministero dell’Ambiente, dovrà lasciare tutti gli spazi del Parco di Miramare finora in concessione a titolo gratuito. Questa la decisione del direttore del Polo Museale Regionale del Friuli Venezia Giulia, Luca Caburlotto.

Le Aree Marine Protette (AMP) sono essenzialmente spazi di mare in cui gli habitat e le specie marine sono più sensibili e quindi le attività umane sono strettamente controllate, o addirittura totalmente limitate, allo scopo di creare rifugi sicuri per la vita marina. In Italia ce ne sono circa 27 e coprono il 20% delle acque territoriali, il più alto valore degli ultimi 22 anni.

La Riserva Marina di Miramare è la prima area protetta creata in Italia, nata nel 1973 e istituita nel 1986 dal Ministero dell’Ambiente e dall’allora Ministero della Marina Mercantile. Per decreto di Stato la sua gestione è affidata al WWF Italia.

“È difficile capire come funzionano le AMP in Italia”, spiega Maurizio Spoto, direttore della Riserva di Miramare, “perché non si tratta di enti giuridici ma di realtà date in gestione ai Comuni o consorzi di Comuni. In questo Miramare è speciale perché viene gestita da un soggetto privato, il WWF, che ogni anno, assieme al Ministero dell’Ambiente, investe un sacco di denaro nella struttura. È una forma di gestione innovativa e moderna, anche dal punto di vista amministrativo. Tra poche settimane dobbiamo andarcene, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo (MIBACT) non ha rinnovato la concessione degli spazi all’interno della Riserva, mettendo a rischio la continuazione di alcune attività”.

L’allarme-sfratto lanciato dal WWF, infatti, riguarda non tanto la posizione dell’area marina protetta quanto lo spostamento delle sedi operative. A Miramare gli spazi a disposizione del WWF sono due: il Castelletto, edificio storico a due piani, con gli uffici amministrativi al piano superiore e il centro visite con i laboratori didattici sotto; e il Bagno Ducale, zona degli antichi bagni del Parco che permette l’accesso al mare.

“È molto difficile gestire l’area marina senza sedi operative interne al Parco di Miramare”, continua Spoto. “Avere accesso al Bagno Ducale è una richiesta irrinunciabile, è la nostra aula in riva al mare, il nostro punto di riferimento sia per le attività subacquee e di seawatching sia per le attività educative. Per quanto riguarda il Castelletto, siamo disposti ad andarcene finita la concessione, in cambio di un’altra sede con le stesse caratteristiche. Il WWF ha chiesto di avere in gestione uno spazio ricavato nelle ex serre, la cui ristrutturazione è già stata finanziata dalla Regione allo scopo di creare un polo botanico dedicato al Parco di Miramare. Al suo interno non ci sono solo monumenti, statue e ovviamente il Castello, abbiamo alberi monumentali piantati da Massimiliano d’Asburgo che hanno più di 100 anni. Includendo anche le nostre attività legate al mare, si potrebbe realizzare un centro di educazione ambientale a 360 gradi, che sarebbe il massimo per un visitatore e per le scuole”.

Nella Riserva Marina di Trieste il WWF svolge principalmente due tipi di attività, monitoraggio ambientale e divulgazione scientificica. Gli indicatori di biodiversità approvati dal Ministero dell’Ambiente e tenuti costantemente sotto controllo dai ricercatori sono otto, tra cui i cetacei, le comunità della roccia e i fondi duri.

Una volta a settimana viene fatto il visual census, una tecnica di campionamento che permette di censire la flora e la fauna marina e grazie alla quale vengono contate tutte le specie, non solo quelle target come le corvine, indicatori della sensitività all’interno dell’area. “Assieme a OGS e ARPA abbiamo la fortuna di condurre un programma, ormai pluridecennale, di monitoraggio chimico-fisico”, racconta Saul Ciriaco, naturalista dell’AMP di Miramare, “grazie alla presenza della boa C1, che è la boa oceanografica credo più studiata dell’Adriatico”. A questa, si aggiungono 10 stazioni di monitoraggio chimico-fisico sparse nella riserva che registrano, grazie a piccoli sensori posizionati a 5 metri dal fondo, dati di salinità e temperatura.

Per quanto riguarda la divulgazione scientifica, le attività coinvolgono principalmente le scuole, di ogni ordine e grado, compresa l’università: a Miramare gli studenti vengono coinvolti in vere e proprie campagne oceanografiche, con visual census, schede di avvistamento e uscite in barca alla ricerca di cetacei o tartarughe. Nel centro visite del Castelletto c’è una specie di passeggiata subacquea, che simula il fondo del mare, e una vasca tattile per permettere ai visitatori di toccare animali, come ricci e anemoni.

I laboratori hands-on, o mani in mare come vengono chiamati, si svolgono in riva al mare o sull’aula blu, una specie di grande barca ormeggiata sulla costa non lontano da Miramare.
“Negli anni abbiamo fatto anche corsi di formazioni per gestori di aree protette di altri Paesi, tipicamente Algeria, Tunisia, Marocco, Grecia”, continua Ciriaco. “ E durante l’estate ci sono dei veri e propri centri estivi di una o due settimane in cui oltre alla parte biologica proponiamo lo snorkeling, per insegnare ai bambini ad andare in acqua, galleggiare e osservare gli organismi marini”.

Con la decisione del MIBACT, quindi, la funzionalità della Riserva Marina di Miramare non cambierà molto per quanto riguarda gli aspetti scientifici. Sarà piuttosto la fruizione del pubblico a diventare problematica perché senza l’accesso al Bagno Ducale non sarà più possibile svolgere l’attività in riva al mare.

“Quello che chiediamo è quello che c’è già ovunque in Italia, ossia collaborazione e comunicazione tra i due ministeri, dell’Ambiente e dei Beni culturali”, conclude Spoto. “Stiamo ricevendo grande supporto sia dalle istituzioni e da enti esterni, tra cui Comune, Provincia, Regione, maggioranza e opposizione, sia dai cittadini. Abbiamo anche lanciato una petizione su change.org. Perché non vogliamo mollare”.

Nel frattempo, per fortuna, le “acque” intorno alla riserva non sono rimaste immobili. Come comunica Il Piccolo, è passato l’emendamento soprannominato “salva Miramare”, che

[…] prevede la possibilità per la Regione di stipulare accordi con Stato ed enti locali per valorizzare luoghi di cultura di elevato valore strategico, sotto controllo statale. In giunta non lo dicono, ma è la soluzione trovata per fare sistema attorno al Castello, allentando indirettamente la gestione Caburlotto

Leggi anche: Specie aliene nel Mediterraneo: il monitoraggio dei cittadini

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Crediti immagine:Wikimedia Commons

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.