GRAVIDANZA E DINTORNI

Influenza in gravidanza: perché vaccinarsi è meglio

Complicazioni respiratorie, infezioni generalizzate e disidratazione ma anche morte fetale, parto pretermine e ritardo di crescita. In rari casi l'influenza in gravidanza può avere conseguenze molto gravi, prevenibili però con il vaccino.

L’influenza in gravidanza aumenta i rischi sia per la madre, con possibili complicazioni respiratorie, che per il bambino, con parti pretermine e disabilità. Crediti immagine: Doug Jordan.

GRAVIDANZA E DINTORNI – Siamo nel pieno della stagione influenzale. In genere, consideriamo l’influenza giusto un fastidio: qualche giorno di febbre, tosse, raffreddore e nulla più. Per fortuna, nella grande maggioranza dei casi è così, una malattia leggera che si risolve con poco. A volte, però, le condizioni possono aggravarsi e la situazione può diventare tanto seria da mettere a rischio la vita. Vale anche per le donne incinte, che per altro sono particolarmente inclini ad ammalarsi. In gravidanza, infatti, il sistema immunitario è un po’ più debole del solito, e questo rende più facile l’acquisizione delle infezioni.

“L’influenza in gravidanza può essere rischiosa sia sul fronte materno sia su quello fetale” spiega la ginecologa Brunella Guerra, responsabile del settore di malattie infettive in gravidanza del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna. “Per quanto riguarda la mamma, le possibili complicazioni sono soprattutto di tipo respiratorio: la semplice influenza, infatti, può dar luogo a polmoniti, decisamente più serie. Poi c’è il rischio di infezioni generalizzate e di grave disidratazione: condizioni che richiedono il ricovero in ospedale e, talvolta, anche terapie di tipo intensivo”.

Ovviamente stiamo parlando di eventi rari, ma possibili: uno studio americano pubblicato sul Journal of Infectious Diseases dal gruppo di Sandra Chaves dei Centers for Diseases Control di Atlanta, per esempio, ha contato il 7% di forme gravi in un campione di 865 donne incinte colpite da influenza nel periodo 2010-2014. Significa 63 donne che hanno manifestato sintomi gravi come insufficienza respiratoria, embolia polmonare, sepsi, più quattro che purtroppo sono decedute.

Rispetto al bambino, invece, se la mamma prende l’influenza aumentano i rischi di parto pretermine – con tutte le possibili conseguenze legate alla prematurità, per esempio in termini di disabilità – di ritardo della crescita, di aborto e di morte in utero. “I dati a disposizione sembrano collegare questi eventi alle forme influenzali più severe, ma non è escluso che si possano verificare anche quando i sintomi sono quelli classici e apparentemente non preoccupanti” sottolinea Guerra.

Insomma, anche di fronte a una malattia che tutto sommato percepiamo come blanda è meglio non abbassare la guardia, soprattutto nei delicati nove mesi di una gravidanza. Un modo per stare tranquille, però, c’è, ed è quello di vaccinarsi contro la malattia. “In Italia, ma lo stesso vale anche per il resto del mondo, sono ancora poche le donne che lo fanno, meno di una su due” afferma Guerra. “C’è ancora il timore che il vaccino possa fare male, e lo si considera addirittura più pericoloso della malattia. Che invece, come abbiamo visto, può colpire duramente, con conseguenze gravi”.

Eppure, le autorità sanitarie – italiane, di altri paesi (come Gran Bretagna e Stati Uniti), e mondiali – non hanno dubbi: non solo rassicurano sulla fattibilità del vaccino in gravidanza, ma lo consigliano fortemente. Per due ragioni: perché, fatto il vaccino, il rischio di ammalarsi si abbassa drasticamente, e perché, anche se ci si ammala, in genere i sintomi sono più lievi. E un’ulteriore conferma in questo senso viene dallo studio di Chaves e colleghi: nel loro campione, infatti, sono state soprattutto le donne non vaccinate a sviluppare le forme più gravi di influenza.

In Italia, come pure in altri paesi europei, la vaccinazione è raccomandata soprattutto nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza. Gli Stati Uniti sono più radicali, e consigliano il vaccino a tutte le donne incinte, indipendentemente dall’epoca della gravidanza. “La nostra cautela dipende dal fatto che non ci sono tantissimi dati relativi alla sicurezza del vaccino nel primo trimestre” spiega Guerra. “È vero però che tutti i dati disponibili confermano che non ci sono problemi, per mamma e bambino. Del resto, gli Stati Uniti consigliano da anni la vaccinazione anche nel primo trimestre, e non sono mai tornati su questa decisione”.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance