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Dal lievito all’oppio nel garage di casa

Fino alla fine dell'anno OggiScienza racconterà le ricerche più importanti del 2015, votate tra tutte le scoperte scientifiche dell'anno dai lettori di Science

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SPECIALE DICEMBRE – Sintetizzare gli oppiacei attraverso un procedimento semplice, che potrebbe essere eseguito anche fuori da un laboratorio attrezzato. Si tratta di una delle scoperte più importanti e discusse dell’anno, non solo per la rilevanza scientifica ma anche per i possibili risvolti etici e normativi.

Biologia sintetica

Risale a maggio la pubblicazione dello studio su Nature Chemical Biology (ne avevamo già parlato qui) nel quale i ricercatori dell’Università della California a Berkeley e della Concordia University a Montreal sono riusciti a produrre la reticulina, un ingrediente fondamentale per la produzione della morfina, a partire da lieviti geneticamente modificati.

La sintesi della reticulina rappresentava l’ultimo nodo da sciogliere per poter teorizzare un processo completo in grado di produrre morfina senza passare per le estrazioni dai papaveri. Tutte le altre fasi, infatti, erano già state realizzate nell’ambito di altre ricerche scientifiche e l’integrazione in un unico processo per produrre morfina è ormai solo questione di tempo.

Si tratterebbe di una procedura relativamente semplice ed eseguibile ovunque, anche in un laboratorio improvvisato nella cantina di casa. Se da un lato questa scoperta potrebbe portare notevoli vantaggi in ambito farmaceutico, abbattendo i costi e i tempi di produzione dei farmaci a base di oppio, c’è anche chi teme che possa costituire un incentivo per la produzione casalinga di droghe.

Dai papaveri farmaci ed eroina

Gli oppiacei sono utilizzati ormai da diverso tempo come farmaci per la terapia del dolore. Inizialmente i medici li prescrivevano soprattutto nei pazienti oncologici, oggi il loro ambito di utilizzo si è esteso anche ad altre aree specialistiche, dall’ortopedica alla reumatologia, per contrastare dolori che non possono essere trattati nel lungo periodo con altri farmaci che causano gravi effetti collaterali.

Attualmente la sintesi di questi preziosi medicinali passa attraverso procedure piuttosto complesse che iniziano nei prati dei papaveri da oppio, generalmente in paesi dell’Asia centrale e orientale, come l’Afganisthan, il Pakistan, il Myanmar o l’India, e proseguono nei laboratori chimici, dove queste piante vengono lavorate per ottenere i medicinali.

L’industria farmaceutica, tuttavia, non è l’unica interessata agli oppiacei. Esiste infatti un forte interesse per queste sostanze anche da parte dei trafficanti di droga, perché dalle coltivazioni illegali di papaveri vengono estratti principi attivi che servono a soddisfare una richiesta enorme, visto che dall’oppio si estrae anche l’eroina. Queste sostanze sono dei potenti analgesici con proprietà euforizzanti ed anestetizzanti che procurano in chi le assume un senso di rilassamento, distacco dalle proprie emozioni e indifferenza rispetto a qualsiasi percezione negativa. Un rapporto Onu stima che il mercato vale 65 miliardi di dollari (di cui l’Afganisthan detiene circa il 92%), finanziando tra gli altri anche ribelli e terroristi.

In un quadro così delicato, i ricercatori devono riflettere sulle implicazioni dei loro studi da un punto di vista normativo ed etico, per evitare che le tecnologie che stanno mettendo a punto finiscano nelle mani sbagliate (a questo proposito su Nature è uscito un articolo di commento alla scoperta).

Le droghe fai da te

Il rischio di incentivare le pratiche del fai-da-te nel mondo della droga è concreto. “Chiunque si procuri dei lieviti e abbia competenze di base in materia di fermentazione potrebbe essere in grado di produrre morfina da lievito usando i propri kit per la birra fatta in casa”, si legge nell’articolo su Nature.

Tuttavia, i dati relativi alla presenza di discussioni sulle droghe in rete, sembrerebbero indicare che le competenze chimico-biologiche sulla sintesi delle sostanze possono essere anche minime. Sono infatti già migliaia gli utenti di forum che si scambiano in rete consigli su come produrre droghe sintetiche in laboratori casalinghi, magari allestiti nel garage di casa.

Secondo uno studio del Cnr più di 38 mila ragazzi italiani hanno provato almeno una volta le smart drugs, sostanze psicoattive spesso sintetizzate a partire da ingredienti comuni e di facile reperibilità. Sempre nello stesso rapporto, si legge di una tendenza a “improvvisarsi alchimisti fai da te, pronti a sperimentare miscugli di sostanze e cocktail psicoattivi dagli effetti sconosciuti”.

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Crediti immagine: Laura, Flickr

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Viola Bachini
Mi occupo di comunicazione della scienza e della tecnologia. Scrivo su giornali e riviste, collaboro con case editrici di libri scolastici e con istituti di ricerca per la comunicazione dei risultati al grande pubblico. Ho fatto parte del team che ha realizzato il documentario "Demal Te Niew", finanziato da un grant dello European Journalism Centre e pubblicato in italiano sull'Espresso (2016) e in spagnolo su El Pais (2017). Sono autrice del libro "Fake people - Storie di social bot e bugiardi digitali" (Codice - 2020).