POLITICA

Solo due rondini o è primavera?

Brillante nonostante scelte politiche ostili, la ricerca svolta in Italia merita di essere salvata (da scelte politiche ostili). In democrazia, non è una missione impossibile

Alcuni ricercatori italiani invitano a firmare una petizione per aumentare gli investimenti per la ricerca, altri vincono borse ERC ma non rimangono nel nostro Paese. Crediti immagine: Ewan Topping, Flickr

POLITICA – Ormai proteste, scioperi, sit-in e cortei funebri passano inosservati. D’altronde sono vent’anni che la ricerca viene soffocata da “riforme” dell’università, “razionalizzazioni” degli istituti nazionali, beffe quali le interminabili valutazioni per posti di lavoro inesistenti. Nello stesso periodo aumentano i dirigenti amministrativi nominati in base a un manuale Cencelli o cv falsificati, si susseguono gli scandali per concorsi truccati, nepotismo e altre tradizioni locali (e non).

Una settimana fa, invitavamo a firmare la petizione di Giorgio Parisi e altri 69 fisici, senza troppe illusioni sulla sua efficacia. I firmatari chiedono alla Commissione Europea di far rispettare gli impegni dei governi a investire in ricerca il 3% del PIL, senza sottrarre i fondi versati ai progetti europei dai soldi stanziati per quelli di interesse nazionale (PRIN). Come invece fa il governo italiano che riduce i PRIN a 30 milioni di euro all’anno, blocca le assunzioni e priva gli assunti del personale e delle risorse necessarie per concorrere a finanziamenti europei.

Pianto funebre rituale da una generazione, passiamo alle altre notizie?

Non ancora. Giovedì scorso il Presidente del Consiglio si congratula con i fisici italiani per la scoperta delle onde gravitazionali. Venerdì escono le statistiche del concorso per i Consolidator Grants 2015 dello European Research Council (ERC). In media sono da 2 milioni di euro e ogni destinario può spenderli nell’istituto e nel paese di sua scelta. Come due anni fa, il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca gioisce:

L’Italia è terza per numero di borse

la statistica essendo un’opinione. Anche la ministra Giannini è colpita positivamente dal

numero di borse totali ottenute dai nostri ricercatori, che ci posiziona al terzo posto insieme alla Francia. Ma, soprattutto, colpisce il fatto che siamo primi per numero di ricercatrici che hanno ottenuto un riconoscimento. Complimenti ai nostri ricercatori e alle nostre ricercatrici.

Complimenti sì. Malgrado il disprezzo della maggioranza dei politici per la scienza, le competenze e il merito, scuole e università continuano a formare ottimi cervelli nelle discipline sia umanistiche che scientifiche.

Nella realtà, però, l’Italia è ottava con 13 borse, terza ex aequo per nazionalità dei vincitori, prima per il numero di donne (16/30) e di ricercatori (17/30) che utilizzano la borsa all’estero; una perdita netta perché nessuno, straniero o italiano all’estero, ha scelto l’Italia. Roberta D’Alessando Prof. dott. e ricercatrice in linguistica all’università di Leida dal 2007, scrive su FaceBook:

Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati.
La mia ERC e quella del collega Francesco Berto sono olandesi, non italiane. L’Italia non ci ha voluto, preferendoci, nei vari concorsi, persone che nella lista degli assegnatari dei fondi ERC non compaiono, né compariranno mai.  (…)

Vada a chiedere alla vincitrice del concorso per linguistica informatica al Politecnico di Milano (con dottorato in estetica, mentre io lavoravo in Microsoft), quante grant ha ottenuto. Vada a chiedere alle due vincitrici del concorso in linguistica inglese, senza dottorato, alla Statale di Milano, quanti fondi hanno ottenuto. (…)

Sono i fondi di queste persone che le permetto di contare, non i miei.

Ripresa da agenzie e quotidiani, la lettera raccoglie in un week-end 30 mila adesioni, mentre l’appello degli scienziati non arriva a 20 mila firme in una settimana. Oltre all’efficacia mediatica, lo sfogo di Roberta D’Alessandro tra amici di FB avrà un effetto politico? Di sicuro, ha generato analisi più sfumate della situazione dei cervelli “in fuga” e di quelli rimasti in patria, una per tutte quella di Marco Cattaneo su Le Scienze.

Alle tastiere, citoyens!

Altri colleghi stanno facendo ottima informazione, come Marco Viola su Uninews24. Resta, mi sembra, da rispondere a una domanda che non riguarda la scienza, ma la democrazia.

Lettori, ascoltatori, amici, vicini di casa ci chiedono da 20 anni “Ma noi cosa possiamo fare per fermare lo sfascio?” In altri paesi la risposta si impara a scuola. In breve, consiste nell’esercitare i propri diritti ed esigere dai propri rappresentanti politici e che rendano conto delle decisioni prese in nostro nome, un dovere che in inglese va sotto il nome di accountability. Se fossi italiana, cercherei gli indirizzi mail dei  miei senatori e deputati e scriverei per esempio:

On.le/Senatore xxx

ho votato per Lei nella circoscrizione yyy. Gradirei sapere se Lei chiederà al governo di rispondere all’appello “Salviamo la ricerca italiana” che ho firmato su change.org. Se non intende farlo, gradirei sapere il perché.

Le risposte sono atti pubblici che Oggi Scienza ospiterà volentieri.

Leggi anche: Se siete d’accordo, lo direste?

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